«Dal Porcellum all’ Europorcellum, del primo ricorso non si butta via niente e il finale potrebbe già essere scritto perché la stessa sorte dell’italica legge elettorale potrebbe toccare anche alla legge elettorale per le elezioni europee che venne costruita su misura – proprio come oggi con l’Italicum di Renzi e Berlusconi, da PD e PDL per ‘far fuori’ i partiti minori, accaparrarsi i loro voti e con quelli anche la quota del finanziamento pubblico che gli sarebbe spettata.

Già fissate le prime udienze per i ricorsi presentati presso diversi tribunali contro la legge elettorale per il rinnovo del Parlamento europeo: la prima udienza tra poche settimane si terrà a Napoli il 4 marzo, poi al tribunale di Milano il 24 marzo e già programmate anche quelle di Cagliari e Venezia per l’11 aprile. A copertura delle 5 circoscrizioni per le elezioni europee e per moltiplicare le probabilità che le questioni sollevate vengano accolte, i ricorsi sono stati presentati anche a Roma e Trieste.

Lo hanno annunciato nel corso di una conferenza stampa alla Camera i promotori dell’ iniziativa, tra i quali il costituzionalista Gaetano Azzariti, gli avvocati Felice Besostri, autore del ricorso contro il Porcellum accolto dalla Consulta, Anna Falcone e Giuseppe Sarno. “L’azione intentata sulla legge elettorale per le europee – ha spiegato Azzariti – ha come primo obiettivo lo sbarramento al 4%. Con essa si chiede il rinvio delle pregiudiziali alla Corte di Giustizia europea perché verifichi l’aderenza della legge ai Trattati europei e la rimessione alla Corte Costituzionale”. Ma soprattutto questi ricorsi servono a ” stimolare la politica a intervenire”.

In Italia e nelle leggi elettorali nazionali prevalgono logiche di governabilita’, che molti giuristi trovano discutibili perché comprimono la rappresentatività, applicare questo principio alla legge elettorale per l’Europarlamento “è ancora più irrazionale – afferma Azzariti -. In questo caso infatti – si chiede – che governabilità si deve assicurare?”. L’architettura degli organi europei, con parlamento Commissione e Consiglio Europeo, non ricalca le stesse dinamiche di uno Stato nazionale. L’altra anomalia è data dal fatto che ogni Stato ha una legge diversa per eleggere gli eurodeputati e servirebbe un’armonizzazione.

“Con la soglia del 4% fissata dalla legge italiana – spiega Besostri, dimostrando cifre alla mano l’effetto di certe discrasie – nelle elezioni europee 2009 oltre 4 milioni di elettori hanno votato per partiti rimasti sotto la soglia, una quota del 13,22% che rappresentava dopo Pdl e Pd il terzo partito, con circa un milione di voti in più della Lega. La lista SeL, con 953mila voti rimase fuori, eppure prese molti più voti dei complessivi 400mila elettori che diedero 5 deputati a Malta e dei 300mila che ne diedero 6 a Cipro”.

Esempi delle soglie di accesso stabilite da ogni Stato creano deformazioni della rappresentanza, tanto più che il Trattato di Lisbona ha stabilito che il Parlamento europeo rappresenta non più gli Stati membri, ma i cittadini della Ue.

Accanto alle altre questioni, ha spiegato Anna Falcone abbiamo sottolineato l’assenza nel nostro ordinamento di una norma che garantisca la parità di accesso alle candidature al Parlamento Europeo di uomini e donne. La legge n. 90/2004, che prevedeva il rispetto di quote neutre nella composizione delle liste, in modo che nessun sesso potesse essere rappresentato in misura inferiore a un terzo e superiore ai due terzi, non è più vigente, poiché riferita solo alle prime due tornate elettorali successive alla sua entrata in vigore. Violando, inoltre, il principio della parità tra donne e uomini, che il Trattato di Lisbona erige a valore comune dell’unione europea.

Redazione Avanti