di Felice Besostri

In nome dell’Avanti! socialisti uniti per cosa e su cosa? Cento anni di storia dell’Avanti! hanno un filo rosso che coincide con quello dell’estensione della democrazia e della sua difesa. Non ci sarebbe stata partita vinta per una maggiore giustizia sociale senza la battaglia per un parlamento eletto a suffragio universale e diretto e prima ancora per l’elezione popolare delle amministrazioni locali.

Contro le leggi elettorali liberticide a cominciare dalla legge Acerbo memorabile l’opposizione intransigente dei socialisti, di tutti, ma in particolare del Socialista Giacomo Matteotti del PSU. Nello stesso filone si iscrive la battaglia socialista per la Repubblica e la Costituente e l’opposizione alla legge truffa. Tuttavia in un paese non immemore come il nostro tutti si sarebbero ricordati che dal pensiero socialista ha avuto origine uno degli articoli più avanzati della nostra Costituzione, come il secondo comma dell’art. 3 Cost., per il quale “È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese.

I socialisti non hanno mai accettato la contrapposizione tra diritti collettivi e individuali, come quella tra libertà e socialismo. Sono stati i protagonisti dello Statuto dei Lavoratori e del Servizio Sanitario nazionale e delle leggi sul divorzio e sull’interruzione della gravidanza. Sempre da iniziative con i socialisti in prima fila si è data attuazione all’istituzione delle Regioni, di cui non si poteva immaginare la degenerazione centralista soffocatrice dell’autonomia municipale e provinciale che ha raggiunto il suo apice con le leggi Delrio e delle regioni amministrate dal PD di unioni comunali imposte dall’alto e con organismi non più elettivi, nonché la riforma della finanza locale e dell’art. 81 Cost.: tutte controriforme che non sarebbero mai passate se non fosse stata distrutta la presenza politica socialista nel Parlamento e nelle assemblee regionali.

Nella storia dei socialisti vorrei ricordare un episodio, apparentemente minore, come la prima udienza pubblica della Corte Costituzionale il 23 aprile 1956. Si trattava di espungere degli articoli di un Testo unico di Pubblica Sicureza adottato dal fascismo: nel collegio difensivo due grandi giuristi e avvocati come il socialista Giuliano Vassalli e il liberasocialista Piero Calamandrei. Ricostruire un’area socialista significa pensare alla sua pluralità, quando dello stesso partito facevano parte Nenni, Santi, Basso e Saragat, cui si sarebbero aggiunti provenendo dall’azionismo De Martino e Lombardi.

Una pluralità che manca alla sinistra nel suo complesso nelle varie articolazioni con la quale si è presentata senza successo alle elezioni degli ultimi 15 anni. Le elezioni europee del 2019 dovranno essere il banco di prova della sua rigenerazione e riscatto non solo negli interessi dei ceti popolari, che dalla sinistra non si sentono più rappresentati non solo in Italia, ma della stessa Europa, sempre più lontana dalle idee del federalismo europeista e socialista, di cui Eugenio Colorni coautore del manifesto di Ventotene, insieme con Ignazio Silone, direttore dell’ Avvenire dei Lavoratori di Zurigo, è stato un illustre esponente.

Con i risultati del 4 marzo non ci sarà sinistra e, pertanto, nemmeno socialisti nel prossimo Parlamento in rappresentanza dell’Italia. Rettamente interpretati i Trattati Europei e la Carta dei Diritti fondamentali dell’UE, che ci si dimentica che ha lo stesso valore giuridico dei Trattati, requisito che manca al Fiscal Compact, non sono in contraddizione con la nostra Costituzione. Ricordando cosa è costato nei singoli stati nazionali conquistare un parlamento eletto a suffragio universale, non possiamo snobbare le prossime elezioni europee, ma farne l’occasione per rafforzare i ruolo del Parlamento europeo, nel quale sono direttamente rappresentati i cittadini UE (art. 10 TUE), rispetto alla Commissione e al Consiglio Europeo.

Questo obiettivo si raggiunge con un’alta partecipazione alle elezioni e con una maggiore presenza dei partiti e movimenti politici interessati ad una coesione sociale, che accompagni lo sviluppo, invece di essere sacrificata sull’altare della finanza internazionale e dei suoi interessi. Lo stato di divisione e rassegnazione della sinistra a livello europeo, in tutte le sue componenti, deve essere superato e questo è l’impegno prioritari di una cultura politica socialista, che unisca i suoi valori storici, le sue radici, con la capacità di progettare il futuro, perché, come diceva il compagno Pierre Mauroy, i socialisti sono gli ” Héritiers de l’avenir”, gli eredi dell’avvenire.

E’ un’espressione paradossale, ma i paradossi non sarebbero tali se non contenessero un nucleo forte di verità, e francamente meglio essere eredi dell’avvenire, che di un passato, che saremmo costretti ad accettare con beneficio d’inventario, di una sinistra morta, perché senza futuro. Meglio pensare al “Socialismo come nostalgia del Futuro” ” Sozialismus als Sehnsucht nach der del Zukuntf“, che al socialismo già realmente esistente, come l’unico socialismo possibile, sepolto con le macerie del crollo del Muro di Berlino.