La nuova bordata all’Italicum parte da Genova. Dove il tribunale civile ha deciso di rinviare alla Corte costituzionale il ricorso presentato da un gruppo di avvocati ed esponenti della società civile, che stigmatizza alcune presunte storture della nuova legge elettorale fortissimamente voluta dal governo Renzi e in primis «l’irragionevole prevalenza del principio di governabilità su quello di rappresentatività». Il tribunale del capoluogo ligure è il quarto in Italia dopo Messina, Torino e Perugia a ritenere fondate le questioni di costituzionalità, mentre del collegio di legali che hanno firmato il nuovo documento fanno parte fra gli altri Lorenzo Acquarone, Arturo Flick, Felice Besostri e Dario Rossi.
Quali potrebbero essere le ripercussioni concrete?

L’istanza genovese sarà valutata insieme a quelle provenienti dalle altre città, in una data successiva al 4 dicembre quando si svolgerà il referendum sulla modifica della Costituzione. Sono due, in particolare, i punti sui quali il giudice Maria Teresa Scarzella ritiene «non infondato» il dubbio d’una violazione della Carta: il premio di maggioranza attribuito alla lista vincente (al primo turno se ottiene il 40%, al secondo se nessuno alla prima sessione ha raggiunto quella soglia) e l’istituzione del ballottaggio. L’assegnazione di 340 deputati, su 630 di quella che sarà di fatto l’unica Camera legislativa, viene contestata dai ricorrenti poiché «comporterebbe la violazione del principio di uguaglianza del voto» e il magistrato non sottovaluta l’osservazione: «La questione si fa carico di dare consistenza effettiva al principio espresso dalla Corte costituzionale secondo cui, senza una soglia minima di voti che sia espressione di rappresentatività della forza politica, l’attribuzione ad essa del premio di maggioranza non può dirsi rispettosa di tale principio».

Dubbi sono espressi sul ballottaggio: il divieto di apparentamento fra più liste, per dire, «risulta irrazionale in quanto rende il voto troppo sbilanciato», specie nel caso in cui vincesse un partito che al primo turno era arrivato secondo.
Tra le peculiarità del caso genovese, la certificazione d’un potenziale cortocircuito (legato all’elezione in otto collegi uninominali del Trentino) finora non rinviato alla Consulta dalle altre città. La legge per com’è scritta, soprattutto in caso di vittoria al primo turno, contempla in teoria che il numero dei deputati eletti superi quota 630, cioè la composizione fissata per legge. Spiega Felice Besostri, firmatario dell’ultimo ricorso, costituzionalista e con un trascorso in Parlamento fra i Democratici di sinistra: «Il fatto che i tribunali dei capoluoghi stiano più o meno sistematicamente rinviando alla Consulta è una novità assoluta. E ritengo che alla fine, visto che molti ricorsi sono ancora in discussone, il numero dei rinvii supererà ampiamente l’attuale quota di quattro».

Fonte: Il Secolo XIX