Di che cosa stiamo parlando
Lo scorso 12 luglio l’Ufficio di presidenza della Camera ha approvato, su proposta del M5s, if taglio dei vitaizi per gli ex deputati, ricalcolati retroattivamente sulla base del sistema contributivo. Il presidente della Camera ha annunciato che il taglio sarà effettivo a partire dal gennaio 2019. Riguarda circa 1300 ex deputati. Ora moltissimi di loro hanno presentato ricorso. A favore della delibera avevano votato M5s, Lega, Pd e Fdi. Forza Italia si é astenuta e Leu non ha partecipato al voto.
Concetto Vecchio, ROMA
Nessuno di loro sa ancora con esattezza a quanti soldi dovrà rinunciare dal prossimo mese di gennaio, dopo il taglio dei vitalizi deciso a luglio dall’Ufficio di presidenza della Camera, ma in tanto poco più della metà dei 1300 ex deputati colpiti dal provvedimento ha presentato, o sta per farlo, ricorso. «Io ne ho già depositati oltre trecento, cento saranno inoltrati martedì, altri legali sono al lavoro su circa 300 cause», calcola Maurizio Paniz, uno dei cinque avvocati che assistono i ricorrenti. Per un totale di circa 700 appelli. Tutto questo contenzioso sarà affrontato dal Consiglio di giurisdizione, nominato dal presidente Roberto Fico lo scorso 27 luglio: significa che Montecitorio lo esaminerà in regime di autodichia, ovvero con un organo giurisdizionale interno. È un collegio composto da tre deputati, tutti con un profilo giuridico: Alberto Losacco, Pd; Silvia Covolo, Lega; Stefania Ascari M5s; l’esame avverrà nel corso dell’autunno, ma il corpo a corpo potrebbe durare mesi. La procedura prevede un secondo round, davanti al Collegio d’appello della Camera, e a quel punto, se non soddisfatti, gli ex parlamentari potrebbero ricorrere in Cassazione, davanti a un collegio di giudici; l’ultima parola arriverebbe verosimilmente in primavera, ben oltre l’entrata in vigore del nuovo regolamento.
Quella dei vitalizi tagliati (moltissimi ex deputati perderanno anche metà della loro attuale pensione, dopo la decisione della Camera del 12 luglio scorso), è stata definita dai Cinquestelle «una battaglia storica», salutata in piazza con palloncini e champagne. Secondo il loro leader, Luigi Di Maio, i ricorrenti ora stanno perdendo soltanto il loro tempo, come precisò a In onda lo scorso 26 luglio: «Andranno di fronte a un organo che ha le stesse sensibilità di chi ha votato i tagli». Il rischio che i primi due passaggi diano poche soddisfazioni agli ex è concreto: Pd, Lega e M5s votarono a favore della riforma, anche se il collegio «non è un tribunale politico, bensì un organo imparziale, di tutela giurisdizionale», come ha ricordato il presidente degli ex parlamentari, Antonello Falomi in una vibrata protesta al presidente della Camera Fico.
L’avvocato Felice Besostri, che difende un altro gruppo di ricorrenti, spiega che, a distanza di due mesi, l’entità del taglio non è stata ancora comunicata: un calcolo complicato, che avverrà caso per caso. Secondo Paniz, già deputato di Forza Italia tra il 2001 e i12013, la tabella allegata alla delibera non indica inoltre i criteri per la decurtazione per coloro che hanno cessato il mandato prima del 1976. «Ne assisto una quindicina, persone alla soglia dei novant’anni, per i quali si profila una scure dell’80 per cento. Le pare una cosa morale togliere quasi tutto a una persona che non potrà più contare su altre fonti di reddito?».
I ricorrenti temono che la decisione della Camera possa creare un precedente per poter toccare un giorno retroattivamente anche le pensioni degli italiani. La battaglia legale sarà quindi durissima. Lo scorso 3 agosto il Consiglio di Stato, su richiesta del Senato, che a differenza della Camera non ha ancora proceduto alla riforma, aveva confermato in un parere che era possibile procedere per regolamento, quindi non necessariamente per legge, escludendo possibili azioni legali contro chi aveva votato a favore; ma nel merito vanno rispettati i principi espressi dalla Consulta, ovvero che la nuova disciplina «non pregiudichi in modo irragionevole la situazione oggetto dell’intervento». Avevano quindi esultato un po’ tutti, i Cinquestelle e gli ex. Come finirà?
Fonte: La Repubblica