Quando con leggi elettorali maggioritarie si son create maggioranze artificiali e raccogliticce nel Parlamento non vi è stata più la rappresentanza dei cittadini e neppure della Nazione, come richiedeva l’art. 67 Cost., ma la subordinazione dei parlamentari alle oligarchie dei partiti nei migliori dei casi o a un capo padrone negli altri. Dovevi ubbidienza a chi poteva candidarti nel collegio uninominale sicuro o al primo posto nel listino bloccato di recupero proporzionale con il Mattarellum (ma almeno restava un giudizio degli elettori del collegio) ovvero a chi ti collocava in posizione utile in liste bloccate regionali o, in pochi casi, provinciali con il Porcellum.

Per giudizio praticamente unanime la qualità media dei parlamentari si è abbassata, perché il criterio della fedeltà era quello prevalente. Non parliamo della moralità: c’è stata una compravendita di senatori acclarata giudizialmente con l’autore salvato dalla solita prescrizione. In questo ultimo parlamento, il cambio di casacca, con passaggio dall’opposizione all’area governativa, il contrario è più raro come comportamento, ha riguardato 146 deputati su 630 con 205 passaggi, mentre al Senato ben 117 senatori su 315 elettivi con 175 spostamenti: qualcuno ha fatto più di un cambio di gruppo parlamentare. Dovremmo togliere all’epoca di Agostino De Pretis l’etichetta del trasformismo o, quantomeno, non ritenerla una caratteristica esclusiva. Certamente una certa inclinazione individuale al compromesso per interessi personali gioca un ruolo in questo degrado della politica, ma quando è favorito dalle leggi elettorali viene meno ogni pudore e anche l’ipocrisia, che come si dice è l’omaggio del vizio alla virtù. Se si deve essere fedeli ad un capo, cui si deve la nomina a deputato o senatore, quando gli interessi non coincidono, si deve trovarne un altro, che garantisca la rielezione. Ciò è puntualmente avvenuto per i passaggi del 2008 nelle successive elezioni del 2013. Non farò i nomi, perché sarebbero i soliti due, mentre il fenomeno è stato più ampio.

Ovviamente non il solo sistema elettorale è responsabile del fenomeno, ma l’allentamento dei vincoli ideologici, che sarebbe meglio chiamare di sentimento di appartenenza ad una comunità di valori. Non era tutto oro la militanza fideistica, la disciplina di partito a prescindere, ma l’allentamento non ha portato ad una militanza più consapevole e partecipata, ma ad un individualismo esasperato, con il proprio interesse personale assunto come metro di giudizio prevalente, quando non esclusivo. E’ vano pensare a società perfette, dove fosse risolto il paradosso della democrazia, che presuppone che la maggioranza abbia le virtù che di norma sono di pochi. Ma il rispetto dei valori costituzionali sì: il divieto di mandato imperativo si giustifica soltanto se il parlamentare cambia gruppo nel supremo interesse della Nazione, che rappresenta ex art. 67 Cost. e perché il partito o lista che lo aveva eletto voleva impedirgli di adempiere le funzioni pubbliche con disciplina ed onore, come impone l’art. 54 Cost.: ogni altra ragione non giustifica il voltagabbana. Ci vuole come antidoto un sistema elettorale dove ogni parlamentare possa essere giudicato dai suoi elettori e perciò ci deve mettere la faccia. Il voto uguale, libero e personale dell’art. 48 Cost. non è garantito dall’Italikum, che il Presidente della Repubblica ha promulgato con troppa fretta nel maggio 2015, senza ragione alcuna dal momento che prevedeva l’integrale applicazione soltanto a partire dal 1° luglio 2016.

Lui e solo lui, fino all’approvazione del ddl Renzi-Boschi di revisione costituzionale è il garante della Costituzione, dopo sarà diminuito nei suoi poteri di nomina del Presidente del Consiglio pur previsti dal tuttora vigente art. 92 Cost., di sanzionare con lo scioglimento la Camera che non osservi il principio di leale collaborazione degli organi costituzionali. Il Presidente della Repubblica sarà condizionato dal vincitore del premio di maggioranza alla Camera dei deputati, che grazie all’irrazionale diminuzione dei Senatori a 100 si è di fatto assicurato la maggioranza del Parlamento in seduta comune, che scenderà dagli attuali 476 ad appena 366, appena 26 voti di parlamentari in più dei 340 assicurati dall’Italikum. In realtà molto meno con gli eletti della circoscrizione estero e i consiglieri e sindaci senatori del suo stesso partito. Per la prima volta un partito solo, grazie ad una maggioranza artificiale e drogata tiene sotto scacco il Presidente della Repubblica. Basta fare appelli perché intervenga a tutela della Costituzione, siamo noi che dobbiamo accogliere il suo silente appello di liberarlo dal Presidente del Consiglio.

Felice Besostri