di Felice Besostri |

In memoria di Gianni Ferrara, decano dei costituzionalisti italiani, un grande socialista e servitore dello Stato, come funzionario parlamentare, professore universitario e deputato.

La notizia della sua morte mi ha attristato, perché in questi ultimi anni avevamo ripreso a frequentarci dopo molti anni, dal tempo della comune militanza nel PSI nelle sue componenti di sinistra, da ultimo dopo una fase bassiana, con Francesco De Martino, di cui era stato capo-gabinetto al tempo della sua, al congresso di Torino, il 41° 29 marzo – 2 aprile 1978, quello dell’Alternativa di sinistra e della consacrazione della leadership di Craxi, eletto nel 1976 da un Comitato centrale, come segretario di transizione.

In quel congresso, svolto durante il sequestro di Aldo Moro, rapito il 16 marzo 1978, il garofano rosso non aveva cancellato del tutto il simbolo col quale, ci eravamo iscritti al PSI, falce e martello sul libro aperto, lui nel 1944 barando sull’età, ed io nel 1961 dopo i fatti di Genova e Reggio Emilia e il sanguinoso soffocamento, 5 anni prima, della opposizione armata di operai e studenti ungheresi ai carri armati sovietici, come l’aveva chiamata in solitario l’edizione milanese dell’Avanti!.

Allora non si parlò solo di politica, ma volle chiedermi perché non avessi proseguito nell’Università, come lasciava presagire il titolo della mia tesi di laurea del 1969, “ Il controllo materiale di costituzionalità sulle norme formalmente costituzionali nella Repubblica Federale Tedesca”, che aveva avuto modo di leggere e apprezzare e che mi propose recentemente dopo l’approvazione nell’ottobre 2019 del taglio dei parlamentari di pubblicare con una sua post-fazione, che la malattia non gli  consentito di terminare.

Gianni Ferrara ha insegnato alla Federico II, dove aveva studiato giurisprudenza, all’Università degli Studi di Genova per terminare alla Sapienza di Roma. Prima ancora della cattedra con la sua opera del 1965, il Presidente d’Assemblea, fondò il Diritto Parlamentare come una disciplina autonoma, tanto che si celebrò il 50° anniversari della prima edizione con un’opera collettanea. A lui di deve la prima pubblicazione di una raccolta ragionata dei cosiddetti precedenti delle decisioni in materia regolamentare della Presidenza della Camera di cui in seguito si son perse le tracce. Fossero rimasti in servizio funzionari del suo livello, o come al Senato di Leopoldo Elia, e sensibilità costituzionale si sarebbero risparmiati i precedenti di far approvare con voto di fiducia le leggi elettorali, come è avvenuto alla Camera con la legge n. 52/2015 e alla Camera e al Senato con la legge n. 165/2017.

Alla Camera ritornò da deputato nella IX legislatura (1983-1987) nel gruppo della Sinistra Indipendente e nella X (1987-1992) nel gruppo del PCI diventato PDS.

Come socialista era intransigente sui valori e sui principi, ma non seguì Lelio Basso nella scissione dello PSIUP, come anche non lo segui un’altra figura esemplare di socialista come il filosofo Fulvio Papi, due figure di intellettuali, che associo nella mia formazione politica, insieme con Pietro Nenni, Francesco De Martino, Riccardo Lombardi e Lelio Basso su piano più propriamente partitico.

Dopo tantissimi anni di lontananza dalla Provincia Napoli, dove era nato il 21 aprile 1929 a Orta di Atella, non aveva perso il suo accento e di questo era  simpaticamente orgoglioso e me lo voglio ricordare così, sorridente, quando usava qualche detto popolare nel suo dialetto.