«Intervento di Felice Besostri della Direzione Nazionale
Con l’indizione del Congresso non posso più parlare come membro della Direzione Nazionale, ma soltanto come semplice iscritto, che come tale non può fare da contraltare al Segretario, anche quando la pensa diversamente.
Tutti conoscono quel famoso passo del Qohelet (3,1-8), un libro della Bibbia conosciuto anche come l’Ecclesiaste
[1]Per ogni cosa c’è il suo momento, il suo tempo per ogni faccenda sotto il cielo.
E le sue scansioni
[2]C’è un tempo per nascere e un tempo per morire,
un tempo per piantare e un tempo per sradicare le piante.
[4]Un tempo per piangere e un tempo per ridere,
un tempo per gemere e un tempo per ballare.
[5……..un tempo per abbracciare e un tempo per astenersi dagli abbracci.
[6]Un tempo per cercare e un tempo per perdere, un tempo per serbare e un tempo per buttar via.
[7]…………………………………,
un tempo per tacere e un tempo per parlare.
[8]Un tempo per amare e un tempo per odiare,
un tempo per la guerra e un tempo per la pace. ,
Che tempo è questo per i socialisti,compagno Nencini?   Aspettavo una parola- che fosse una risposta a questi eterni interrogativi- da Te all’inizio di questo nostro Consiglio Nazionale e l’aspetterò fino alla fine alla Tua replica, perché io non lo so se sappiamo che tempo sia per i socialisti- almeno per quelli iscritti al nostro partito-Qualche idea in proposito ce la avrei, ma questo inizio di Congresso mi pone dei dubbi
Uno scrittore contemporaneo ha scritto: Il tempo è troppo lento per coloro che aspettano, troppo veloce per quanti hanno paura, troppo lungo per coloro che sognano, troppo breve per chi gioisce. In effetti il tempo scandisce i nostri giorni, in maniera inesorabile
Proprio perché il tempo è inesorabile non possiamo buttarlo via-quindi bisogna sapere che tempo sia questo per i socialisti. Se c’è un gruppo dirigente, ad esso spetta dirci che tempo sia questo per i socialisti: io non l’ho capito, anzi spero di non averlo capito, da quanto ho sentito nell’introduzione politica.
Il mio smarrimento deriva dalla contraddizione tra le speranze e potenzialità che il socialismo italiano, dentro e fuori il PSI, può esprimere e lo stato del Partito, cui -senza pretesa di esclusività – ne spetta la rappresentanza.
Presenza non omogenea nel territorio nazionale- una drammatica assenza proprio da quelle regioni, che ne sono state la culla. Come pensate si possa sentire un socialista milanese o mantovano dopo ben tre prove elettorali negative e la caduta di città simbolo del socialismo riformista nelle mani di una destra sempre becera, ma in quelle plaghe anche razzista?.
L’indizione del Congresso mi aveva fatto pensare che era tempo di speranza: perché il PSI era la prima forza della sinistra che aveva il coraggio di esaminarsi, di interrogarsi e perciò di azzardare risposte ad una crisi della sinistra italiana, che non ha pari in Europa, neppure in quei paesi dove i partiti del PSE hanno subito dure sconfitte elettorali. Soltanto in Italia, la sinistra, in tutte le sue accezioni, è fuori dal Parlamento Nazionale e dalla Delegazione italiana nel Parlamento Europeo e la sua presenza nelle assemblee regionali è a macchia di leopardo, per di più quando si tratta di socialisti con macchie di diverso colore, frutto del caso e di scelte locali, con conseguenze imprevedibili sugli sviluppi futuri: almeno fossimo coerentemente un PARTITO FEDERALE E FEDERATIVO!
In questa situazione di partito extra-parlamentare, di piccolo partito sarebbe stato necessario che fossimo  esempio di un modo nuovo e diverso di fare politica, poiché quello vecchio raccoglie il disgusto- fosse almeno indifferenza!- di un numero crescente di cittadine e cittadini, anche nell’elettorato tradizionale della Sinistra. Un partito partecipato, un partito che discute, ma capace di trovare l’unità dopo la discussione: un’unità vera, non di facciata, tanto per salvare le apparenze ed accreditarsi presso gli altri attori del gioco politico: tutto dentro la CASTA che è percepita addirittura come una CRICCA, lontana dai bisogni,dalle aspirazioni e dalle speranze dei nostri militanti ed elettori, del nostro popolo in particolare, ma  anche e proprio della gente in generale, quella che sta pagando la crisi e che nella proposta del governo è chiamata a pagarne il prezzo maggiore in futuro.
Abbiamo bisogno di un partito fortemente etico, invece, anche nei pochi casi di decisioni degli organi di garanzia, come nel caso della Calabria, tutto resta come prima: quando un Congresso è una conta interna non ci si inimica, chi, a torto o a ragione, più a torto che a ragione, visti i risultati elettorali, è considerato un portatore di voti sicuri, blindato, non importa con quali metodi.
Per me era un tempo di speranza sulla scorta delle decisioni e degli orientamenti del Congresso del PSE di Praga e dalla crisi di un modello di sviluppo, che è riuscito a coniugare crisi finanziaria ed economica e che in nome del profitto dopo aver distrutto i risparmi di una vita di milioni di persone, minaccia la stessa integrità dell’ambiente, come l’ultimo episodio, in ordine di tempo, della marea nera nel Golfo del Messico dimostra.
Per me era un tempo di speranza, perché potevano essere i socialisti,con la loro storia e i loro valori essere l’innesco di una ricostruzione e di un rinnovamento della sinistra italiana tutta intera, come punto di partenza di una ripresa del centro-sinistra e del suo asse, poco portante, costituito dal PD: un nodo tuttora irrisolto del nostro panorama politico. Un congresso di speranza e di rilancio, che deve coinvolgere tutto il partito fin dall’inizio e non soggetto agli umori e ai rapporti personali interni a un gruppo, detto eufemisticamente, dirigente.
Un senso misurato di orgoglio socialista doveva essere l’inizio del riscatto, ma se non abbiamo fiducia in noi stessi, nella forza delle nostre idee allora si teme ogni confronto a sinistra, come pericolo di contaminazione. Meglio coltivare il nostro risentimento e la nostalgia di un passato, se non di splendore, di potere.
Miserie nelle quali c’è posto soltanto per ritagliarsi un posto, sia pure su uno strapuntino nell’anticamera di qualche Altro Partito: un posticino per sé e i propri sodali, cui si accede strisciando sulle ginocchia. Per questo destino non possiamo perdere altre forze delle poche che abbiamo, no per aumentare la coesione politica su un progetto ambizioso, che potrebbe essere un prezzo giusto da pagare, ma per liberarsi di qualche rompicoglioni.
Le sconfitte richiedono un rinnovamento del gruppo dirigente ed in primis del Segretario, non perché abbiano responsabilità individuali, ma per senso di responsabilità politica, come contributo necessario a un nuovo corso politico.
Caro compagno Nencini dacci una mano a non ridurre ad una questione personale il prossimo congresso, che se non è occasione per rinnovare gli organi a tutti i livelli, in particolare  quelli provinciali e regionali è assolutamente inutile, anzi controproducente, addirittura dannoso. Prendere le responsabilità di dirigere il PSI è un atto di coraggio, vorrei che Tu, compagno Nencini ci lasciassi con questo giudizio positivo per il Tuo coraggio: nessuno avrebbe potuto fare meglio di Te, ma molti potrebbero fare qualcosa di diverso.
Non a caso il primo leader di uno schieramento ampio e plurale, che ha sconfitto un bipartitismo consolidato e storico, non come il nostro, artificioso e fragile, è stato un socialista. Il compagno Tabaré Vasquez, primo presidente dell’Uruguay, ama ripetere: “Voglio continuare a vivere con l’utopia in testa ma con i piedi per terra”. In questo utopismo realistico non c’è processo di rinnovamento della sinistra italiana che possa prescindere dal PSI. Ogni ipotesi di abbandono è sbagliata: non ci sono altri approdi, che si tratti del PD o di SEL, tutte formazioni la cui natura è del tutto incerta. Qui e non altrove possiamo pensare ad una sinistra democratica, socialista, autonoma, ambientalista, laica e libertaria, come nel resto d’Europa.