«Sulla realizzazione di un impianto di trattamento, recupero e smaltimento di rifiuti speciali, sulla procedura e sulla legittimazione dei Comuni ad impugnare i relativi atti.

SENTENZA sui ricorsi: – n. 4100/99 proposto dai Comuni di Asnago, Roncello e Busnago – in persona dei Sindaci pro-tempore – tutti rappresentati e difesi dall’avv.to L. Decio ed elettivamente domiciliati presso lo stesso in Milano, via Hoepli, 3; – n. 3990/99 proposto da: Systelm Srl, Autoservizi Colombo Edoardo Abramo, Ondacarta Srl, Sironi Sas di Andrea Sironi & C., B&B Elevatori Srl, MB Serigrafica Sas di Stefanel Renato & C., A.M.G. Impianti Srl, Glomax Srl, Magipel Snc, Guzzonato Rolando e Amelio Snc, Luana Galimperti Emily Stucchi, Giuseppe Vitale, Marco Bellini, Giuliano Marra, Maricoles Tramontani, Rosa Maria Maggi, Sabrina Perego, Luciano Villa, Antonino Magro, Roberto Ballini, Omar Stucchi, Pierangelo Rigamonti, Roberto Rigamonti, Matteo Rigamonti, Antonella Rigamonti, Mirex Spa, Patrizia Crespi, Massimo De Francesco, Silva Perdon, Angelo Ripamonti, Riccardo Capatti, Simone Negrini, Cristina Viganò, Lisa Bozzon, Elena Bassis, F.lli Ronchi & C. Sas, Colombo Domenico, Deca di Daniele Zordan, Ciemme Snc di Crippa Mario & C., Autotrasporti F.lli Colombo Snc di Colombo Natale & C., F.lli Trezzi Mario e Camillo Snc, Fabio Lazzaro Russo e Maria Anna Parolini, Nuova Essebi Snc di Brambilla Marco e Monzani Erminio, Giuseppe Cazzaniga, M & L Srl, Comitato Territoriale per la difesa dell’ambiente di Bellusco, tutti rappresentati e difesi dagli avv.ti A.L. De Cesaris e S. Nespor (in parte), ed elettivamente domiciliati presso il primo in Milano, via Passione, 6 e dall’avv. C. Linzola (in parte) con eletto domicilio presso lo stesso in Milano, via Hoepli, 3; – n. 3746/99 proposto dal Comune di Bellusco, in persona del Sindaco pro-tempore, rappresentato e difeso dall’avv.to F. Besostri ed elettivamente domiciliato presso lo stesso in Milano, Viale Regina Margherita, 3;contro quanto a tutti i ricorsi: La Regione Lombardia – Presidente pro-tempore, costituitosi in giudizio, rappresentata e difesa dall’avv.to A. Forloni, ed elettivamente domiciliato presso la stessa Regione in Milano, via Filzi, 22;e nei confronti quanto a tutti i ricorsi: della Soc. Ecoltecnica Italiana Srl, costituitasi in giudizio, rappresentata e difesa dagli avv.ti E. Romano, A. Porrone e S. Lazzarini, ed elettivamente domiciliata presso lo studio dei primi due in Milano, via Moretto da Brescia n. 31; quanto al solo 1^ ricorso: dei Comuni di Bellusco e di Sesto San Giovanni e del Ministero dell’Ambiente, non costituitisi in giudizio; quanto al solo 3° ricorso: dell’A.S.L. n. 3 di Milano – Responsabile pro-tempore, non costituitosi in giudizio; e sul ricorso incidentale proposto dalla controinteressata Soc. Ecoltecnica Italiana Spa nei confronti del Comune di Bellusco, entrambi ancora come sopra rappresentati, difesi e domiciliati;per l’annullamento – quanto a tutti i ricorsi: (A) della delib. GRL VI/44411 del 23.07.1999 avente per oggetto: “Ditta Ecoltecnica Italiana Spa – Approvazione del progetto e autorizzazione al trasferimento con ampliamento dell’impianto sito in Sesto San Giovanni, autorizzato con delib. GRL 40098 del 3.12.98, nel Comune di Bellusco (MI), via del Commercio e all’esercizio delle inerenti operazioni di deposito preliminare, trattamento, recupero e smaltimento di rifiuti speciali non pericolosi e pericolosi – Artt. 27 e 28 del d.lgs. 5 febbraio 1997, n. 22, art. 5 dec lg.vo 27 gennaio 1992, n. 95 e art. 7 del d.p.r. 24 maggio 1998, n. 203”; – quanto al solo 1° ricorso anche: (B) della delib. GRL VI/29257 del 12.6.97 avente per oggetto “Adozione Norme di Funzionamento della C.d.S.; art. 27 dec. lg.vo 22/97 (parte qua); – quanto al solo 2° ricorso anche: (C) della sopra citata delibera della GRL n° 40098 del 3.12.1998, recante rinnovo della autorizzazione all’esercizio dell’attività di deposito preliminare ai fini dello smaltimento e/o valorizzazione di rifiuti speciali non pericolosi e pericolosi presso l’impianto sito in Sesto San Giovanni; (D) e degli atti presupposti, connessi e consequenziali, ivi compresi gli atti del procedimento, anche dirigenziali, e, in particolare, degli atti della Conferenza di Servizi, del parere del Comitato Tecnico e degli atti della procedura di verifica ex art. 10 del d.p.r. 12 aprile 1996 (se esistenti); quanto al solo 3° ricorso ancora degli atti sub D ed altresì: (E) della delib. GRL n° VI/39305 del 2.11.1998 “Approvazione documento circa la ricognizione delle procedure amministrative previste dal d.p.r. 12 aprile 1996 e dalla direttiva del Consiglio del 27 giugno 1985 n° 337/CEE”, della delib. GRL n° VI/39975 del 27.11.1998 “Approvazione delle modalità di attuazione della procedura di verifica e della procedura di valutazione di impatto ambientale regionale, di cui alla deliberazione Giunta regionale del 2.11.1998, n° VI/39305”, della delib. GRL n° VI/41269 del 5.2.1999 “Semplificazione delle procedure di verifica e di valutazione di impatto ambientale di cui al d.p.r. 12.4.1996”, del DDG “Tutela Ambientale” n° 1105 del 25.2.1999 “Approvazione del metodo semiquantitativo per l’effettuazione della verifica di cui all’allegato B del DPR 12 aprile 1996” e della nota prot. n° 043751 del 6.8.1999 della Regione Lombardia ; Visti i ricorsi con i relativi allegati ed il ricorso incidentale; Visti gli atti di costituzione in giudizio della Regione e della Ditta Ecoltecnica; Viste le memorie prodotte dalle parti costituite a sostegno delle proprie relative difese; Visti gli atti tutti delle cause; Designato relatore, alla pubblica udienza del 21 marzo 2000, il Cons. Mario Mosconi; Uditi gli avv.ti: Decio, Linzola, Gambini per Besostri, Forloni, Lazzarini, Porrone e Romano; Trattenuti, indi, i ricorsi in decisione e ritenuto poi in fatto e in diritto quanto segue:FATTO E DIRITTO 1 – I Comuni di cui al 1° ricorso – il cui territorio asseveratamente confina con il territorio (parte) del Comune di Bellusco nei pressi della zona dove è prevista l’ubicazione dell’insediamento autorizzato ed approvato con la deliberazione G.R. sub A rubricata – hanno collettivamente impugnato la stessa nella parte in cui – senza apparente giustificazione – non viene dato corso alla V.I.A. di competenza statale (VIAS). Ciò sull’assunto che – allorquando si progetti di trattare chimicamente, procedimento trasformativo qui pacifico vista la risposta istruttoria della Regione, rifiuti pericolosi tout court, – vi sarebbe l’obbligo di “percorrere” tale iter valutativo statale; non essendo possibile limitare tale procedimento valutativo medesimo a quei rifiuti che, oltre che pericolosi, siano, al contempo, anche tossico-nocivi. 1.1 – Anche ai fini di maggiormente confortare la asserita sussistenza di un interesse specifico al gravame, quantomeno strumentale – data la loro posizione di Enti esponenziali – [(interesse che dovrebbe essere presente già in ragione della rilevata “vicinitas” al luogo prescelto sotto il profilo della compatibilità ambientale (v. anche il richiamo in atto al d.p.r. 24 maggio 1988 n. 203)] – i medesimi assumono che, nel caso, il primo citato (A) provvedimento regionale non avrebbe potuto essere assunto in carenza – come avvenuto – di un loro preventivo interpello ed eventuale rifiuto a partecipare ai lavori della connessa Conferenza di Servizi; tanto più che, nel caso, essi avrebbero voluto parteciparvi; potendolo per quanto sopra dedotto. 1.1.2 – Proprio allo scopo e per ulteriori fini strumentali, gli stessi hanno così, preventivamente, impugnato (in parte qua: p. 3 voce “Partecipazione”, – all. A) la deliberazione GR sub B rubricata che, a loro dire, impedirebbe l’esercizio dell’iter partecipativo sopra descritto, assumendo così la violazione dell’art. 27, 2° c. del dec. lg.vo 5 febbraio 1997 n. 22. 2 – I soggetti di cui al 2° ricorso – che asseriscono anch’essi di avere un interesse qualificato e specifico all’impugnativa de qua – hanno qui posto in discussione, la stessa delibera GR sub A rubricata e, in via strumentale, peraltro senza doglianze specifiche, anche la delibera GR sub C rubricata. 2.1 – Si riassumono, per argomento, le doglianze dedotto da loro: A – Comitato Tecnico regionale (CTR) a.1 – violazione, sotto vari profili, dell’art. 17 della l.r. 20 marzo 1980 n. 94 in quanto: – gli esperti esterni all’Amministrazione, che hanno partecipato ai lavori del detto organismo, sarebbero stati in numero superiore al consentito; – allo stato, non risulterebbe quale utile qualificazione professionale alcuni di essi avrebbero per rendere legittima tale loro partecipazione al suddetto organismo; – il medesimo organismo tecnico non avrebbe potuto ben valutare l’intera proposta, stante la ristrettezza dei tempi, la poca chiarezza della stessa e la sua incompletezza, rendendo così una valutazione insufficiente; B – Conferenza di Servizi (C.d.S.) b.1 – eccesso di potere per contraddittorietà in quanto, nella specie, la riunione della C.d.S. del 20.4.99 non avrebbe, anche per quanto sopra dedotto, un carattere definitivo ma solo preliminare anche a fronte di un progetto incompleto; b.2 – eccesso di potere, sotto altro profilo, per mancanza di presupposti poiché, nella specie, la detta C.d.S. avrebbe espresso il proprio parere prima delle valutazioni del CTR; e ciò in contrasto anche con la regolamentazione regionale di specie; b.3 – eccesso di potere, per carenza di presupposti, in quanto l’assenso del Comune di Bellusco sarebbe stato limitato al mero trasferimento dell’impianto già in essere nel territorio del Comune di Sesto San Giovanni; senza esplicita od implicita accettazione di alcun intervento ulteriore sotto l’aspetto funzionale e di espansione di attività; C – Valutazione di Impatto Ambientale Statale (VIAS) violazione delle norme di cui alle Direttive CE 85/337 e 97/11, violazione dell’art. 6 della l. 8 luglio 1986 n. 349; degli artt. 1 e 2 del d.p.c.m. 10 agosto 1988 n. 377, degli articoli 7 e 57 del dec. lg.vo 5 febbraio 1997 n. 22, in quanto, nella specie, a fronte anche di un previsto trattamento chimico di rifiuti pericolosi, la detta preventiva procedura valutativa non sarebbe stata percorsa e ciò senza alcuna giustificazione; D – VIA Regionale (Area 5 di progetto) (VIAR) violazione dell’allegato A al d.p.r. 12 aprile 1996 e connesse delib. regionali (rubricate sub E in premessa formale); violazione art. 40, 1° c. l. 22 febbraio 1994 n. 146, in quanto, nella specie, dovendosi trattare rifiuti, in parte ancora pericolosi, per una quantità di 400 t/die in entrata e per una quantità di 200 t/die in uscita, sarebbe stato necessario provvedere per il tramite la detta VIAR; E – Attività regionale violazione degli articoli 27 e 28 del dec. lg.vo 5 febbraio 1997 n. 22 in quanto, nella specie, si sarebbe equivocato in ordine all’oggetto sostanziale, trattandosi di un nuovo impianto, totalmente diverso dal precedente; quest’ultimo già sito nel territorio del Comune di Sesto San Giovanni; F – Vincolo ambientale violazione delle norme di cui alla l. 28 giugno 1939 n. 1497 e di cui alla l. 8 agosto 1985 n. 431; violazione della l.r. 9 giugno 1997 n. 18 in quanto, nella specie, l’area prescelta per l’insediamento non sarebbe edificabile atteso il vincolo di rispetto in essere con riguardo al rivo “Vallone”; ciò anche ex delib. GRL IV/12028 del 25.7.86; dovendosi collocare il detto insediamento a meno di 150 m. dalla sponda e dal corso del detto rivo. 3 – Il Comune di Bellusco, unico ricorrente di cui al 3° gravame, ha prospettato tutti i vizi sopra già prospettati con i due precedenti ricorsi. Lo stesso, infatti, pur dolendosi anche degli ulteriori atti sub E rubricati, se ne duole solo in via strumentale e ai soli fini di ottenere l’annullamento della stessa delib. GR sub A rubricata e degli atti ad essa sola presupposti. Ma a tutto ciò, si darà risposta solo ove necessario. 4 – A tutti gli assunti argomentativi di cui sopra le controparti hanno, partitamente, controdedotto, eccependo, in primo luogo, la tardività dei tre gravami ai sensi del 1° e 3° c. dell’art. 19 della l. 23 maggio 1997 n. 135 e l’inammissibilità degli stessi sotto il profilo della carenza di interesse. 4.1 – In particolare, con riguardo al detto ricorso del Comune di Bellusco, viene eccepita una inammissibilità per intervenuto esaurimento del procedimento formativo delle volontà degli Enti e viene altresì introdotto un ricorso incidentale con annessa domanda di risarcimento danni da parte della qui controinteressata Ditta. 5 – Ciò premesso, ritenuti sussistenti svariati profili di connessione oggettiva e soggettiva, va disposta la riunione dei citati tre ricorsi. 6 – Al riguardo della eccezione di tardività si osserva poi che quest’ultima non ha ragione d’essere. 6.1 – Infatti, con riguardo ai Comuni interessati, si rileva che: a – con l’atto sub A rubricato la GR non si limita ad approvare un mero progetto esecutivo di un’opera di pubblica utilità, in quanto plurime e non recessive tra loro sono le funzioni attribuite a tale attivata potestà regionale dagli articoli 27 e 28 del dec. lg.vo 5 febbraio 1997 n. 22; b – l’area di insediamento del previsto nuovo impianto complesso (ivi non v’è divergenza sul punto della novità) risulta in piena disponibilità della Ditta controinteressata; c – non è segnalato che si darà corso, per l’esecuzione dell’opera, a pubbliche gare; d – le caratteristiche dell’urgenza e dell’indifferenza della opera stessa, se pur assegnate dalla norma, non appaiono in alcun modo qualificate, nemmeno attraverso una indicazione di termini d’inizio e di fine lavori; 6.1.1 – Ne consegue – come premesso e diversamente da quanto eccepito – la non applicabilità, al caso, del disposto di cui all’art. 19 della L. 23 maggio 1997 n. 135 (d.l. 67 del 23 marzo 1997) data la assodata pacifica tassatività delle fattispecie considerate nel 1° comma dello stesso (C.d.S.: Sez. VI 3 dicembre 1998 n. 1648 e Sez. V 10 ottobre 1998 n. 1473). 6.1.2 – Va altresì rilevato che è la stessa delibera GR che indica in 60 giorni i termini a ricorrere; per cui vi sarebbe spazio per concedere, anche ex officio, l’errore scusabile (A.P. 19 aprile 1996 n. 2, C.d.S. IV Sez. 21 giugno 1988 n. 539, 20 aprile 1994 n. 522 e, in termini di specie, C.d.S. Sez. V 23 febbraio 2000 n. 959). 6.1.3 – Inoltre non risulta fornito nemmeno (alcun principio di) seria prova atta a dimostrare il non intervenuto rispetto di detti termini; atteso che la pubblicazione dell’atto de quo sul BURL n. 36 S. St. del 7 settembre 1999 non produce alcun effetto di conoscenza legale dell’atto stesso; come appresso meglio si dirà. 6.1.4 – E, al proposito della detta prima questione di rito, il Collegio non può, tuttavia, ignorare che sembra in via di formazione, in sede d’appello, un orientamento restrittivo (V. C.d.S. Sez. V 13 aprile 1999 n. 182 e 13 dicembre 1999 n. 2087). 6.1.4.1 – Peraltro il ricorso dei detti Comuni contermini, anche a condividere un simile orientamento, resta tempestivo. a – Al riguardo, richiamato il disposto di cui all’art. 21, 1° c. della l. 6 dicembre 1971 n. 1034 e, a fini di sostanziale riferimento di fondo, il contenuto dell’art. 44 della l. 22 maggio 1971 n. 339 (Statuto della Regione Lombardia), si deve por mente anche ai contenuti della l.r. 23 aprile 1985 n. 33. b – Orbene la stessa dispone che: – sulla serie ordinaria del BURL siano obbligatoriamente pubblicati quegli atti rispetto ai quali detta medesima pubblicazione determina, di norma, la conoscenza legale degli stessi, equiparabile, in toto, a quella scaturente – di norma – da una pubblicazione sulla G.U.; – sui supplementi straordinari del BURL siano pubblicati, in via facoltativa e su richiesta (e nel caso v. il disposto ultimo della delib. 44411/99), quei particolari atti dalla cui pubblicazione non scaturiscono tutti gli effetti di cui sopra; e questo solo per particolari soggetti posti in collegamento funzionale con la Regione od altri Enti (v. B.U. Ministeri); – sui supplementi speciali del BURL siano pubblicati, di norma, quegli atti ai quali si vuol dare la stessa efficacia conoscitiva che agli stessi deriverebbe da una loro pubblicazione sul FAL. c – Ora risulta che l’atto GR 44411/99 sia stato integralmente pubblicato solo su un supplemento straordinario del BURL (n. 36 del 7 settembre 1999); di talché, a mente dei p.p. 1-3 e 2-1, 3° capv. del dispositivo della delib. GR 4.11.86 n. IV/13867, la prescelta forma di attività notiziatoria qualifica come facoltativa (C.d.S. Sez. IV 14 dicembre 1982 n. 839 e Sez. VI 24 aprile 1986 n. 333) e non come obbligatoria la pubblicazione stessa (v. al contrario e, per esempio, la delib. GR 3.3.87 n. 4/18069); vista la estraneità dei Comuni stessi rispetto alla Regione; inoltre a nulla vale la precedente insufficiente pubblicazione dello stesso atto (in quanto del solo oggetto) sul n. 31 del BURL del 2 agosto 1999 (C.d.S. Sez. IV n. 1001 del 3 dicembre 1992). d – Tale provvedimento G.R. non ha poi (in quanto tale e nella specie), natura regolamentare, normativa e/o generale e perciò non è obbligatoria, sotto altri profili, la sua pubblicazione sulle SS.OO. del BURL medesimo. e – E dunque la detta intervenuta modalità di pubblicazione non produce effetti di conoscenza legale, quantomeno per i soggetti estranei o comunque non collegati funzionalmente all’ente Regione (C.d.S. Sez. V 6 maggio 1996 n. 661, Sez. IV 26 gennaio 1998 n. 76 e 5 febbraio 1998 n. 201; Corte Cost. 22 aprile 1999 n. 140 e T.S.A.P. 16 luglio 1999 n. 104). f – Attiene perciò, al caso, la sola conoscenza personale e concreta in altri modi realizzatasi, con riguardo al tempo effettivo in cui la stessa si è verificata. g – E, sotto tale profilo, (come già premesso) non è stata fornita una seria e rigorosa prova dalle controparti atta ad inequivocabilmente evidenziare che i detti soggetti ricorrenti abbiano conosciuto il detto atto prima di un periodo di giorni trenta antecedente alla data di notifica del proprio gravame o che comunque detto BURL, Sup. St., sia giunto nelle sedi comunali di interesse o reso ivi noto entro tale medesimo termine. h – D’altro canto nulla di diverso può ragionevolmente dedursi né dagli atti di causa, né dalle deliberazioni e dagli atti dei Comuni medesimi; non essendo a ciò utile la sola data del BURL n. 36 e dovendosi altresì tenere conto che, a quel tempo, non sembra che dell’atto impugnato fosse conosciuta l’esistenza (C.d.S. Sez. VI 26 giugno 1998 n. 1020; v. anche, per utili spunti, Cons. Giustizia Amm.va Reg. Sic. 21 settembre 1992 n. 267, C.d.S.: Sez. II parere 415/93 del 2 marzo 1994, Sez. VI: 18 aprile 1996 n. 577 e 15 luglio 1994 n. 1181). i – D’altra parte, ed ancora, i tempi di deposito, che sono ristrettissimi e più che rispettosi del termine dimezzato, depongono a favore dei ricorrenti stessi. l – Inoltre, tutte le varie date contenute nell’atto introduttivo del gravame 4100/99 e tutte le varie date degli atti allegati ed i loro contenuti narrativi ed espositivi non consentono di ricavare sufficienti elementi per addivenire a presunzioni logiche sulla eccepita tardività, poiché non appare – ancora a tutto concedere a tesi di controparte – che si sia formata, al tempo, una piena conoscenza della lesività dell’atto e della portata della stessa; se non altro perché lo stesso non risulta mai nemmeno menzionato per estremi (C.d.S. Sez. IV 11 aprile 1991 n. 252; e, per utili, spunti: C.d.S.: Sez. V 31 ottobre 1992 n. 1115, Sez. IV 30 giugno 1993, n. 649 e Sez. V 8 settembre 1998 n. 1360). m – E’ ragionevole perciò che la volontà partecipativa dei Comuni sia genuina e non artatamente dedotta a posteriori. n – Infine, non va sottaciuto che, ancora una volta [(p. 16 disp. Delib. GR 44411/99), la Regione indica in giorni 60 il termine per ricorrere (C.d.S. Sez. V 23 febbraio 2000 n. 959)] 6.2 – Ad analoghe conclusioni, sottratto il p. 6.1.4.1 m, e nei limiti di sussumibilità soggettiva, può pervenirsi con riguardo ai soggetti tutti di cui al secondo gravame (3990/99). 7 – Anche la avanzata eccezione di inammissibilità per carenza di interesse, con riguardo per ora solo ai due primi ricorsi non ha pregio. 7.1 – Infatti, per i Comuni contermini, l’interesse specifico al gravame, è certamente sotteso alla vicnitas, quantomeno sotto il profilo in precedenza indicato; e ciò in ragione, non solo del già dedotto dai Comuni stessi (sub 1-1), ma anche alla stregua del contenuto dispositivo degli artt.: 6, 9° c. della l. 8 luglio 1986 n. 349, 2, 2° c. della l. 8 giugno 1990 n. 142, 7, 1° c. e 14 della l. 7 agosto 1990 n. 241 e 27, 2° c. del dec. lg.vo 5 febbraio 1997 n. 22, atteso che partecipazione attiva ed informazione passiva si fondono per i Comuni ricorrenti medesimi (C.d.S. Sez. V 2 marzo 1999 n. 217). 7.1.2 – Il detto interesse, provvisto almeno di spessore strumentale (C.d.S. Sez. IV: 25 gennaio 1993 n. 75 e 10 novembre 1999 n. 1671), qualifica, determina e rende così attuale la possibilità di porre in discussione anche l’atto GR del 1997 (sub B rubricato). 7.1.2.1 – Il quale ultimo, poiché si dimostrerà infondata la connessa censura (sub 1.1.2), rafforzerà tuttavia, proprio perciò, la citata posizione legittimamente, almeno di profilo strumentale. 7.1.3 – D’altro canto non può certo sostenersi che il limite di distanza di m. 200 dei nuclei abitati e di cui all’allegato B – voce “linee-guida per impianti” p. C5, ultimo alinea, della l.r. 1 luglio 1993 n. 21 – valga per impianti del tipo qui in discussione ed abbia una portata tale da escludere un interesse al gravame per chi si colloca aldilà di un raggio di 200 metri dal luogo di insediamento dell’impianto stesso; visto che tale limite e imposto solo per ragioni di stretta sicurezza sanitaria. 7.2 – Mentre, per i ricorrenti di cui al secondo ricorso si osserva, sempre in ordine all’interesse, che: – alcuni di essi sono pacificamente proprietari di beni immobili in stretta vicinanza (stessa via) alla zona prescelta per il criticato insediamento; con presumibile svalutazione del valore dei loro medesimi beni; – altri – per lo più fisici – sono esercenti e/o praticanti attività economico-produttive di vario tipo in stabili siti nella stessa via e vantano perciò un’indiscussa frequentazione del posto non occasionale ma continua, rilevante e quotidiana; – altri – ancora fisici – sono prestatori di lavoro subordinato sempre negli stessi luoghi di cui sopra e vantano perciò, anch’essi, un indiscusso collegamento stabile con i luoghi medesimi alla stregua di una frequentazione quotidiana più che simile a quella sopra descritta; 7.2.1 – Ciò specificatamente premesso, si rileva ora che la delib. GR del 99, qui più di altre in discussione, assume anche valore di assenso edilizio in quanto sostituisce, nel caso, l’atto di specie del Comune di Bellusco; e ciò ex art. 27, 5° c. del dec. lg.vo 5 febbraio 1997 n. 22. 7.2.1.1 – Per quanto teste annotato e se non altro almeno, visto il particolare e non effimero collegamento in cui si esternano i suddetti interessi di vita dei privati ricorrenti – anche se, a volte, non collegati a diritti reali (v. da C.d.S. Sez. IV, 9 giugno 1970 n. 523) – è evidente che tutti i citati soggetti, tranne il Comitato, hanno un interesse specifico al gravame; ove quel procedimento della cui completezza essi vogliono qui discutere, è proprio quello che, se attuato, dovrebbe concorrere a tutelare al meglio alcuni interessi sostanziali loro propri (C.d.S. Sez. V 28 settembre 1999 n. 823 e 9 dicembre 1997 n. 1487); anche se detto qualificato interesse può essere limitato al solo profilo strumentale (C.d.S. Sez. IV 10 novembre 1999 n. 1671); del resto, nel caso, tale posizione, che non è loro propria solo a causa di un interesse all’informazione (art. 9 d.p.r. 12 aprile 1996), si determina, comunque ed altresì, anche sugli assunti ulteriori di tale ultimo d.p.r. se collegati alle conclusioni giurisprudenziali – ricordata la funzione “edilizia” dell’atto GR del 1999 – ricavate dall’art. 31, 9° c. della l. 17 agosto 1942 n. 1150 (art. 10 l. 6 agosto1967 n. 765); d’altra parte tale d.p.r. è, nella specie, efficace e valido, in Regione Lombardia, quantomeno alla stregua delle delib. G.R.: VI/39305 del 2.11.98, VI/39975 del 27.11.98 e VI/41269 del 5.2.1999. 7.2.1.2 – Tutto ciò il Collegio ritiene di ricavare dalla lettura di una conforme e consolidata giurisprudenza del Consiglio di Stato che, nel tempo, si è sviluppata e che, nel tempo, ha portato ad individuare in capo a vari soggetti dell’ordinamento, nell’ambito del diritto vivente, posizioni particolari che possono consentire di difendere anche propri specifici interessi, legati alle situazioni su-descritte – (C.d.S.: Sez. IV 14 aprile 1991 n. 327 e 16 ottobre 191 n. 867; Sez. V: 26 febbraio 1992 n. 143, 2 marzo 1994 n. 120, 17 luglio 1994 n. 748, 4 agosto 1994 n. 828, 10 marzo 1995 n. 184, 20 ottobre 1996 n. 1269, 8 febbraio 1997 n. 139, 13 maggio 1997 n. 483; 2 marzo 1999 n. 212; Sez. VI: 7 febbraio 1996 n. 192; Sez. IV: 13 luglio 1998 n. 1088 e 15 settembre 1998 n. 1155; Cons. Giustizia Amm.va Reg. Sic. 8 maggio 1997 n. 90; C.d.S. Sez. III parere 24 gennaio 1996 n. 1240/95 e Sez. II parere 17 giugno 1996 n. 2441/95). 7.2.2 – Va perciò ritenuto privo di legittimazione attiva il solo Comitato (C.d.S. Sez. V 4 novembre 1994 n. 1257). 8 – Le annotazioni su-dette (sub 6 – 7) tutte inerenti questioni di rito, dato quanto premesso sub 3, con riguardo al ricorso del Comune di Bellusco (3746/99), saranno riprese per lo stesso, solo se ciò risulterà necessario; e così pure le questioni di merito dal medesimo propettate. 9 – Le doglianze dei Comuni di Asnago, Roncello e Busnago avverso l’atto sub B rubricato (Funzionamento della C.d.S.) – come già premesso – sono prive di fondamento; poiché nella specie la deliberazione regolamentare su-detta, pur contenendo ambiguità lessicali, non impedisce quanto dedotto, in violazione, dei citati Comuni. 9.1 – Va infatti affermato che il criticato assunto (p.3 voce Partecipazione all. A delib. G.R. 1997) lascia – a parere del Collegio – ai soli Comuni, che sono definibili particolarmente interessati poiché limitrofi al luogo di insediamento, la scelta se intervenire o meno ad una Conferenza di Servizi per il tramite di una richiesta preventiva di partecipazione alla stessa; almeno con riguardo alla riunione finale. 9.2 – Peraltro, nel caso, da un lato la Regione, con la deliberazione VI/44411 del 1999, nulla ha dedotto sul punto dell’esclusione (ed invero giustificazioni marginali si trovano solo in risposta istruttoria) dai lavori della C.d.S.; mentre, dall’altro, risulta che la Ditta abbia richiesto l’attivazione di una forma di pubblicità preventiva (che non ha nulla a che vedere con quanto prima annotato sub profilo “tempestività”) solo in prossimità della data di riunione della C.d.S. (14.4.99/20.04.99: ritenuta riunione finale); mentre la notizia dell’intervento medesimo è stata resa, per così dire, pubblica solo per il tramite il BURL n. 21 S. inserzioni del 26 maggio 1999; e dunque ad intervenuto esaurimento di ogni profilo istruttorio e tecnico valutativo (v. per l’obbligo e la funzione di tale tipo di pubblicità: Dir. CEE 7 giugno 1990 n. 313; art. 14, 1° c. l. 8 luglio 1986 n. 349; dec. lg.vo 24 febbraio 1997 n. 39; art. 5 d.p.c.m. 10 agosto 1988 n. 377; art. 14, 4° c. ter l. 7 agosto 1990 n. 241; la stessa l.r. 20 marzo 1980 n. 94 ). 9.3 – E anche se, nel caso, è stata usata, ma solo in parte, dalla Ditta la detta forma di pubblicità per divulgare le proprie intenzioni, ciò appare insufficiente per sostenere che sia intervenuta una autoesclusione dei Comuni de quibus dei lavori della C.d.S.. 9.3.1 – Infatti la forma di pubblicazione notiziatoria preventivamente qui utilizzata, e di cui sopra, non rispetta nemmeno le soglie minime diffusivo-strumentali fissate dalle prescrizioni testé richiamate. 9.3.1.1 – Senza contare che: – il contenuto del notiziato non rende né per oggetto, né per finalità, la portata, anche spaziale, dell’iniziativa medesima (v. pag. VARIE B-2 – Provincia di Milano, ultima riga e pag. 1630 – BURL S.I. n. 21 del 26.05.1999); – la Regione ha considerata esaurita la attività della C.d.S. alla data del 20.04.99 (v. nota 29.6.99 pon. TI 1990.00-36 139 SP/AR); – la stessa non ha inteso utilizzare, anche a fini cautelativi sul punto, tutto il tempo concesso ex art. 27, 3° comma del dec. lg.vo 5 febbraio 1997 n. 22 (v. nota 31.3.99 n.p. AF/AP 14955); che, se utilizzato, avrebbe, in teoria, consentito ai Comuni de quibus di farsi sentire in tempo utile. 9.4 – Non è, poi, possibile avvalorare la tesi secondo la quale “la stessa GR possa escludere”, per di più senza alcuna giustificazione, i detti Comuni limitrofi dal partecipare ai lavori finali della C.d.S.; addirittura prima che gli stessi abbiano avuto la possibilità di valutare la vicenda e senza alcuna formale informazione preventiva data in tempo utile. 9.4.1 – Ed invero, detta interpretazione sovviene proprio se si pone a confronto l’ora vigente e prima criticato disposto di cui al p. 3 voce “Partecipazione” (delib. 97) e il disposto di cui al 2° alinea del punto 2 – prima parte – della voce “Funzionamento” (sempre delib. 97), ove non è previsto che la Regione possa attivarsi nel senso dell’esclusione e ove è invece tale possibilità è lasciata alla sola C.d.S.; ma solo con riguardo ad altri enti che non sono di certo i Comuni qui ricorrenti (v. il tra parentesi elencativo). 10 – Quanto concluso, tuttavia, non determina solo le conseguenze negative di cui sopra e solo quanto testé dedotto; ed invero proprio perciò (come già annotato sub 7.1.2.1) – si rafforza così la posizione processuale attiva dei Comuni medesimi; infatti il citato passo deliberativo, poiché qui ritenuto legittimo, consente di definire ancora al meglio, sotto l’aspetto specifico, tale posizione ed il potere-dovere connesso dei Comuni stessi; soprattutto quando non risulta esservi una loro valutazione contraria alla partecipazione alla C.d.S. che abbia potuto autonomamente esplicitarsi a tempo debito ed in modo anticipato. 10.1 – Da qui la violazione dell’art. 27, 2° c. del dec. lg.vo 5 febbraio 1997 n. 22 non ad opera dell’atto GR 29257 del 1997, ma piuttosto ad opera dello stesso atto GR 44411 del 1999 essendo stata impedita ai detti Comuni, in via aprioristica, una valutazione sul punto ed essendo stato loro impedito, in sostanza, di partecipare ai lavori finali della C.d.S. medesima (v. per utili spunti, con riferimento a norme pregresse ma di uguale contenuto: C.d.S. Sez. IV del 3 dicembre 1992 n. 1001). 11- Osserva ora il Collegio che quanto dedotto consente che il rilevato interesse, non solo partecipativo-procedimentale ma (almeno) anche strumentale, si diffonda nell’ambito di tutta l’attività prevista dall’art. 27 del dec. lg.vo 5 febbraio 1997 n. 22 per la C.d.S.; la quale è tenuta, in ipotesi, ad acquisire anche la VIAS, ove necessaria.. 11.1 – Da quanto sopra annotato consegue perciò la legittimazione sostanziale anche a porre in discussione se, nel caso, tale VIAS – come prospettato – sia necessaria o meno e perché, ove necessaria, la stessa non sia stata attivata (del resto una giustificazione sul punto si ritrova, esplicitamente, solo in risposta istruttoria); e ciò con riguardo al trattamento chimico, ormai pacifico, di 95 t/die di rifiuti pericolosi tout court, non essendovi una soglia minima di quantità di specie. 12 – Anche il profilo di doglianza testé ripreso può ritenersi fondato. 12.1 – Infatti le Direttive CEE 75/442, 85/337, 91/689 e 97/11 sono da ritenersi, sul punto, stante anche l’intervenuta abrogazione della Direttiva relativa ai soli rifiuti tossici-nocivi e altresì stante il fatto che sono stati emanati atti statali applicativi (dpcm 10 agosto 1988 n. 377 ed oltre), ormai pienamente efficaci. 12.1.2 – Ed invero, pur a tutto concedere sulla natura di fine e non di mezzo delle dette Direttive, le stesse risultano ormai in molti aspetti, precise, incondizionate e complete a tal punto da poter essere invocate anche dal singolo soggetto dell’ordinamento interno (Corte di Giustizia CEE sent. 23 gennaio 1994 in C. 236/92 e, sul punto specifico, in termini: Corte di Giustizia CE 16 settembre 1999 in C. 437/97). 12.1.2.1 – Al riguardo e nei soli limiti del dedotto in violazione (tossico-nocivi = pericolosi) non pare, poi, che la particolare connessa disposizione comunitaria sia imprecisa, incompleta e condizionata quanto all’applicazione; e del resto non si vede quale ulteriore precisazione sia necessaria perché la categoria di rifiuti tossico-nocivi sia da ritenersi solo poi espunta e quale ulteriore condizione debba realizzarsi affinché, ormai in vigore le Direttive successive alla 75/442, tale medesima differenziazione debba, solo dopo ciò, considerarsi non più sussistente (v. per utili spunti logici: Cass. Civ. -Sez. lav. 18 maggio 1999 n. 4817). 12.2 – Di talché, se si pongono a confronto le classificazioni di specie (CER) di cui all’atto GR 44411/99, le classificazioni-qualificazioni “storiche” di cui alla delib. Comitato Interministeriale 27 luglio 1984, aventi però natura (a tutto concedere sulla loro attuale validità, come affermato in sede istruttoria dalla Regione), meramente esemplificativa (C. Cost. 30 giugno 1988 n. 744 e CdS Sez. II parere 1247/93 del 16.3.94), i contenuti di riferimento classificatori e specificativi per qualità ed elementi di cui alla Dec. Consiglio CEE 94/904, i contenuti di cui all’all. III della Dir. CEE 91/689 e le classificazioni di specie di cui al dec. lg.vo 5 febbraio 1997 n. 22, non si può escludere che, nel caso, verranno, comunque, trattati chimicamente anche rifiuti, in sostanza, già tossico-nocivi; questo soprattutto alla stregua della carenza, per alcune e non poche tipologie di rifiuti pericolosi, di indicazioni di dati percentuali sulle inerenti concretizzazioni degli elementi di base; già di per sé alcune volte tossici e nocivi (v. elenchi in delibera). 12.3 – D’altra parte il Collegio non ritiene comunque che la VIAS si debba richiedere solo allorquando, nell’ambito di un trattamento chimico, si considerino rifiuti solo tossico-nocivi. Ed invero la suddetta distinzione interna non ha più ragione di essere, giusta il disposto di cui all’art. 7 del dec. lg.vo 5 febbraio 1997 n. 22 (Cass. Penale Sez. III: 9 ottobre 1997 n. 9168 e 28 ottobre 1997 n. 9617 e, da ultimo, la decisione citata dalla parte). 12.3.1 – Del resto all’invocato, da controparte, contenuto di cui all’art. 57, 6° c. ter del citato dec. lg.vo può assegnarsi una connotazione funzionale diversa da quella proposta dalla stessa (tra l’altro la Regione si è rifiutata di operare distinzioni diverse per qualità e per quantità anche tra pericolosi e non), giusta il dato normativo comunitario e quanto indicato nell’art. 2, 3° c. dello stesso dec. lg.vo. Ed invero, per il tramite del citato articolato, non risulta escluso, esplicitamente, l’obbligo di dar corso alla VIAS con riguardo al trattamento chimico di rifiuti pericolosi tout court. 12.3.2 – Peraltro, ove così non fosse, non resterebbe che disapplicare tale regola interna, poiché altrimenti si disattenderebbero (anche se solo transitoriamente) le dette Direttive CEE (Corte di Giustizia CEE 9 agosto 1994 in C. 396/92, TAR Lombardia Milano 1ª Sez. n. 1311 del 21 aprile 1999, C.d.S. Sez. V 11 novembre 1993 n. 741 e 8 maggio 1993 n. 324, Corte di Giustizia CEE del 5 aprile 1979 in C. 148/78; Cort. Cost. 170/84; C.d.S. Sez. IV 5 giugno 1998 n. 918). 12.3.2.1 – A fronte della situazione dedotta va perciò applicato l’art. 1, 1° c. p. i) del d.p.c.m. 10 agosto 1988 n. 377 in connessione con il successivo art. 2, 2° c. p. d) dello stesso; anche perché la Ecoltecnica ha inoltrato la nuova domanda di attivazione ed autorizzazione dopo il 14.3.1999 (art. 3 prg. 1 Dir CE 97/11). 12.3.2.2. – Ed invero, ancora ove così non fosse, e se perciò differente fosse la sottesa interpretazione, questo Giudice dovrebbe, appunto, disapplicare un dato normativo interno che si rivelerebbe difforme rispetto al dato normativo comunitario (Corte di Giustizia CE: 9 agosto 1994 in C. n. 386/92 ed in C. n. 396/92; C.d.S. Sez. V: 19 marzo 1993 n. 74, VI 8 maggio 1993 n. 323; ed ancora Cort. di Giustizia CE 18 dicembre 1997 in C. 126/96; e, per il pregresso, Corte di Giustizia CEE 14 giugno 1990 in C. 48/89, 7 aprile 1992 in C. 45/91, 14 gennaio 1988 in CC: 227/85, 228/85, 229/85; 17 dicembre 1981 in CC 30.31.31 31/81 e 2 giugno 1982 in C. 69/81). 13 – Diviene così inconferente il disposto utilizzo del D.D.G.T.A. della Regione 25 febbraio 1999 n. 1105 in quanto non attinente al caso; a tacer d’altro sulle sue limitatezze. 14 – La delibera del 23 luglio 1999 deve, perciò, ritenersi viziata per difetto della VIAS e per mancata partecipazione dei Comuni ricorrenti alla Conferenza di Servizi. 15 – Dato quanto concluso con riguardo al ricorso 4100/99 v’è ora, sotto il profilo di rito, da valutare se sia sopravvenuta carenza di interesse (in tutto od in parte), a coltivare il gravame 3990/99. 15.1 – All’evidenza manca ormai interesse con riguardo ai rilievi sub-2.1-B (attività della C.d.S. (tranne il profilo 2.1-B – b.2) e sub-2.1 C (ed, anche per questo, in tale secondo aspetto è inutile cercare di rinvenirvi ulteriori particolari presupposti legittimati – v., peraltro, art. 6 l. 8 luglio 1986 n. 349). 15.2 – Non può dirsi invece che – nonostante quanto già concluso intorno all’atto qui per primo impugnato (sub 14) – manchi l’interesse per i residuali motivi di gravame (compreso il citato sub 2.1-B – b2). Infatti gli stessi, se accolti – poiché pertengono a fasi procedimentali (o sub procedimentali) totalmente diverse da quelle criticate col gravame n. 4100/99 – determinerebbero una qualche utilità, non solo conformativa; non è perciò inutile decidere intorno agli stessi (C.d.S. Sez. V: 19 gennaio 1998 n. 84 e 23 aprile 1998 n. 474); richiamando, nel caso, per quanto ancora di utilità, il contenuto del punto 12.1.2 (Corte di giustizia CE 16 settembre 1999 in C. 437/97) e, in quanto sussumibili, tutte le ulteriori premesse utili. 16 – Il rilievo sub 2.1-B.b.2. è fondato e va accolto; questo non tanto alla stregua dell’invocato art. 27, 4° c. del dec. lg.vo 5 febbraio 1997 n. 22 quanto alla stregua del fatto che risulta esplicitamente stabilito che l’attività del CTR debba precedere l’attività della C.d.S.; e ciò ai sensi dell’all. A, pp. 5 e 6 – voce Funzionamento – di cui alla delib. GR VI/29257 del 12 giugno 1997 (già impugnata con il gravame 4100/99); considerando, nel caso, più che specifico il motivo dedotto (C.d.S. Sez. IV: 18 maggio 1986 n. 365; 14 novembre 1987 n. 1279; Sez. V: 30 novembre 1988 n. 521, 27 aprile 1990 n. 380, 19 marzo 1991 n. 274, 2 aprile 1991 n. 375, 23 novembre 1996 n. 1418; Sez. VI: 16 marzo 1996 n. 464, 20 gennaio 1998 n. 97). 17 – Date le conclusioni in ordine alla necessità che l’attività tecnica del CTR (v. delib. GR 12 giugno 1997 VI/29258) preceda l’attività, detta, appunto, di istruttoria finale della C.d.S. (C.d.S. Sez. V 6 dicembre 1993 n. 1263), restano altresì assorbiti, poiché sarebbero inutilmente esaminati, tutti i rilievi dedotti sub 2.1-A. 18 – Anche il rilievo sub. 2.1-D è fondato e va accolto. 18.1 – Infatti, pur solo con riguardo all’area 5 di progetto – vista la descrizione in atti delle attività connesse – non appare siano previste e, come del resto asserito in sede istruttoria e a tutto concedere sui limiti addotti, solo mere operazioni di cernita tout- court di rifiuti; esclusivamente queste solo funzionali ad un successivo trasporto in altre aree esterne all’impianto (art. 6, 1° c. p. e) dec. lg.vo 22/97); ma anche attività di trattamento e ricondizionamento le cui fattispecie specificative sono rinvenibili nella già citata Direttiva di interesse e negli allegati di cui al dec. lg.vo 5 febbraio 1997 n. 22 (B – C). 18.1.1 – Ed invero (v. pgf. 10 penultimo capv. risposta istruttoria; pag. 4 p. g), pag. 12 p. g), Area n. 5 descrizione/intestazione e la figura descrittiva del ciclo operativo dopo pag. 94 in Rel. Tecnica della Ditta ed Allegato B delibera impugnata), nella specie, le operazioni previste – che, ricordata l’esplicitazione di cui sopra, coinvolgono ancora rifiuti anche pericolosi – coincidono solo in parte e non in modo esaustivo con le combinate e non alternative fattispecie di cui al citato art. 6, 1° c. p. e) del citato decreto legislativo. 18.1.1.1 – In particolare tra le descritte operazioni si rinvengono anche ulteriori attività che si estrinsecano in forme di trattamento che sono ragionevolmente riconducibili alle fattispecie non tassative ma solo esemplificative (dati i progressi della tecnica; v. intestazione All. B e C del dec. lg.vo 22/97) in fatto. 18.1.2 – Del resto, a ben vedere, se le dette operazioni tutte si collegano le una alle altre nel loro complesso, attesa la sostanziale unicità dell’impianto stesso, in relazione alle varie tipologie di rifiuti da considerarsi e alle ignote, ma presumibili oscillazioni quantitative, anche quotidiane, (da un minimo uguale a 0 al massimo ammesso) tra le varie categorie generali degli stessi – ed invero non è stato possibile ottenere almeno una summa divisio quali/quantitativa omogenea tra rifiuti pericolosi e non – le stesse prime risultano – in ogni caso – incasellabili, alternativamente, in più di una delle fattispecie del rimodellato allegato A di cui al d.p.r. 12 aprile 1996 (v. d.p.c.m. 3 settembre 1999). Ciò a tutto concedere sulla sua validità ed efficacia al tempo di adozione dell’atto GR 44411/99. 18.1.2.1 – Inoltre, se si volesse ancor tutto concedere, resta il fatto che, anche se si considerassero i rifiuti in modo indistinto e solo con riferimento alla quantità globale che il complesso quotidianamente tratterà (295t/die) non si potrebbe comunque prescindere dall’approntare, quantomeno, una VIAR. 18.1.4 – E dunque ed in sostanza, pur volendo tener conto solo dell’Area n. 5, risulta che ivi si darà corso a forme di trattamento di rifiuti con una quantità di prodotto superiore alle 100t/die; si che, nel caso, è da applicarsi anche il disposto di cui all’allegato A p. i) del d.p.r. 12 aprile 1996 nel contenuto al tempo vigente e che impone la detta VIAR. 18.1.5 – D’altro canto – pur dimostratasi come irrilevante e non discriminante la citata rimodellata normativa (nuovo testo all. A d.p.r. 1996) non può sottacersi che non si può invocare solo per quanto di interesse la stessa, volutamente ignorando quella parte della medesima che, invece, impone comportamenti non utili allo scopo proprio. (v. ultima memoria della difesa della Ditta). 19 – Infondato è invece il rilievo sub 2.1-E poiché, per atti, si deduce che l’impianto de quo è ritenuto dalla Regione quale nuovo e diverso impianto; come lo è all’evidenza e come già premesso in ordine al gravame n. 4100/99 (6.1.b). 19.1 – E dunque non può sostenersi – anche se tale profilo è superato – che la stessa GR o meglio la C.d.S., pur nella incompletezza relativa dello schema di cui a pag. 13 della relazione tecnica iniziale della ditta (v. però la pag. 48) non abbia preso conto dell’intero progetto; né che la ipotetica negatività del parere del Comune di Bellusco avrebbe certamente determinato un atto regionale anch’esso negativo è perciò diverso da quello adottato; giusta, in quest’ultimo caso, il disposto di specie di cui all’art. 27, 5° c. del dec. lg.vo 5 febbraio 1992 n. 22 (v. anche art. 14 l. 241/90). 20 – Infondato è altresì il gravame 3990/99 con riguardo al profilo sub 2.1-F, atteso che il rispetto del vincolo – a tralasciare che mancano deduzioni di falsità – già affermato come sussistente, è stato riaffermato sussistere anche in sede istruttoria tramite l’asseverazione regionale che la collocazione dello specifico insediamento de quo non interferisce oltre il limite lineare del vincolo stesso. 21 – Inammissibile si rileva, infine, l’impugnativa di cui al detto ric. 3990/99 dell’atto GR VI/40098 del 3.12.98; se non altro perché la stessa ultima non risulta gravata da alcuna specifica censura; come già premesso sub 2. 21.1 – Del resto di tale delibera regionale – che sopravvive nelle sue disposizioni autonome – nemmeno il Comune di Bellusco si fa carico; anzi il medesimo conferma in atti ed in gravame 3746/99 il proprio relativo assenso; già espresso con delibera GM n. 158 del 19.11.98. Né la stessa ultima risulta revocata od annullata dal Comune stesso. A tutto concedere sulla portata di tale ipotetico contrario atto. 22 – E, dunque ed in conclusione, va dato preventivo corso anche alla detta VIAR e poi di nuovo riunito il CTR prima della riunione finale della C.d.S.. 23 – Va ora annotato che tutti i rilievi contenuti nel ricorso 3746/99, presentato dal Comune di Bellusco, – come premesso sub 3 – hanno già trovato accoglimento o con la parte di pronuncia relativa al ric. 4100/99 o, nel residuo, con la pronuncia relativa al ric. 3990/99. 23.1 – Ed invero, per quanto sopra di nessuna giuridica utilità sarebbe ora un esame nel merito della presente questione anche per il detto ricorrente Comune; anche perché gli atti ulteriormente impugnati, di profilo generale e normativo, risulterebbero, in ipotesi, lesivi – visto il carattere strumentale della connessa impugnativa – solo in uno con la delibera GR VI/44411 del 1999; la quale però è da annullarsi autonomamente. 24 – Di poi – a tutto concedere sulla ammissibilità, in questa sede ed in relazione al caso di una domanda riconvenzionale risarcitoria a fronte di un’impugnativa di atti di provenienza non comunale – risulta che dell’asserito presupposto danno non è fornita prova; né dello stesso è quantificato e precisato l’ammontare. 25 – Da quanto sopra consegue: – l’improcedibilità per sopravvenuta carenza di interesse del ric. 3746/99; – l’inammissibilità del gravame incidentale connesso; – l’infondatezza della domanda di risarcimento di danni a quest’ultimo collegata. 26 – Soccorrono sufficienti motivi per compensare tra le parti tutte le spese di giustizia.P.Q.M. Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia – 1ª Sezione -, riuniti i tre ricorsi di cui in epigrafe, accoglie il primo ed il secondo nei limiti soggettivi ed oggettivi dedotti, annullando, per l’effetto, l’atto GR 44411 del 23.7.1999; – dichiara inammissibile, con riguardo al detto medesimo secondo ricorso, l’impugnativa del Comitato Territoriale Difesa dell’Ambiente dei Bellusco, ed ancora, lo stesso, secondo, nella parte residuale, inammissibile con riguardo all’atto VI/40098 del 3.12.98 ed improcedibile, nel resto, per sopravvenuta carenza di interesse; – dichiara improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse anche il terzo ricorso, inammissibile il connesso gravame incidentale ed infondata la domanda risarcitoria collegata a quest’ultimo. Spese compensate. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dalla Autorità amministrativa. Così deciso in Milano nella Camera di Consiglio del 21 marzo 2000, con l’intervento dei signori: Vacirca Giovanni – Presidente; Mario Mosconi – Consigliere, Relatore, Estensore; Cogliani Sòlveig – Referendario, membro.