«Non è stato facile dirsi socialisti in questi ultimi 20 anni: l’anno prossimo è il XX° dell’annus horribilis. Ognuno di noi ha dovuto assumersi ovvero gli hanno addossato colpe non sue, anche da sinistra, malgrado il chiaro dettato costituzionale, la Carta che tutti dovrebbero difendere, che la responsabilità penale è personale. Certamente ci si può rimproverare di non aver fatto tutto il possibile per impedire una degenerazione, che peraltro, era del sistema, come eloquentemente confermato dal silenzio seguito alla Camera dopo il discorso di Craxi, il suo ultimo, il 29 aprile 1993 e come purtroppo è confermato, come sospetto (noi socialisti crediamo nella presunzione di non colpevolezza, sempre e non a corrente alternata come la destra, sempre, e la sinistra, spesso, troppo spesso) da vicende di questi ultimi tempi e che coinvolgono anche un autorevole personaggio politico del centro-sinistra e le varie P3, P4 e Cricche, annidate prevalentemente a destra.

I socialisti, insieme con i deludenti risultati elettorali delle varie formazioni, che hanno cercato di mantenere viva la fiammella socialista, hanno dovuto fare i conti con le lusinghe del potere berlusconiano. Parlare di socialisti “azzurri” o di “socialisti” nel PdL era, nel contempo, una comoda operazione per quelli che avevano passato il confine tra destra e sinistra e per quei settori di sinistra, che per settarismo sono comunque anti-socialisti indipendentemente da Craxi: lo erano, anche, contro Turati, Saragat e Nenni, come ora se la prendono con la Camusso. Bastava dar ombra a un pensiero unico di sinistra, che dopo Lenin e l’U. R.S.S. c’era una sola via e un solo modello. L’ostilità paradossalmente è aumentata con il crollo del sistema sovietico, anche in quei settori, che volevano liberarsi dell’eredità del passato, con un revisionismo ideologico, che andava “oltre”: quelli, che sono passati dal comunismo al liberalismo senza fare, almeno, una pausa socialdemocratica. La trasformazione del PDS e dei DS nel partito italiano del Socialismo europeo, malgrado le promesse degli Stati Generali della Sinistra di Firenze del 1998 non è riuscita malgrado le giuste  affiliazioni all’Internazionale Socialista e al Partito dei Socialisti Europei. Nel Parlamento Europeo i DS erano iscritti al Gruppo Socialista, come nell’Assemblea Parlamentare del Consiglio d’Europa, ma parafrasando il famoso detto sui Pirenei, quello che era vero al di là delle Alpi, non lo era al di qua.  Parallelamente i tentativi di raggruppare i socialisti son finiti con il fallimento della Costituente Socialista dell’ottobre 2007, complici, in ordine di importanza, la formazione del PD e le elezioni anticipate del 2008, disastrose per l’intera sinistra, dai socialisti all’arcobaleno.

Neppure le elezioni europee del 2009, malgrado la giusta intuizione di Sinistra e Libertà, hanno consentito per reciproche diffidenze, il risultato non brillante e scelte di comodo alle successive elezioni regionali del 2010 di innestare un processo virtuoso di rinnovamento e riunione a sinistra in una visione/dimensione europea.
Il PSI ha ritrovato l’antico nome, ma non il ruolo che storicamente ha avuto in Italia dalla sua fondazione nel 1892 le sue proposte ultime navigano tra un socialismo tricolore e la costituzione di una “Libera Italia”, di matrice laica, liberale e socialista: che sarebbe interessante se fosse  integrata da un riferimento libertario e da una chiara collocazione a sinistra, almeno a sinistra dell’asse mediano del PD: invece la proposta di Casini Primo Ministro ne fa una forza ambigua tra PSE e PPE. Se c’è una speranza di uscire a sinistra dalla crisi e di un’Europa sociale, questa è legata al rafforzamento dei partiti socialisti, socialdemocratici e laburisti del PSE e dalla loro capacità di alleanza con ambientalisti e formazioni alla loro sinistra.

Se non c’è spazio per un integralismo socialista in Europa, men che meno c’è in Italia, ma questa è una missione per socialisti senza coda di paglia e senza un permanente rancore verso tutti e tutti, al limite più disposti a perdonare ex-socialisti pentiti, che un comunista alla ricerca di nuovi orizzonti. Soprattutto senza poter trasmettere un messaggio alle giovani generazioni, prima ancora culturale e valoriale, che politico, non c’è futuro per il socialismo in Italia. Dobbiamo ricercare compagni e compagne, ovunque essi siano, con i quali decidere un percorso comune, partecipato e condiviso, privilegiando gli obiettivi futuri rispetto alle divisioni del passato, che tuttavia non vanno rimosse ma riesaminate criticamente.

Felice Besostri