Una volta era la Toscana che tracciava la strada con le sue leggi elettorali regionali alle leggi elettorali per il Parlamento italiano il Toskanellum (1) ha preceduto il Porcellum e il Toskanellum (2) (la l. r. n. 51/2014) l’Italikum (l. n. 52/2015). Ora ci prova con la nuova legge per l’elezione del Sindaco e del Consiglio Comunale la Sicilia, che, come Regione Autonoma, è scampata alla furia revisionista del ddl costituzionale Boschi-Renzi salvando i suoi sperperi con aumento dei costi della politica. La rottura con il modello nazionale comunale è completa ed anche con l’Italikum. Non è forse un caso che sia stato un Tribunale siciliano, quello di Messina, a mandare per primo in Corte Costituzionale l’Italikum con un ordinanza del 17 febbraio scorso. Una scelta positiva, che rischiava però di azzerare gli altri 17 ricorsi se avesse fatto scuola sulla procedura: composizione collegiale ed intervento obbligatorio del PM.
Il prossimo 4 ottobre c’è il rischio che l’Italikum possa essere parzialmente annullato, nella parte in cui prevede un premio di maggioranza in seguito ad un ballottaggio. Dopo le elezioni di Roma e Torino il ballottaggio non è più popolare, quindi la Sicilia non lo prevede, se non nel caso che nessuna lista o coalizione raggiunga la nuova soglia per la conquista del premio di maggioranza. Non solo, abolisce anche il voto disgiunto tra candidato sindaco e liste collegate e il premio di maggioranza è assegnato in base al consenso della lista o delle liste collegate, che ottengano almeno il 40% dei voti validi. L’elezione diretta del Sindaco come persona non esiste più, deve essere l’espressione di una coalizione vasta, cioè di un sistema di partiti. L’ispirazione del tutto contingente è chiara si eliminano dalla scena singole personalità come Leoluca Orlando Cascio (47,42% al primo turno e 72,43% al ballottaggio alle comunali 2012) e il M5S, il primo partito isolano con le elezioni regionali 2012 con 285.202 voti e il 14,88%. Nel 2017 si rivota a Palermo e in Sicilia per l’ARS: niente scherzi anche perché il PD deve mandare a casa Crocetta per mettere Faraone.
Il nuovo sindaco, espressione dei partiti, apparentemente del tutto contraddittoriamente viene blindato chiedendo per la sfiducia una maggioranza del 60 per cento, che sale ai due terzi nei comuni fino a 5.000 abitanti. Le dimissioni contestuali della maggioranza assoluta dei consiglieri non basta più, si deve dimettere il 60 per cento: come possa governare un Sindaco con la maggioranza assoluta dei consiglieri all’opposizione resta un mistero, in realtà basta che non approvino il bilancio che il comune sia sciolto in seguito al commissariamento regionale, cioè in mano alla politica. Premio di maggioranza alla migliore minoranza, soglia di accesso elevata al 5%, nessun quorum di partecipazione per validità elezione: il rivoluzionario principio democratico una testa (non una pancia) un voto non vale più, specie se la testa vuol pensare e per pensare sapere, cioè essere informata. Quel che sorprende è l’incoerenza si danno premi di maggioranza ma non si elevano i quorum tranne quelli per la sfiducia. Uno statuto comunale si approva sempre a maggioranza assoluta, quindi non è nemmeno necessario il consenso della stessa maggioranza.
Il vertice dell’incongruenza è che non si son cambiate le norme sull’ineleggibilità che deve essere contestata nella prima seduta del Consiglio Comunale a maggioranza assoluta. Il sindaco si presenta con una maggioranza precostituita del 60%, che se lo dichiarassero ineleggibile, come Sala a Milano, il risultato sarebbe un auto-scioglimento del Consiglio comunale. Un effetto paradossale della parola d’ordine della democrazia governante, a qualsiasi costo, anche contro la maggioranza degli elettori: un bel viatico per una democrazia partecipata, piuttosto un’estrema unzione.
La critica è semplice, ma l’alternativa deve nascere dal voto, dal momento che evidenti incostituzionalità del sistema elettorale non basta farle dichiarare per via giudiziaria. L’incostituzionalità del Porcellum ha consentito ad un Parlamento di nominati, in grande maggioranza eterodiretti in spregio all’art. 67 Cost. del prevalente interesse della Nazione, di devastare la Costituzione e quindi di prepararsi a completare l’opera, anche se l’Italikum dovesse essere dichiarato incostituzionale, ma dopo che sia applicato alle prossime elezioni. Per i sistemi elettorali comunali e regionali la Corte Costituzionale ha giocato d’anticipo con le decisioni sulla legge elettorale comunale della Provincia Autonoma di Trento con la sentenza n. 275 del 2014, sulle elezioni di secondo grado di Province e Città metropolitane con la sentenza n. 50 del 2015 e infine, approfittando di una controversia sulla legge elettorale europea, per mettere al ripari proceduralmente tutte le leggi elettorali regionali presenti e future con la sentenza n. 110 del 2015: in sintesi i principi enunciati nella storica sentenza n.1 del 2014 non si applicano de plano agli altri sistemi elettorali e in ogni caso non la procedura seguita: accertamento del diritto di votare secondo Costituzione di competenza del Tribunale ordinario, più d’uno nelle singole regioni, ma solo impugnando i risultati elettorali davanti ad un unico TAR con sede nel capoluogo di Regione e dopo che la legge elettorale regionale in ipotesi incostituzionale ha esplicato i suoi effetti sulla stessa libertà di voto dei cittadini.
Le sorti della democrazia italiana sono in pericolo e non mi sembra che ci sia un chiara coscienza dei pericoli, altrimenti non si sarebbero celebrati nel 2012 i risultati siciliani e lo schieramento a sostegno di Leoluca Orlando. Abbiamo visto alla prova dei fatti che i successi legati ad una singola personalità di sinistra siano irripetibili, si tratti di Pisapia a Milano o di De Magistris a Napoli, se non si vuole porre fine all’anomalia italiana a sinistra, cioè l’inesistenza di una forza alternativa credibile di alternativa di governo. Continueranno politiche che colpiscono classi popolari e ceto medio e ha distruggono le autonomie in contrasto con un principio fondamentale della Costituzione repubblicana, in altre parole i pilastri sociali ed istituzionali della nostra democrazia . L’alternativa è solo il M5S? Se non ci piace quale è la nostra alternativa per incanalare la RABBIA VERSO UNA DIREZIONE DI RIFORME? Se si è contro ai premi abnormi di maggioranza a liste o coalizioni bisogna essere capaci di costruire alternative basate sul consenso elettorale e questa è una sfida anche per i pentastellati. Allo stato non ci sono molte speranze. Una volta pensavo che la sinistra fosse in difficoltà perché prigioniera del passato, ora constato che è condizionata dalla cronaca e quindi incapace di progettare un qualsiasi futuro.
Felice Besostri