La legge elettorale chiamata Italicum (legge n. 52/2015 entrata in vigore il 23 maggio 2015 e non il 1° luglio 2016, come i sostenitori del sì vogliono far credere) e la revisione, non riforma ma deforma, costituzionale Renzi-Boschi sono tra loro strettamente legate, come lo erano il Porcellum ( legge n. 270/2005) e la revisione costituzionale Berlusconi-Calderoli. Il Porcellum è stato dichiarato parzialmente incostituzionale, anche con il mio contributo insieme con gli avvocati Aldo Bozzi e Claudio Tani, con la sentenza n. 1/2014 della Corte Costituzionale e la revisione costituzionale di Berlusconi fu bocciata dal referendum costituzionale del 2006. Ora i sostenitori del Sì negano il rapporto tra la legge elettorale e la revisione costituzionale perché temono la stessa sorte. Infatti ben due tribunali italiani Messina e Torino hanno mandato alla Corte Costituzionalità l’Italicum su molti aspetti non di poco conto come il premio di maggioranza assegnato con il ballottaggio e i capilista bloccati e pluricandidabili. Con procedura d’urgenza le due ordinanze del 17 febbraio Messina e del 5 luglio sono state riunite per l’udienza del 4 ottobre 2016. Se la Corte Costituzionale dovesse applicare all’Italicum i principi della sentenza sul Porcellum la sua sorte sarebbe segnata, ma la composizione della Corte è stata cambiata: è persino entrato il costituzionalista Barbera, uno dei padri spirituali della nuova legge elettorale. Sia la legge elettorale che la revisione costituzionale sono state approvate da un Parlamento eletto con una legge incostituzionale e con l’apporto decisivo e determinante di parlamentari eletti con un premio di maggioranza illegittimo. In un qualunque altro paese basterebbe questo fatto per votare NO, invece non se ne parla quasi.

Le ragioni del NO non hanno spazio nei mass media televisivi e della stampa quotidiana: anche questo è un motivo per votare NO: cosa deve nascondere il governo se le critiche non possono essere conoscute dal popolo sovrano? Le imprecisioni se taciute ed anche le falsità se ripetute riflettono una concezione del popolo come massa di manovra e non come detentore della sovranità. Non si affronta il merito, ma prima si voleva chiamare il popolo ad un plebiscito sul capo del governo, visto il fallimento alle elezioni amministrative del giugno, ora la strategia è quella del terrore: se vincesse il NO ci sarebbe una crisi economica e finanziaria.
La riforma è sbagliata perchè riduce i poteri del Parlamento a favore del Governo , complica il processo legislativo, non riduce i costi della politica se non in modo irrilevante, si riducono le competenze delle regioni, ma non di quelle più spendaccione, quelle a Statuto Speciale Sicilia e Val d’Aosta in testa, ma si premiano i consiglieri regionali affinché 74 di loro diventino senatori, insieme a 21 sindaci. In compenso si riduce il peso politico ed istituzionale dei residenti all’estero.
L’Italicum nasce come legge per Camera e Senato, ma di fronte all’impossibilità di trovare un algoritmo che attribuisse lo stesso premio di maggioranza a Camera e Senato, il Senato è stato stralciato con deliberazione dell’Assemblea l’11 marzo 2014 e solo dopo viene presentata in data 8 aprile 2014 la revisione costituzionale….. con un Senato non più eletto dai cittadini!

Non solo nella prima versione dell’Italicum non era più prevista la figura del “capo politico” della lista,: un assurdo il capo politico di una lista è il leader del partito, che la presenta. La ragione si capisce, perché non è vietato scrivere il nome del capo nel logo della lista, con la carica cui aspira: pensate all’effetto di un Renzi o Boschi PRESIDENTE. La figura del capo politico ricompare non a casa quando il premio non viene più attribuito solo al primo turno con il 37% dei voti, ma in seguito al ballottaggio tra le due liste più votate, se nessuna lista raggiunge il 40% dei voti validi espressi, cioè calcolando anche le schede bianche e i voti per liste sotto soglia del 3%. Se vi è un ballottaggio tra 2 liste in realtà sarà un ballottaggio tra i due “capi politici” delle liste, cioè di fatto eleggere in modo ipocrita il Primo Ministro, facendo finta chee non si cambia la forma di governo parlamentare irridendo alle competenze del Presidente della Repubblica previste da un art. 92 Cost. formalmente non toccato dalla revisione. Se vuoi eleggere il Primo Ministro fai una riforma costituzionale senza ipocrisie e non una legge elettorale: in ogni caso lo dici con chiarezza e non lo nascondi con un trucco.
I poteri del Governo aumentano, ma dopo aver aver rafforzato il Primo Ministro. Il Governo, solo il Governo, neppure la Camera dei Deputati a maggioranza assoluta, può grazie al nuovo art. 117 c. 4 Cost. “intervenire in materie non riservate alla legislazione esclusiva” basta che affermi che lo fa per tutelare l’interesse nazionale o l’unità giuridica e economica della Repubblica.

Per il nuovo art. 72 c. 7 Cost. il Governo, quando ritiene che un disegno di legge sia essenziale per il programma di governo, dichiarazione non soggetta a controllo, può imporre la sua iscrizione nel programma dei lavori della Camera e che sia approvato in via definitiva entro 70 giorni. Un’umiliazione di un Parlamento nel quale grazie al premio di maggioranza ha 340 seggi su 630: non si fida neppure della sua maggioranza! In realtà il governo si rafforza indebolendo tutti gli altri poteri costituzionali, quando bastava introdurre il voto di sfiducia costruttiva: un istituto che funziona benissimo in Germania. La Camera è ridotta a ratificare senza discussione tutto quel che vuole il Governo e il suo Presidente. Il Senato di 100 membri non rappresenta più il popolo italiano, che comprende anche i cittadini residenti all’estero, e neppure le “istituzioni territoriali” come falsamente dice il nuovo art. 57 c. 1 Cost..

I 5 membri della Corte Costituzionale, già eletti da un Parlamento di 945 membri in seduta comune ora sarebbero eletti 3 membri da una Camera nelle mani del Governo e per 2 da un Senato di appena 100 membri a mezzo servizio, che penseranno a nominare giudici che difendano i loro interessi e non i principi costituzionali. Il Presidente della Repubblica dipenderà per la sua elezione dalla lista vincitrice del premio di maggioranza, che può bloccare all’infinito la sua elezione, occupando con il suo Presidente della Camera il posto di Capo dello Stato provvisorio (nuovo art.86 c. 1 Cost.). Il capo della lista tributaria del premio di maggioranza ha uno strumento di pressione in più nei confronti del Presidente della Repubblica, perché per l’art. 90 Cost. può essere messo in Stato d’accusa dalla maggioranza assoluta del Parlamento in seduta comune, solo che non è più un Parlamento di 945 membri eletti con un quorum di 473 voti, ma da una Camera di 630 membri dominata dal partito di Governo e da 100 Senatori, cioè un quorum di 365 voti, basta trovare 25 senatori tra sindaci e consiglieri region ali, appartenenti allo stesso partito del Capo del Governo e comunque ricattabili perché in scadenza di mandato o sensibili alla benevolenza finanziaria del governo.
I costi della politica sono stati idenificati soltanto con le indennità di carica dei rappresentanti eletti dal popolo e non con una riduzione dei costi degli apparati: la sola presidenza del Consiglio ha più addetti del Senato e costa di più per una pletora di consulenti strapagati e scelti discrezionalmente, la grande maggioranza senza concorso pubblico in spregio all’art. 97 c. 3 Cost..

Una riduzione del 10% di tutte le indennità avrebbe comportato un risparmio maggiore della riduzione di 215 senatori. Che il costo delle indennità dei senatori consiglieri regionali e sindaci sia pagata dalle loro Regioni o Comuni è un risparmio per il bilancio dello Stato ma un costo maggiore per le Regioni e i Comuni, che pagano un’indennità per svolgere un lavoro diverso da quello per cui sono stati eletti e con l’aggravio di indennità di trasferta. A parte l’assurdità di prevedere indennità diverse per la stessa funzione dal deputato regionale siciliano, pagato come un parlamentare al sindaco di un piccolo Comune con 2.000 euro al mese?
Il Senato non rappresenta le autonomie ma solo i consigli regionali che scelgono i sindaci all’insaputa dei loro colleghi sindaci della loro Regione. Il nuovo Senato dovrebbe rappresentare le autonomie , ma si tiene nascosto che, se un Sindaco di Città Metropolitana, cioè delle entità territoriali più importanti, si fa eleggere direttamente non può essere nominato senatore: un’assurdità.
Sul superamento del bicameralismo paritario c’era un vastissimo consenso bisognava profittarne per fare una riforma condivisa, invece siamo passati da un bicameralismo paritario a un bicameralismo confuso e pasticciato quando si poteva passare ad un sistema monocamerale ovvero ad un Senato come il Bundesrat tedesco, ovvero il Senato francese dove sono veramente rappresentate le autonomie o quello spagnolo espressione delle Comunità autonome e dei cittadini, con prevalenza di questi ultimi.

Cosa è successo, invece? Sono stati dati 2 Senatori alla Val d’Aosta con 126.806 abitanti o 4 alla Regione Trentino Alto Adige con 1.029.475 abitanti su 100, che ne avevano rispettivamente 1 e 7 su 315 , cioè raddioppano il loro peso percentuale e i si sono tolti i 6 senatori della circoscrizione estero rappresentativi di milioni e milioni di cittadini italiani residenti fuori dall’Italia. Nella logica sbagliata dei falsi riformatori poteva essere conservata una quota di Senatori esteri eletti dai Comites o altre nuove forma di rappresentanza. La combinazione di legge elettorale e revisione costituzionale rende gli italiani all’estero di serie C.

In serie A ci sono i cittadini di Val d’aosta e Trentino Alto Adige che eleggono al primo turno complessivamente 12 deputati 9 in collegi uninominali e 3 in Trentino Alto Adige di recupero proporzionale, cioè un territorio con 1.156.281 abitanti elegge lo stesso numero di deputati della Circoscrizione estero, che però non parteciperanno al ballottaggio. Di serie B il resto degli italiani senza collegi uninominali, con un recupero proporzionale del 37,5%. ma con i capolista bloccati.
Il Senato nuovo è un pasticcio si parla all’art. 57 Cost. di eleggere i senatori con metodo proporzionale tanto per prendere in giro gli elettori ovvero per incapacità di revisionale la Costituzione, quando in 10 circoscrizioni su 21 si elegge un solo senatore consigliere regionale e in 2 due senatori consiglieri regionali! Il metodo proporzionale obbligario per il nuovo art. 57 Cost. è inapplicabile. L’ennesima presa in giro. La revisione del Senato è la più grande prova di incapacità normativa: non si sa ancora come i cittadini elettori parteciperanno alla nomina. Quando si trattava di un senatore o 2 tanto valeva farli eleggere direttamente. I sostenitori del SI non hanno pensato al fatto che non si fanno le riforme fotografando lo stato di fatto, cioè pensando ad una Camera dominata dal PD ora o da un Partito della Nazione domani, che nel contempo sia forza dominante in tutte le regioni e province autonome tranne 3: Lombardia 14 senatori, Veneto 7 e Liguria 2, cioè con le opposizioni ad esagerare con 13 senatori su 100, meno di un terzo.

Con il rinnovo dei Consigli regionali e provinciali tra il 2017 e il 2020, chi garantisce le maggioranze blindate? Nessuno! Un senato con le opposizioni al 33% grazie al nuovo art. 70 Cost. può bloccare e ritardare la legislazione paritaria, che non sono solo le leggi costituzionali e quelle elettorali, ma sopreattuto quelle di carattere generale sulle forme e i termini della partecipazione dell’Italia alla formazione e all’attuazione della normativa e delle politiche dell’Unione Europea. In caso di contrasto tra le Camere non ci sarenno più i rimedi bicamerali paritari perchè il governo non può porre la fiducia su una legge al Senato, né il Presidente lo può sciogliere ex art. 88 Cost., quando ci fossero maggioranze disomogenee.
La funzione legislativa non è stata semplificata a prescidere dal fatto che il problema dell’Italia è l’esistenza di troppe leggi confuse e contradditorie, Con 2 Camere ne facciamo già di più della Germania e della Francia, con una Camera al servizio del Governo ce saranno troppe: il nostro problema è che noi facciamo leggi provvedimento, cioè norme che negli altri paesi si fanno con regolamenti governativi. Il peso del bicameralismo sarebbe stato ridotto con semplici riforme dei regolamenti. Quanti sanno che con la fine di una legislatura decade tutto il lavoro fatto, anche se per approvare definitivamente una legge bastava un voto in Commissione o in Aula?

La situazione diventerà grave per l’attuazione del diritto UE. Finora si era trovata una soluzione molto veloce perché le due Camere delegavano con una legge il Governo di dare attuazione alle Direttive Comunitarie, Con il nuovo art. 71 il Senato non rinuncerà ad una delle materie più importanti di legislazione paritaria.
Non si semplifica quando si passa da un articolo di 9 parole in un comma ad uno di 450 parole in 7 commi.
Il vero scandalo sta nell’art. 40 c.3 ultimo periodo del ddl costituzionale che recita : “Restano validi ad ogni effetto i rapporti giuridici, attivi e passivi, instaurati anche con i terzi” altro che riduzione dei costi della politica sono costituzionalizzati vitalizi e altri privilegi degli ex parlamentari e i contratti a trattativa privata che hanno arricchito chi affittava edifici alle Camere, faceva lavori o effettuava forniture. Questa norma non è una norma che possa stare in una Costituzione, per questo non se ne parla.

In tutti i dibattuti quando si chiedono spiegazioni non si hanno risposte.

Felice Besostri