«Il socialismo ha un grande futuro in Italia: dietro alle spalle. È una storia di occasioni mancate o di errori: Fronte Popolare, Fatti di Ungheria, Primavera di Praga o Crollo del sistema sovietico. Le responsabilità non sono dei soli socialisti: come più volte ribadito, la questione socialista non è un problema solo loro, ma dell’intera sinistra italiana. Fra poco diventerà un problema per la sinistra europea con l’ancora ambiguo approdo europeo del Pd e la scomparsa della sinistra, riformista ed antagonista, dal Parlamento italiano nel 2008 e, forse, dal Parlamento Europeo nel 2009. La debolezza/scomparsa della sinistra italiana costituisce un indebolimento dello schieramento progressista europeo e del Pse in particolare. Se si potesse rovesciare la tendenza con il solo ragionamento la prospettiva socialista in Italia non ha esaurito la sua potenzialità e la sua attualità. La sinistra italiana è la più debole d’Europa, anche prima dell’auto da fé dei Ds. Nella sinistra italiana non c’è mai stata, a partire dalla Rivoluzione russa, una egemonia socialista, a differenza della maggioranza degli altri paesi europei. Quindi occorre costruire anche in Italia un forte e grande partito socialista. Chiunque pratichi la logica si accorgerebbe subito della falsità del sillogismo, ma anche se si potesse costruirlo meglio, non si darebbe una risposta alla vera domanda: perché in Italia non c’è stato un partito socialista, che, come negli altri paesi europei, potesse concorrere al governo del Paese sulla base di un proprio programma e con un proprio leader. L’Italia solo con Craxi ha avuto un primo ministro socialista, ma come espressione di un equilibrio di coalizione e non di una egemonia. L’altro esponente di sinistra, che abbia assunto la carica, è stato D’Alema, ma senza alcuna investitura popolare, anzi delegittimato dalle elezioni regionali del 2000. Veltroni non si definisce di sinistra e, comunque, è stato sonoramente battuto da Berlusconi: la vocazione maggioritaria del Pd non è altro che un pio desiderio.. In politica non sempre ciò che è necessario è possibile. Ogni idea e ogni progetto, per quanto buoni, giusti, veri ed anche belli siano, devono fare i conti con il principio di realtà, meglio detto con la realità. L’Italia ha tutte le caratteristiche oggettive per essere un degno campo di azione socialista: sperequazione dei redditi, con vere e proprie sacche di povertà ed emarginazione sociale, ineguaglianze di accesso ai pubblici servizi, compresi quelli essenziali della salute e dell’istruzione, rigidità delle classi sociali, degrado ambientale e dipendenza energetica, insufficiente estensione dei diritti civili e delle libertà, laicità minacciata dall’invadenza clericale, assetto oligopolistico dell’informazione, concentrazione del potere finanziario, borsa valori speculativa, assenza di un intervento pubblico qualificato nella ricerca e nell’innovazione, come nelle infrastrutture logistiche e nelle reti di trasmissione dati. Tutti problemi, cui, proprio sulla scorta delle esperienze europee, un approccio di una sinistra moderna e riformatrice, cioè socialista, sarebbe un avvio di soluzione. La sinistra italiana è l’unica in Europa, in cui la frattura del secolo scorso tra socialisti e comunisti non è stata superata. La predominanza numerica del Pci, nelle sue varie incarnazioni dal Pds ai Ds, non ha portato alla costruzione di un partito di sinistra a vocazione maggioritaria e contemporaneamente, grazie anche ad una Democrazia cristiana interclassista e socialmente sensibile, ha impedito l’espansione di una consistente forza socialista il risultato è sotto i nostri occhi: la sinistra non soltanto ha una consistenza elettorale complessiva del 5 per cento, ma soprattutto appare smarrita e tutta presa da regolamenti interni di conti od organigrammi, da Rifondazione al Partito socialista. Questa logica ha contrassegnato le aggregazioni intorno alle tre mozioni congressuali del Ps, due di “vertice”, Locatelli-Turci-Grillini e Nencini-Angius-Spini, ed una di “base” Sollazzo-Borgoglio-Nesi. I loro titoli sono evocativi: “Progetto e Ricambio”, “Prima la politica” e “Un nuovo inizio per il Partito Socialista”. Appare positivo che le aggregazioni prescindano dalla prove-nienza, tuttavia le prospettive del Socialismo in Italia dipenderanno poco dalla vittoria dell’una o dell’altra mozione. Sarà più importante la stabilizzazione o meno dell’attuale assetto bipolare, che esclude a priori una componente socialista. Un partito socialista non può esistere senza un largo consenso di popolo, come ci ricorda Emanuele Macaluso, e senza un rapporto al contempo stretto ed autonomo con il movimento sindacale: allo stato non c’è nessuna delle due precondizioni.

Felice Besostri