«Rispetto al resoconto ufficiale del Partito sulla segreteria di giovedi scorso (assolutamente non veritiero), occorre ripetere qualche considerazione non di poco conto.

In segreteria si è votato sull’elezione diretta del Senato e tra i non molti presenti, io insieme a Franco Bartolomei e a Bobo Craxi (Cefisi non ha diritto di voto, Angelo Sollazzo era assente per problemi familiari) abbiamo votato a favore del Senato eletto direttamente e contro la proposta del segretario così motivata: “ Non possiamo votare come ci chiedono Biscardini, Craxi e Bartolomei perché questo vorrebbe dire andare all’opposizione.” Come dire, dal giorno che siamo andati al governo con un viceministro non possiamo più esprimere una posizione autonoma del partito rispetto alla politica di Renzi a meno di passare all’opposizione e di perdere il posto. Non abbiamo più il diritto alla dialettica interna alla maggioranza, come per altro dimostrano di avere Chiti, i dissidenti interni al PD e l’NCD.

Abbiamo le mani legate. E ciò nonostante la segreteria con l’intervento di Crema abbia ben discusso di come questa proposta di riforma sia fuori da qualsiasi quadro di riferimento sostenuto negli anni scorsi dal partito socialista, e di come il quadro di riforme istituzionali proposte da Renzi: Senato, Italicum e innalzamento a 800.000 firme per l’indizione di un referendum, dimostrino quanta distanza ci sia tra questa idea della democrazia e quella della tradizione politica liberale e democratica. E ciò nonostante la segreteria abbia discusso di come sui principi il partito non possa abdicare, salvo non essere più un partito libero. E di come le questioni istituzionali per un partito della nostra tradizione siano prima che tecniche assolutamente politiche.

E’ emersa quindi più ampia dei nostri stessi voti contrari una posizione critica su una condotta della segreteria che condanna il partito alla totale afasia, alla non politica e alla rinuncia ad esprimere in autonomia qualsiasi posizione distinta rispetto a quella del governo. Per il PSI dovrebbe esserci ormai solo il governo. Posizione criticata di fatto anche dai compagni Buemi e Lello Di Gioia. Altri interventi, oltre quello di Cefisi in totale assenso con noi, non ci sono stati.

Una sintesi da questo dibattito emerge chiara: c’è nel partito un forte dissenso (ancora non organizzato in ribellione) e un malessere rispetto alla non linea del segretario, una linea che rischia di portarci nel PD anche senza bisogno di confermare alcun Patto federativo, anzi dichiarato morto e inesistente, senza meraviglia di alcuno.

Si è manifestato un dissenso e un malessere che in positivo ha rimosso lo schema del congresso di Venezia, oggi definitivamente superato. Superate le logiche di corrente e la tradizionale divisione tra maggioranza e opposizioni. Un dissenso che va al cuore del problema: la rinuncia a qualsiasi politica, che Nencini ci propone, condanna il partito a non essere più un partito libero. Ma solo un partito asservito di volta in volta  a piccoli interessi personali. Che sta sempre con il comandante di turno, prima Monti, poi Bersani, Letta e adesso Renzi, per lucrare qualcosa che incomincia ad essere umiliante. Un partito che rinuncia ad ogni posizione politica autonoma senza più legittimità democratica. Un partito ormai in liquidazione che dovremmo porci il problema di salvaguardare per sa lvare almeno la sua storia. Da questo voto di dissenso espresso insieme, da me, da Bartolemei e Craxi, intercettando umori ben più larghi, si potrebbe ripartire ma senza aspettare o aspettare che la ripresa possa ripartire da questa segreteria. Un iniziativa da prendere in fretta, prima che l’assetto democratico del paese sia definitivamente stravolto. E prima che la sinistra scompaia sotto i nostri occhi.

Se i compagni hanno ancora interesse a salvare l’anima del socialismo (la quotidianità è già da tempo nelle loro mani) si devono fare sentire. Una cosa è certa, non sarà Renzi o il PD, né una politica populista, a dare ai socialisti una nuova prospettiva. Solo nella nostra autonomia possiamo trovare delle risposte.

Roberto Biscardini