di Felice Besostri– GENOVA 28 dicembre 2019

Sono contrario alle relazioni introduttive, preparate prima di sapere chi saranno gli intervenuti e di conoscere perché siano venuti un sabato invernale a Genova, per quanto sia un luogo simbolico[1], nel pieno delle vacanze del periodo tra il Natale cattolico e quello ortodosso o, se preferite altri riferimenti, tra il solstizio d’inverno e il 147° anniversario della nascita del compositore russo Alexander Scriabin e a 4 giorni dalla notte di San Silvestro.

L’intenzione degli organizzatori è chiara: operare una selezione preventiva. Si tratterà di persone motivate, quindi difficili da accontentare in via anticipata. Spero, mentre scrivo queste note, che qualcuno profitterà della possibilità di mandare un paio di cartelle di contributo alla discussione.

Della mia più che cinquantennale esperienza di relatore ricorderò sempre un’assemblea con scout dell’A.G.E.S.C.I. sulla Costituzione in cui chiesi, e ottenni, che parlassero loro, tutti, per primi. Molti tra noi sanno parlare, ma quelli che sanno ascoltare sono una minoranza. Di questo sono convinto, che sia mancata la capacità di ascolto[2], ma prima ancora l’interesse ad ascoltare, dei dirigenti delle formazioni di sinistra degli ultimi trent’anni, grosso modo dalla fondazione della Lega Nord (nata come Lega Lombarda nel 1986) per l’Indipendenza della Padania nel 1991. Inizialmente giustificata perché la presenza nelle istituzioni era modesta: nelle istituzioni nazionali si parte con un senatore e un deputato, due europarlamentari, 60 consiglieri comunali, due provinciali, ma già con un forte insediamento territoriale con le elezioni lombarde del 1990. In quell’occasione primo partito ancora la DC con il 28,56% e 25 seggi[3], ma alle sue spalle la Lega era la seconda formazione con 1.183.493 voti, il 18,94% e 15 seggi. Seguivano il PCI (1.172.059 voti, il 18,76% e 15 seggi) e il PSI (892.998 voti, il 14,29% e 12 seggi). Della sottovalutazione iniziale possono essere ritenuti responsabili solo i rami lombardi e veneti dei partiti nazionali[4], perché la Lega allora Nord sembrava fenomeno confinato tra la Lombardia ed il Veneto e la sinistra considerata nel suo complesso (PCI+PSI) la sopravanzava con il suo 33,05% lombardo, 29,28% veneto vs. 5,91% leghista, per non parlare del 38,07 % piemontese vs 5,09% e, in omaggio alla regione in cui ci riuniamo, il 42,43% ligure vs. 6,13%. Tuttavia, con le elezioni 1992 la sinistra divisa tra sinistra di governo (PSI, 13,62% e PSDI, 2,71%) e sinistra d’opposizione (PDS, 16,11% e RC, 5,62%) raccoglie ancora un 38,06% vs. 8,65%                                                                                                                                                                                                                                                                                                                              Lega Nord, ma un sinistra portatrice  di progetti opposti da un lato e una Lega al 8,61%   e una DC ancora primo partito con il  29,66%. Con le elezioni del 1994, primo partito Forza Italia, si può misurare il radicamento territoriale e sociale della Lega, nel nuovo scenario politico, che ha relegato in soffitta la Prima repubblica e che non si è tuttora stabilizzato. La Lega resta stabile con l’8,36% mentre la sinistra raccoglie il 32,1%, ma frantumata in 6 liste, di cui solo 2, PDS e RC con il 26,41%, rappresentate autonomamente in Parlamento. Per quanto concerne la sinistra il fatto più significativo è la scomparsa del PSI e dell’area socialista di governo: il PSI dal 13,62 al 2,19% (-11,43%) e i socialdemocratici dal 2,71% allo 0,46% (-2,25%).La scomparsa dell’aerea socialista e la successiva frantumazione dell’area della sinistra alternativa, sono i fattori della strutturale debolezza della sinistra italiana, rispetto al periodo in cui si articolava in PCI e PSI, sia all’opposizione[5], che in area di appoggio al governo[6]. L’area ampia della sinistra del 1994, se la si allarga a potenziali alleati, come i Verdi (2,70%) per la protezione dell’ambiente ed ai radicali (3,51%) per l’estensione dei diritti civili raggiunge il 38,22%: un dato puramente numerico in assenza di un programma comune. Peraltro -e la dimostrazione sarà data nel 1996- con l’Ulivo non basta un programma comune come sommatoria, col senno di poi la definirei accozzaglia, senza una gerarchia di priorità per risolvere i problemi della società italiana, che dovrebbero caratterizzare una sinistra di cambiamento, punto minimo di consenso dialettico tra una sinistra di governo e una sinistra di alternativa, la cui caricatura è una sinistra al governo e una sinistra di contestazione, tra loro incomunicabili. Con il 1994 nel Parlamento italiano viene meno un’autonoma rappresentanza dell’area socialista, cioè con un proprio gruppo parlamentare, poiché non considero tali il gruppo “socialisti e radicali” della XV legislatura Camera e nella stessa il nome “Nuovo PSI” tra altri in un gruppo parlamentare del centro-destra, per il loro carattere episodico e per giudizio politico, e non rappresenta una rinascita, ma semmai un epitaffio, che il nome PSI ricompaia dal 18 settembre 2019 insieme con Italia Viva in un gruppo parlamentare del Senato della Repubblica della XVIII legislatura. Questa legislatura ha teoricamente una durata quinquennale, 2018-2023, ma il suo destino è incerto, incertissimo alla luce dei risultati delle elezioni europee del 2019, delle scelte costituzionali di riduzione drastica del numero dei parlamentari, dell’ammissibilità di un referendum ex art. 76 Cost. per il passaggio ad un sistema elettorale uninominale maggioritario senza turno eventuale di ballottaggio e della formazione di due governi, retti su una maggioranza relativa dei gruppi parlamentari M5S alla Camera (216/630) e al Senato (101/319) in crisi d’identità. La scomparsa di un’autonoma presenza parlamentare non significa che il pensiero socialista non sia stato rappresentato in altre formazioni politiche, ma come apporto di singoli compagni e compagne o di raggruppamenti non di dimensione nazionale. Il venir meno della dicotomia storica della sinistra avrebbe potuto dar luogo ad un processo di unificazione, così non è stato e, forse, nemmeno seriamente tentato, neppure con gli Stati Generali della Sinistra di Firenze [7] nel lontano 12 febbraio 1998 di 22 anni fa, che comunque, lasciava fuori a priori una parte, allora più consistente di oggi, della sinistra, quella che aveva lasciato il PCI dopo il crollo del Muro di Berlino e il primo cambio di nome del PCI in PDS, cui seguirono altri non solo di nome, ma di pelle e natura, ma con costanti politico-psicologiche[8], che gli hanno impedito dii essere la casa comune di una sinistra riunificata fino all’abbandono formale del progetto, per quanto teorico ed astratto fosse, con la fondazione del PD, anche nel nome.

Il punto, che mi pongo, è come progettare il futuro senza perdersi nei meandri del passato, in un vissuto auto-biografico, per quanto esemplare e significativo sia o possa essere stato, come essere, nel contempo, consapevoli dell’urgenza del compito, che non tollera ulteriori ritardi, e convinti, che proprio la situazione non consenta semplificazioni.  Una sola certezza non esseri soli, a cominciare dai presenti, di chi ha letto il documento iniziale, ha dato un suo contributo o lo darà, senza demiurghi, grilli parlanti o mosche cocchiere (ci son sempre animali da evitare o imitare).                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                  

Lo stato compassionevole della sinistra italiana è sotto gli occhi di tutti e non si colgono segni di miglioramento. Uso l’espressione sinistra per comodità, perché a mio avviso significa ormai soltanto dove si sta negli emicicli parlamentari, quindi una posizione statica, quando la sua crisi è che non sa in quale direzione andare, manca una dinamica politica. Quando si dice sinistra italiana non c’è nemmeno accordo sulla sua composizione: in particolare alcuni mettono in dubbio che il PD, ne faccia parte. Altri obiettano che senza il PD, o almeno i suoi elettori, la sinistra sarebbe irrilevante, se la sua consistenza fosse pari alla forza, pur sommata algebricamente, ma non politicamente, di LeU, PaP e PC, 4,85%, alle elezioni politiche del 2018. Già essere di sinistra è difficile in Italia, era opinione anche di Fidel Castro, a causa della lingua, gli aggettivi “sinistro” o sinistrorso”, per designare chi faccia parte dell’area, sono anche di significato/suono o malaugurante o foneticamente sgradevole. Nella nostra lingua ”una sinistra sinistra”, è altro che dire in tedesco “eine linke Linke”.  Nelle lingue europee che conosco, i sostantivi per designare la sinistra, che siano LEFT[9], GAUCHE, IZQUIERDA, ESQUERDA, ESQUERRA (le tre versioni iberiche) e LINKE, si associano con una direzione, ma mai, come in italiano, a un segnale di negativo auspicio di uccelli del malaugurio perché provenienti da una tale direzione, avibus sinistris. Alle elezioni 1946 per la Costituente socialisti, comunisti e azionisti erano il 33,74% degli aventi diritto al voto e il 41,06% dei voti validi. Alle prime elezioni politiche del 1948 socialisti e comunisti uniti nel Fronte Popolare erano il 27,94% degli aventi diritto e il 30,97% dei voti validi, pagando la scissione socialdemocratica molto di più del 7,07% della filogovernativa Unità Socialista. Settanta anni dopo nel 2018 la sinistra larga da PD a PC è il 23,33%, quella larghissima con Ferrando e Chiesa/Ingroia 23,46%, un bel – 17,8% per limitare le perdite alla sola sinistra, quindi senza contare cristiano sociali, popolari e sinistra DC, confluiti nel PD. Per ricostruire la sinistra non si può semplicemente ripartire dall’esistente, si deve percorrere un’altra strada che abbiamo voluto designare come Dialogo Gramsci Matteotti scelti come simboli delle due tradizioni maggiori, ancorché non esclusive della sinistra italiana, quella socialista e quella comunista. Le altre accoppiate Turati-Bordiga, Nenni-Togliatti o Craxi-Berlinguer, senza entrare nel merito dei singoli personalmente presi, non contenevano come accoppiata un messaggio di speranza unificatrice. Voglio concludere con due citazioni a prima vista criticamente perplesse. La prima di Fulvio Papi, filosofo: “La costituzione di un gruppo di orientamento socialista con la definizione “Gramsci Matteotti” mi pare molto positiva perché proprio nel suo nome indica un problema storico della sinistra italiana, che è rimasto senza alcuna soluzione unitaria – impossibile praticamente ai tempi di allora – che ora, almeno idealmente, indica una direzione forse praticabile. Anche se io, proprio come filosofo, so che il tempo consuma, ma difficilmente rende qualcosa.” La seconda di Gigi Bettoli, Presidente delle cooperative sociali della Lega delle cooperative: “Condivido nella sua interezza i testi che mi hai mandato. Magari ho qualche perplessità sui due riferimenti ideali, non perché non siano i migliori in assoluto, ma solo per ragioni generazionali: già io, cresciuto negli anni ’70, mi trovo a considerarmi talvolta un dinosauro, a fronte dei giovanissimi, che per fortuna trovano anche loro dei riferimenti personali, forse meno densi di pensiero, ma non meno esemplari (stile Greta Turnberg). E’ solo un dubbio simbolico, comunque: rispetto alla “vecchia guardia”, credo che l’accoppiata sia la migliore.” Fosse solo un problema di nomi di un giovane simbolo avrei fatto quello di Iqbal Masih, assassinato a soli 12 anni, di lui non dico altro basta un accesso ad un motore di ricerca, è un test come quando chiedo chi si ricordi la terza strofa[10] di Bandiera Rossa. Ma senza attenzione mediatica non ci sarebbe un interesse mobilitante internazionale del tipo dei Fridays for Future  o nazionale per le “sardine”, tutti da movimenti da capire, studiare e con i quali interloquire come premessa ad un dialogo. Dialogo a sinistra necessario, che abbiamo intitolato a Gramsci e Matteotti, come protagonisti di una possibile ricostruzione della sinistra nello spirito dell’attuazione della Costituzione: è una sfida, che deve essere capace di superare le incomprensioni del loro tempo, del tipo “il cavaliere del nulla”, un segno di una sinistra incapace di un dialogo unitario neppure di fronte alla democrazia in pericolo e del restringimento della libertà.

Senza una chiara presa di coscienza della drammaticità della situazione politica ed istituzionale e del loro progressivo degrado, non ci sarà rinascita della sinistra. Alcuni appuntamenti sono imminenti: ammissibilità del referendum ex art. 76 Cost. per ottenere un sistema elettorale maggioritario di tipo britannico, referendum ex art. 138 Cost. sulla drastica riduzione dei parlamentari, adozione di misure compensative e di una nuova legge elettorale, i cui prodromi non sono rassicuranti. Su tutto pesa il fatto che la legge n. 165/2017, quella che regolerebbe eventuali elezioni anticipate, consente ad una lista o coalizione che superi il 30%, omogeneamente distribuito sull’intero territorio nazionale, di controllare la maggioranza assoluta della Camera dei Deputati e, se viene meno la base regionale dell’art. 57 Cost. per il Senato, il Parlamento in seduta comune. Il Parlamento in seduta comune oltre che eleggere un terzo della Corte Costituzionale  e un terzo del CSM  decide anche la messa in stato d’accusa del Presidente della Repubblica (art. 90. Cost.): uno stravolgimento della forma di governo disegnata dalla Costituzione, cui dare una rapida, decisa, coordinata ed unitaria risposta.

In questa relazione, contravvenendo all’insegnamento di Matteotti, che fu presago delle negative conseguenze del trattato di pace di Versailles e dell’invasione del bacino della Ruhr, che impoverì ed umiliò il popolo tedesco, già stremato dalla sconfitta, non affronto la dimensione europea ed internazionale della crisi, peraltro decisive per ridisegnare una politica estera diversa per il nostro paese.  Per essere sintetico i nuovi problemi nascenti dalla globalizzazione possono essere raccolti nelle parole d’ordine del movimento socialista dell’inizio del secolo scorso: PANE (cioè lavoro), PACE e LIBERTA’, le precondizioni per una società giusta e democratica.


[1] 1892 Fondazione del Partito dei Lavoratori Italiani, poi Partito Socialista dei Lavoratori Italiani e, infine, PSI-1960 Fatti di Genova del giugno contro il governo del DC Tambroni con i voti del MSI-2001 Fatti di Genova del luglio di contestazione del G8, morte di Carlo Giuliani e scuola Diaz.

[2] Sull’importanza dell’ascolto: Tage Erlander, Primo ministro socialdemocratico della Svezia dal 1946 al 1969 disse al successore Olof Palme “Ascolta il movimento”, cit. da John Ajvide Lindqvist, L’altro posto, Marsilio, Venezia, p.11.

[3] Soltanto 5 anni prima, però, il 36,03% e 31 seggi.

[4] Il successo di Forza Italia nel 1994, del M5S nel 2013 e 2018 e della Lega per Salvini nel 2019 non percepiti in tempo sono indice, che i partiti nazionali non hanno antenne o sensori nei territori per percepire in tempo gli umori popolari.

[5] L’ apice all’opposizione nel 1958 con il 33,63%. 

[6] Dopo le elezioni del 1976 PCI, PSI, PSDI faranno parte dell’area di governo, prima come “maggioranza delle astensioni” poi come maggioranza d’appoggio a due governi monocolore DC. Sinistra nell’area di governo: PCI 12.614.650 31,20%, PSI 3.540.309 8,75%, PSDI 1.239.492 3,06%. Totale 43,01% (sul totale degli iscritti nelle liste 40.426.658 elettori: si affida questo dato alla riflessione, come anche che in quelle elezioni con il 90,80% di voti validi si torna a superare il 90%).

 A metà legislatura nel 1978, due fatti la scelta socialista dell’alternativa (XLI° Congresso di Torino) e il dramma del rapimento e assassinio di Aldo Moro, rilevante fatto politico  di sangue dopo la strage di piazza Fontana del 12 dicembre 1969, con la conseguente divisione dei partiti tra “fermezza” e trattativa. Un caso o una strategia?

[7] Dell’esistenza e significato degli Stati Generali della Sinistra, chi non ha militato a sinistra e non è almeno un quarantenne nulla sa e ha ragione, perché non ha lasciato traccia politica se non nei ricordi dei partecipanti e degli addetti ai lavori e di un ristretto numero di storici. Per questa ragione per completare la frase ho fatto riferimento al crollo del Muro di Berlino del 9.11.1989, evento nel suo trentesimo anniversario conosciuto da molti e non solo da me, che ero là quel giorno, e non alla “svolta della Bolognina” del 12.11.1989, primo passo verso lo scioglimento del PCI.

[8] Un riferimento incompleto in https://www.glistatigenerali.com/partiti-politici/scissione-renzi-vista-liceo-dante-77/ .

[9] LEFT ha un’ambiguità nei significati di “abbandonato” o “lasciato”.

[10] O la quarta o quinta secondo le versioni, si gioca sul sicuro il 97% dei compagni sotto i 70 anni conosce solo le due prime strofe.