«Una sinistra senza aggettivi, per poter unire? O invece con tanti
aggettivi per potersi unire senza rimozioni? Ritengo che sia preferibile la seconda alternativa se vogliamo guardare oltre le prossime scadenze elettorali e le contingenze dell’agenda politica
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A Sinistra, si sa, siamo appassionati ai dibatti teorici, specialmente nella loro

degenerazione ideologica, più che all’analisi della società reale, quella dove vivono i destinatari, reali o potenziali (negli ultimi anni sempre più potenziali), dei nostri messaggi. Se fossimo attenti alla realtà, che ci circonda, ci saremmo accorti, per esempio, che l’ingiustizia fiscale non colpisce soltanto i lavoratori dipendenti, ai quali le imposte sono trattenute mensilmente, ma anche i lavoratori autonomi e i liberi professionisti, costoro, infatti dovrebbero anticipare le imposte nella misura del 99% di quello dichiarato l’anno precedente, in due scaglioni il 45% (del 99%) a giugno e il restante 55% a novembre. Mentre la ritenuta dei dipendenti si applica su in reddito certo, l’acconto di imposta colpisce una mera aspettativa di guadagno, un dato aleatorio, che dipende dalla congiuntura economica e dalla capacità o volontà di pagare della clientela. Fuor di dubbio che il lavoratore autonomo, ma soltanto quelli che hanno come clienti consumatori finali, cioè privati cittadini, hanno una capacità di evasione superiore, ma i lavoratori autonomi e i liberi professionisti al servizio di società e/o di pubbliche amministrazioni ovvero semplicemente fiscalmente corretti, sono colpiti in misura maggiore degli evasori e degli stesi dipendenti, specialmente se si tratta di lavoratori autonomi privi di un’autonoma cassa di previdenza: quest’ultimi sono gravati, oltre che dalle imposte, da una ritenuta INPS del 26%.

Tra questi lavoratori autonomi, che malgrado le ritenute previdenziali non avranno mai un trattamento previdenziale analogo a quello di un lavoratore dipendente a parità di anni lavorativi e di somme versate, si annidano quelle partite IVA di fasulli imprenditori di se stessi, che mascherano precariato e lavoro di fatto subordinato, cioè a favore di un solo cliente. Questo solo esempio dovrebbe essere sufficiente ad aprire prospettive politiche e di espansione di influenza elettorale e di radicamento sociale, che, ad un primo esame, non appaiono essere state sfruttate. Perdonata la digressione, torniamo a temi più amati dalla sinistra: sia chiaro non di minor valore, come le critiche alla formazione del PD prima della sua costituzione hanno dimostrato di essere, purtroppo per il PD e l’intera opposizione alla destra berlusconian- leghista, fondate.

La sinistra, è stato un tema in discussione, deve essere senza aggettivi per riaggregarsi,cioè per formulare una credibile e convincente proposta? Al limite può accoppiarsi con parole, di alto valore simbolico, ma politicamente neutre nella dicotomia destra-sinistra; bastano alcuni esempi: Partito Democratico della Sinistra, Democratici di Sinistra, Sinistra Arcobaleno, Sinistra e Libertà, Sinistra Ecologia Libertà, Federazione della Sinistra o Sinistra Critica. Come si può vedere la scelta di non qualificare la Sinistra in modo più netto non è in rapporto con scelte moderate o estremiste. Per completezza occorre,peraltro, sottolineare, che chi ha compiuto scelte aggettivanti identitarie non ha avuto esiti brillanti: Partito Socialista Italiano o Partito Comunista dei Lavoratori. Nella crisi della Sinistra italiana, fatto che dimostra che non è una questione di nomi, tutti sono stati travolti anche chi, per così dire, ha tenuto il piede in due scarpe: Sinistra Democratica per il Socialismo europeo e Comunisti- Sinistra Popolare. Tutti questi tentativi sono, comunque, il segno che la sinistra, in Italia, ha lasciato alle sue spalle la significativa e anche drammatica divisione della sinistra nel XX° secolo, quella tra socialisti e comunisti, anzi, per essere più esatti, quella tra socialismo democratico e comunismo sovietico, che si è conclusa con l’indubitabile e definitiva sconfitta del secondo, senza, peraltro, la vittoria del primo. Questo fatto è sicuramente vero per i paesi più sviluppati, dove la socialdemocrazia o non è mai significativamente esistita (Stati Uniti o Brasile) ovvero ha conosciuto a partire dal 1999 impressionanti rovesci elettorali (Europa). Né la sconfitta del comunismo realmente esistito è smentita dal fatto, che più di un miliardo di persone siano tuttora soggette al monopolio politico di un partito, che si chiama comunista, come nella Repubblica Popolare di Cina con il suo turbo capitalismo di Stato. La situazione italiana, nel panorama europeo, è singolare, perché a sinistra non c’è un partito maggioritario membro del PSE, né un solo partito alla sua sinistra con la denominazione socialista, come nei Paesi Bassi, in Norvegia o Danimarca, o un solo altro partito con la parola “sinistra” nel nome, come in Svezia, Finlandia e Germania o “comunista” (Repubblica ceca e Slovacchia). In Italia la sinistra non è socialista ed è una delle più frammentate e minoritarie d’Europa, neppure rappresentata nel Parlamento nazionale e nella delegazione italiana nel Parlamento Europeo, se non si conteggia il PD. La sinistra italiana si presenta come divisa tra identitari (socialisti e comunisti), oltristi (PD) e generici di sinistra (SEL), con i primi destinati a una funzione di testimonianza residuale e spesso nostalgica e i secondi e terzi a contendersi l’egemonia nel centrosinistra, dopo la scelta di Vendola di candidarsi alle primarie per l’investitura a primo ministro. La debolezza della sinistra italiana esclude allo stato e con la legge elettorale vigente una prospettiva di vittoria senza un’alleanza con il Centro e probabilmente sotto l’egemonia centrista: manca in Italia, come già più volte sottolineato, un partito di sinistra con vocazione maggioritaria, cioè che si proponga alla guida del Paese con suoi programmi e suoi uomini ovvero quando proclama la propria vocazione maggioritaria abbandona formalmente la collocazione a sinistra, come il PD di Veltroni.

Quando si è in un cul de sac una exit strategy è essenziale per evitare esiti esiziali. Un primo abbozzo di una strategia è costituito proprio dall’iniziativa di Vendola, che si colloca nell’accettazione di un modo di fare politica ormai prevalente: carisma, telegenia, rapporto diretto con gli elettori, ma per rovesciare i valori del discorso politico, sostituendo all’immaginario di destra di Berlusconi e del localismo separatista della Lega Nord un altrettanto forte immaginario di sinistra e solidale. Dal trionfo dell’antipolitica del self made man imprenditore di successo a quella del politico diverso, comunista, cattolico e omosessuale: l’importante è far piazza politica dell’ immagine del dirigente politico tradizionale espressione di un partito, abbarbicato al suo ruolo, malgrado che la sua figura sia in caduta libera come prestigio. Un partito come comunità di uomini e donne, che condividono le stesse idee e passioni, rappresenta comunque una palla al piede per un leader naturale, tanto più quando non sono retti da statuti democratici e da una partecipazione effettiva dei militanti, ma da gruppi organizzati frutto di antiche frequentazioni ed esperienze comuni, come ha dimostrato di essere il PSI del Congresso di Perugia, per parlare di casa mia, ma ciascuno può fare la verifica in casa propria. Una sinistra, dunque, senza aggettivi, per poter unire? O invece con tanti aggettivi per potersi unire senza rimozioni? Ritengo che sia preferibile la seconda alternativa se vogliamo guardare oltre le prossime scadenze elettorali e le contingenze dell’agenda politica. Una nuova sinistra è necessaria, se non altro perché la vecchia ha fallito, e paradossalmente il ritardo italiano nel ristrutturarsi, secondo un modello europeo, potrebbe diventare un vantaggio a fronte di una crisi economica e sociale senza precedenti e che mette in discussione le fondamenta del pensiero unico neo-liberista,che ha devastato anche la sinistra nell’ultimo ventennio. Una nuova sinistra, in cui le differenti ispirazioni ideali, più che le esperienze storiche di gestione del potere,siano reciproco arricchimento, consentano a ciascuno di dare il meglio della sua storia e dei suoi valori. Una sinistra che sia socialista, comunista, libertaria e ambientalista*, in una sintesi, che sia contaminazione. Una sinistra che assuma la dimensione europea come terreno di dialogo e confronto, il che significa anche un rapporto forte, anche se non esclusivo, con la sua componente maggioritaria, quella del socialismo europeo. La sinistra ha anche altri aggettivi come laica e democratica, ma su questo terreno si tratta di una scelta necessaria, ma non caratterizzante a sinistra: laici e democratici è auspicabile che siano anche gli appartenenti a formazioni di centro o di destra, ne guadagnerebbe l’intera nostra società, specialmente in una congiuntura come quella attuale, quando le minacce alla libertà e ai diritti e alle stesse fondamenta della nostra Costituzione repubblicana sono sempre più consistenti.

Nota: Per i quattro aggettivi della sinistra sono debitore di Edgar Morin, sociologo e filosofo, “Ce que serait gauche”( Le Monde 23-24 mai 2010)

Felice Besostrigià membro della Direzione Nazionale del PSI, è coordinatore portavoce del Gruppo di Volpedo.

In questo scritto esprime opinioni personali e non dell’Associazione.