Caro Felice,

ti ringrazio molto e sinceramente di voler diffondere i miei pensierini.

Cacciari e gli altri non riescono a spiegare due fenomeni:

a) la crisi della socialdemocrazia europea e

b) la “convergenza” della sinistra liberale americana e della Chiesa bergogliana su posizioni storicamente e riconoscibilmente socialdemocratiche (le ragioni di merito di per cui ciò accade mi paiono del tutto intelligibili, ma su questo tema non mi addentro).

Fatto sta, che la sinistra liberale americana e la Chiesa bergogliana possono fare riferimento a “statualità” sopravvissute alla crisi dello stato nazionale europeo grazie alla loro scala “imperiale”. In Europa, invece, gli stati nazionali non sono più sufficientemente forti e l’UE non si è ancora costituita in una “statualità”. Tra questo “non più” e questo “non ancora” la socialdemocrazia europea si sfarina, perché senza una “statualità”, almeno potenziale, manca l’orizzonte di senso all’interno del quale la decisione propriamente politica è possibile. La crisi è, dunque, politica: la mancanza di “statualità” fa apparire immediatamente vano ogni progetto. Perciò sembra esserci spazio, come giustamente dici, solo per “responsabili” e “populisti”, che sono due parole per dire “pazienti” e “impazienti”. Ma la socialdemocrazia non può rinunciare al progetto, e – parafrasando Nenni – non si fa con i sentimenti né, figuriamoci, con i risentimenti.

Ancora grazie vero e un saluto cordiale

Andrea Ermano

Un editoriale importante, che vorrò diffondere per aprire una discussione.

Posso prevedere che nella sinistra larga e plurale incapace di unirsi basteranno la parola socialdemocratico o il nome di Bettino Craxi per interrompere la lettura. Un rigetto ci sarà anche in chi vede in Macron il leader di una sinistra rinnovata. Mondo Operaio ha intitolato un editoria “Una Lezione per la Sinistra”.

Normalmente si parla di lezione per imparare, ma cosa? Cosa fare o cosa non fare per non arrivare alla elezione di Macron. Emanuele Macaluso a differenza di Cacciari ha ribadito  la necessità di tenere aperta la questione socialista. I risultati della NRW mi hanno depresso non solo per la sconfitta della SPD, anche se prevista, ma in minor misura, ma per il fatto confermato che le perdite socialdemocratiche non vanno ai Verdi e neppure alla Linke, che forse resta sotto di in soffio alla barra del 5%, rendendo così possibile un governo Nero-Giallo.

Se l’alternativa è tra responsabili e populisti, l’attrazione dei moderati/conservatori è più alta di quella di una sinistra senza idee proprie. D’altra parte non è che imitando Mèlanchon si vada meglio. La somma dei suoi voti e di quelli di Hamon (25,94%) è inferiore al voto di Hollande (28,67%) al primo turno delle presidenziali 2012 e senza contare per sottolineare la sconfitta che Mèlenchon aveva avuto un 11,10%, cioè la sinistra 2012 senza contare le formazioni comuniste e trozkyste era al 39,77%, ancora un piccolo sforzo e con l’Italikum si prendeva il premio di maggioranza.(Purtroppo la sinistra italiana è in una tale situazione che basta un risultato a 2 cifre, anche 10% per provocare un orgasmo).

Eppure ci sono segni di speranza le lettere di Rossana Rossanda e Luciana Castellina al congresso di Sinistra italiana segnano un’inizio di riflessione per il superamento di fratture storiche nella sinistra: ora i riformisti non fanno riforme e i rivoluzionari non fanno rivoluzioni. Non solo la parola RIFORMA è stata definitivamente sputtanata quando anche gli avversari chiamavano “Riforma” quella costituzionale di RenziBoschi e la parola “Rivoluzione” è uscita dal vocabolario corrente se riferita alla politica, al massimo ai costumi.

Felice Besostri