Presidente del Gruppo del Gruppo di Volpedo[1]

Premessa

La limitazione a 20 minuti della relazione introduttiva comporta la sua incompletezza. Spero che il dibattito provveda a colmare le lacune

In particolare, il tema della sinistra e la guerra meriterebbe maggiore spazio, in riferimento all’Ucraina, che è scoppiata nel 2014, ma lasciata a marcire per 8 anni, fino all’aggressione russa del 24 febbraio scorso. Le Monde Diplomatique, uscito oggi col Manifesto, vi dedica un dossier e l’editoriale di Serge Halimi “Una sinistra disarmata”. Per l’importanza della questione tra i documenti preparatori dell’evento troverete il testo del discorso di accettazione del Premio della Pace del 1983 di Manès Sperber. Come la guerra civile ucraina del 2014 dopo il 120° anniversario del 2012, ci sono stati eventi che marcano la nostra epoca nel 2013 l’elezione di Papa Francesco e nel 2016 l’elezione di Donald Trump a presidente degli USA.

La pace, non solo in Ucraina, le migrazioni senza distinzione tra economiche, ambientali o cause di protezione internazionale (diritto d’asilo), riscaldamento climatico, diseguaglianze dello sviluppo, globalizzazione economica e finanziaria pongono problemi planetari non affrontabili dallo stato nazionale, ma neppure dalle organizzazioni internazionali esistenti: il caso più evidente è quello dell’ONU.

Neppure organizzazioni regionali continentali istituzionali, come UE, OUA, ASEAN o informali come G7 o G20 sono adeguate. Nelle organizzazioni internazionali con poteri effettivi come il Fondo Monetario Internazionale, sono rappresentati i Governi, non i Parlamenti, che quando sono rappresentati con delegazioni parlamentari come Consiglio d’Europa, OSCE, OCSE (ho fatto apposta a non sviluppare gli acronimi) e persino NATO[1] non se ne occupano. I Parlamenti, almeno quello italiano, non dettano direttive, ma neppure si fanno relazionare sulla loro attività.  Una volta un esponente del Labour disse che l’unica nazionalizzazione perfettamente riuscita a sinistra è stata quella del movimento operaio e socialista e non è andata meglio nel mondo comunista, quando era chiaro che l’URSS dettava la politica dell’Internazionale Comunista e non quest’ultima al PCUS.  Ora non ci sono più Internazionali, né socialiste, né comuniste con un minimo di autorevolezza, a parte la IV Internazionale, che non è sola perché sono in 2.  I partiti europei non sono partiti, ma confederazioni di Partiti, ora hanno il vantaggio di esentare per le elezioni europee i loro partiti membri da raccogliere le firme per presentarsi alle elezioni, ma non di vincolare i loro gruppi parlamentari nel PE, che si sono divisi nell’elezione della Presidente della Commissione. 

Ebbene nei tempi passati la sensibilità internazionale era superiore nei Partiti di Sinistra. Si è smantellata l’Internazionale socialista, senza sostituirla visto il fallimento di una Internazionale Democratica, di cui si era vagheggiato ai tempi dell’Ulivo mondiale con Clinton e Blair: ora se ci fosse stata avrebbe dovuto aprirsi a Macron (e Calenda?).

Nella riconvocazione dovremmo dare più spazio alla dimensione internazionale, per non ridursi a europeismo d’accatto e atlantismo gregario.

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Questa iniziativa fa seguito a quella di 10 anni fa a Genova sul 120° della fondazione nel 1892 del Partito del Lavoratori Italiani, il primo partito nazionale e unico del movimento operaio e socialista del nostro paese. Un evento in presenza nella medesima Sala Sivori dove si celebrava un congresso dal quale si separarono i fondatori del Partito, che negli anni successivi assunse dapprima il nome di Partito Socialista dei Lavoratori Italiani e successivamente di Partito Socialista Italiano.

Il PSI rimase il partito unico, ma non unitario, dei lavoratori italiani fino al 1921.

La scelta del riferimento al Partito dei Lavoratori non è mero scrupolo filologico storico, come 130° anniversario del PSI abbiamo avuto altre celebrazioni in questo anno, prima delle elezioni dello scorso 25 settembre, in cui un Partito Socialista, ospitato in una lista del PD, non ha avuto nemmeno un eletto nella Camera dei deputati.

Queste elezioni sono state vinte per la prima volta da una coalizione capitanata da un partito in gran parte erede/nostalgico del regime totalitario, che ha preceduto quello democratico, che ha il suo fondamento in una Costituzione, non ancora attuata nella

Sua totalità.

Questa Costituzione ha le sue radici storiche e valoriali nella Resistenza e nella lotta di Liberazione. A mio avviso al 2 giugno va associato il 25 aprile, piuttosto che il 4 novembre, come si è cominciato a adombrare complice la ricorrenza più prossima.

Già nel 2021 ero dell’opinione che fosse opportuno celebrare il 130° anno passato dal 1891, piuttosto che il centenario della fondazione del PCI, un partito non più formalmente esistente con la celebrazione a Rimini, città fatale anche per il PSI, del suo XX° e ultimo  congresso il 31 gennaio 1991, cui seguì il 3 febbraio la nascita del Partito Democratico della Sinistra, avente come simbolo una quercia e, notevolmente ridotto, il vecchio simbolo del PCI della falce e martello posto simbolicamente alla base del tronco dell’albero, vicino alle radici. La sigla PDS era la stessa del Partito fondato a Berlino l’anno prima, il 4 febbraio, dagli eredi della SED (Sozialistische Einheitspartei Deutschland) il nome del Partito comunista della DDR, la Repubblica Democratica Tedesca, che sarebbe scomparsa con la caduta del Muro di Berlino il 9 novembre 1989, evento al quale del tutto casualmente ho avuto l’occasione di partecipare. Il PDS tedesco era, tuttavia, il Partei des Demokratischen Sozialismus[2], il Partito del Socialismo Democratico.

Il riferimento al 1891 si imponeva perché in quell’anno non c’era ancora un partito nazionale rappresentativo della classe lavoratrice come in altri paesi europei, ma c’erano speranze e progetti, che si sarebbero in gran parte realizzati l’anno successivo.

Un Partito di Sinistra, con le stesse finalità di riscatto e protagonismo politico e sociale, adesso non c’è più in quest’anno 2022, come drammaticamente evidenziato dai risultati elettorali. Quando, invece, sarebbe necessario.

Un partito, che assolva ai compiti politici e storici, che spettano ad un partito dei lavoratori italiani, non c’era già più nel 2021 e nemmeno rappresentativo, in posizione egemonica, del complesso della sinistra in senso largo, come confermeranno le elezioni di quest’anno a tutti, PD compreso.

La formazione più votata tra quelle di opposizione, il Partito Democratico, dalla sua fondazione non si autodefinisce di sinistra, vi ricordate la famosa intervista del 1° marzo 2008 a El Pais del neosegretario Walter Veltroni «Siamo riformisti, non di sinistra», come dimostrerà alle elezioni politiche del 13-14 aprile 2008?

In tali elezioni non riuscì ad avere successo nell’obiettivo principale di essere alternativa al centro-destra a guida Berlusconi, che stravinse con una maggioranza mai vista, ma solo in quello parallelo, in nome della vocazione maggioritaria, di impedire la presenza in Parlamento di ogni altra sinistra da quella Verde-Arcobaleno a quella socialista[3], privilegiando, in alternativa, unicamente l’Italia dei Valori[4] di Antonio Di Pietro, l’ex PM di Mani Pulite/Tangentopoli.

L’esclusione della sinistra, radicale o riformista che fosse, fu perseguita anche alle elezioni europee del 2009, con l’introduzione d’intesa con Forza Italia della soglia del 4% con la legge n. 10/2009 pochi mesi prima delle elezioni, che lasciò senza rappresentanza 3.666.661 di voti validi dati a formazioni già rappresentate nel PE, di cui 1.995.684 voti, il 6,52%, delle 2 liste di sinistra, PRC-PdCI Uniti e Sinistra e Libertà, quest’ultima il primo e finora unico tentativo di una formazione rosso-verde di unione di comunisti, socialisti e ambientalisti[5]

In ogni caso il PD non è la formazione politica più votata dai lavoratori dipendenti pubblici e privati stabilizzati, dai lavoratori precari, travestiti o meno da “partite IVA” o in nero e dai disoccupati e nemmeno dai lavoratori autonomi come gli artigiani o piccoli contadini e commercianti, un tempo inquadrati in organizzazioni collaterali social-comuniste.

Nel 2012 il PD non aveva ancora aderito, a differenza del PDS, dal 1992, e dei DS (1998-2007), al Partito del Socialismo Europeo-PSE, cui aderì soltanto nel 2014 in vista delle elezioni europee di quell’anno, ritengo unicamente per poter partecipare alla spartizione delle cariche assicurate dall’accordo PPE-PSE[6], ottenendo un cambiamento del nome in PSE-Socialisti & Democratici, più consonante con quello del Gruppo nel Parlamento europeo, Alleanza progressista di Socialisti e Democratici. Soltanto nell’Assemblea Parlamentare del Consiglio d’Europa, il Gruppo Socialista (SOC), di cui sono stato per breve tempo Vicepresidente, come successore di Umberto Ranieri, non ha mai cambiato nome ed è uno dei 5 gruppi politici con il Partito Popolare europeo (PPE), l’Alleanza dei Democratici e dei Liberali per l’Europa (ALDE), il Gruppo della Sinistra Unitaria Europea (GUE) e il Partito dei Conservatori Europei (CE): una suddivisione politica più semplice e chiara di quella dei 7 gruppi del Parlamento europeo, dove un  Gruppo  nettamente di destra, in serrata competizione con Identità e Democrazia[7], è quello dei Conservatori e Riformisti europei, di cui fanno parte anche Fratelli d’Italia e  la spagnola Vox.

Un segnale in più per diffidare dell’aggettivo e del sostantivo riformista a sinistra, per l’uso che ne è stato fatto. Una diffidenza condivisa da Turati e Matteotti, che quando si separarono dal PSI, chiamarono il loro Partito unitario e non riformista, il termine

Riformismo contrapposto a Massimalismo non comparve neppure al Congresso di Livorno del 1921, la mozione della minoranza si intitolava “Concentrazione socialista”.

Tra i documenti preparatori di questo evento vi è il testo della lettera invito al 120° anniversario, che conserva una sua validità, ma una parte dovrebbe essere modificata o meglio precisata.

Laddove si affermava che “La dimensione europea richiede una sinistra che faccia parte di partiti politici europei sovranazionali con una effettiva affinità politica, ideale, valoriale, progettuale e programmatica. In questo contesto è il campo del socialismo europeo, come la maggior forza progressista esistente, quello cui partecipare a pieno titolo e comunque cui guardare prioritariamente.” Nella discussione sulla fondazione di un partito nuovo della sinistra in Italia non può essere posta come pregiudiziale l’adesione al PSE, piuttosto che alla Sinistra Unita Europea o ai Verdi Europei, ma come si intende partecipare alle elezioni europee del 2024, in una situazione mutata, con il tramonto già iniziato della diarchia PPE-PSE, che aveva i suoi presupposti nella esclusione di alleanze a destra del PPE e a sinistra del PSE. La maggioranza Ursula ha spaccato i gruppi politici, ma è stato un viatico per la normalizzazione del M5S.

Per vincere in paesi come la Francia i gollisti devono accordarsi con il Front National e in Germania la CDU/CSU con Allianz für Deutschland, se non riesce a catturare i Verdi. La socialdemocrazia, persino nei paesi scandinavi, dove ha governato per decenni con la maggioranza assoluta conquistata senza premi di maggioranza, può essere il partito di maggioranza relativa, come in Svezia nelle ultime elezioni, ma non governare. Né è bastato il maggioritario con ballottaggio ad assicurare per sempre in Francia una dialettica destra/sinistra, rappresentate rispettivamente dai gollisti e dai socialisti, quando il sistema politico è tripolare.

L’Italia è il paese più prolifico come varietà di sistemi elettorali, dal proporzionale quasi puro al Mattarellum, Porcellum e infine Rosatellum, per non parlare del mai applicato Italicum, dei quali due ufficialmente incostituzionali e l’ultimo fortemente sospetto di esserlo in parte.

Mi sono convinto che proprio queste varianti siano alla base delle attuali difficoltà della sinistra e paradossalmente, come vedremo, proprio la vittoria dell’Ulivo nel 1996 contro un CDX a guida Berlusconi, senza Lega Nord, che arrivò secondo nei collegi ,uninominali maggioritari, ma che sarebbe stato un buon avvertimento non tenere conto dei seggi uninominali dell’Ulivo 228 superiori ai 169 del Polo delle Libertà, ma preoccuparsi della parte proporzionale della Camera, che assegnava con voto disgiunto e scorporo vietati dal Rosatellum, soltanto un quarto dei seggi, ma con la partecipazione dell’intero corpo elettorale: ebbene l’Ulivo scendeva al 34,71% e il CDX superava il 43,75%. Non solo la somma di CDX, con CCD-CDU, e Lega Nord superava quella di ULIVO e Rifondazione Comunista.

 Il PDS era chiaramente il partito egemone nell’Ulivo, ma l’ispiratore e leader dell’Ulivo era Romano Prodi e parafrasando Zhou Enlai (Chou En-lai) a proposito di USA e URSS “Si può dormire nello stesso letto, ma fare sogni differenti”, i progetti del PDS e di Prodi non coincidevano.

Il progetto della maggioranza del PDS era quello emerso, ma non completato, con gli Stati Generali della Sinistra di Firenze del 1998, con un nuovo partito parte della famiglia socialista europea, ma non dell’Internazionale Socialista, ricostituita a Francoforte nel 1951, in piena Guerra Fredda.

Romano Prodi era, invece, convinto -e lo scrisse sulla rivista della Curia di Bologna, il Regno- che con la caduta del Muro di Berlino non sarebbe crollato soltanto il comunismo sovietico a Est, ma anche la socialdemocrazia a Ovest.

Il cambio della guardia nel dicembre 1999 alla guida del Governo e nel Partito DS ha fatto sì che il progetto di unità a sinistra non si completasse, mentre quello del Partito dell’Ulivo fosse solo rinviato al 2007.

Anche il clima sarebbe cambiato in Europa dal 1999, quando nella U.E. a 15 ben 12 governi erano a guida di Primi Ministri espressi da partiti membri del PSE: ma non fu il trionfo della socialdemocrazia classica perché in paesi come il Regno Unito e la Germania la linea trionfante era la “Terza Via” del Labour o il “Nuovo Centro” della SPD. Inoltre, Romano Prodi in seguita alle elezioni europee del 1999 sarebbe stato il nuovo presidente della Commissione fino al 2004: gli anni dell’introduzione dell’euro come moneta di scambio, della firma del Trattato di Nizza (entrata in vigore 2003) e dell’allargamento all’ Est Europa, salvo Cipro e Malta (UE a 25), che con il senno di poi avrebbe più profittato alla Nato che alla coesione della UE.

Posso notare di passaggio, in questo nostro contesto, che nelle elezioni del 1999 il PSE era il secondo partito dietro il PPE e quindi Prodi, non a caso, vista la sua provenienza, era il frutto del loro accordo e che con l’allargamento sarebbero cessate le speranze per il PSE di ridiventare il primo partito come lo è stato negli anni ‘80, tanto più visto l’indebolimento dei suoi partiti membri in Italia (prima e dopo l’episodica fiammata del 2014) e Francia e a causa della Brexit nel 2016 non potrebbe profittare di una  per quanto eclatante vittoria del Partito Laburista in Gran Bretagna.     
Dopo la Presidenza Prodi ritorna in Italia, vince di misura (+0,07%), grazie all’incostituzionale Porcellum e alla SVP (0,48%), le elezioni 2006, che accelereranno la formazione del PD, che nel suo DNA o nel subconscio dei suoi protagonisti promotori portava l’alternativa, di netta opposizione ad un progetto di riunione di sinistra, quantomeno delle sue componenti ideali storiche. Degli effetti delle elezioni 2008 abbiamo parlato all’inizio.

Poiché non ho ricette o magiche intuizioni per una formazione politica unica della sinistra scomparsa in questi 130 anni, e quale forma dovrebbe a assumere -sul punto è interessante il contributo del compagno Pietro Folena- pur partecipando con la compagna Anna Falcone e il compagno Fabio Vander (in altri tempi prima del governo del Presidente[8], avrei scritto i compagni) all’elaborazione di un documento in fase di bozza, posso solo sperare che sia non solo unico, ma anche unitario e plurale, non sono termini antitetici, perché retto da uno Statuto democratico, cui una legge di attuazione dell’art. 49 Cost. dia valore vincolante, e la cui inosservanza possa come in Germania essere portata in giudizio.

Vorrei, anche, che un singolo cittadino elettore possa portare direttamente in Corte costituzionale, come esponente del corpo elettorale, cioè del popolo, cui appartiene la sovranità e che dovrebbe esercitarla, come stabilisce l’art. 1 della nostra Costituzione, se non fosse possibile che un gruppo parlamentare possa chiedere un controllo preventivo delle norme in materia elettorale, perché è escluso, se la legge elettorale non è costituzionale, che  i parlamentari, anzi ognuno di essi, come richiede la Costituzione (art. 67) possano rappresentare la Nazione senza vincolo di mandato ed esercitare  la funzione rappresentativa con disciplina  e onore (art. 54 Cost.). La legalità del Parlamento del Parlamento non è in discussione, ma la sua legittimazione politica sì.

L’aumento dell’astensione ne mina la rappresentatività effettiva.

Vorrei concludere, perché sono più interessato a ascoltare i contributi vostri, ma devo dedicare alcune riflessioni legate alla situazione contingente.

Se il Parlamento è centrale, non solo per formale rispetto del suo ruolo costituzionale, ma nei fatti, la rappresentanza parlamentare che a parole difende la Costituzione dovrebbe dare segnali precisi di rottura col passato specialmente i due gruppi maggiori, PD-Italia Democratica e Progressista e M5S-2050.

Se una coalizione, che non rappresenta la maggioranza del corpo elettorale e non deve avere un programma comune, è premiata con una maggioranza del Parlamento in seduta comune che le consente di cambiare la Costituzione, in assenza di controllo di costituzionalità sul referendum ex art. 138 Cost., di eleggere un Presidente della Repubblica dal 4° scrutinio e  molto vicina ai 3/5 per eleggersi 5 giudici costituzionali e i membri laici del CSM, significa che non si è tenuto conto dei principi in materia elettorale affermati in due sentenze della Corte costituzionale.

La legge elettorale vigente è stata imposta con 8 voti di fiducia del governo Gentiloni e aggravata dalla legge n.51/2019 e dall’eccessivo taglio dei parlamentari sotto i governi Conte. Tutti i governi da Gentiloni a Draghi, quindi con partecipazione sia di PD che di M5S hanno dato precise istruzioni all’Avvocatura dello Stato di opporsi alla remissione alla Corte costituzionale, malgrado il solenne giuramento di osservare la Costituzione prima di assumere le funzioni nelle mani del Presidente della Repubblica (art. 93 Cost.). Dovrebbero pervenire segnali di pentimento o almeno di resipiscenza.

Un punto deve essere chiaro la sinistra unita del futuro deve avere l’attuazione della Costituzione come suo faro, perché è il miglior modo di difenderla e non può sottrarsi dal prendere come suo compito quanto il secondo comma esige “È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese.


[1] La delegazione italiana come si è espressa sulla fornitura di armi all’Ucraina? Per sapere chi sono quelli della precedente legislatura link: https://www.parlamento.it/leg/18/BGT/Schede/Bicamerali/v3/4-00093.htm

[2] Dal 1989 al 1990 Sozialistische Einheitspartei Deutschlands – Parte des Demokratischen Sozialismus (SED-PDS). Dal luglio 2005 cambiò per la terza volta il nome in  Linkspartei.PDS (Die Linke.PDS). Infine dal 16 giugno 2007 in seguito alla fusione con la formazione di Oskar Lafontaine, fuoruscita dalla SPD diventò la Linke. 

[3] Non superando nessuna lista la soglia del 4%, ma raccogliendo complessivamente le 4 liste (Sinistra Arcobaleno, Socialisti, Partito Comunista dei Lavoratori e Sinistra Critica) 1.856.91S voti (5.13%). Voti nelle elezioni successive a liste a sx del PD: 2013 1.944.003 (5,71% di cui 3,20% SEL) – 2018 1.623.123 (4,94% di cui 3,39% LeU) – 2022 1.446.211 (5,15% di cui 3,63% Alleanza Verdi SI). Per un confronto, nelle elezioni 1924 con la legge Acerbo PSU, PSI e PCdI voti 1.051.842 (14,67% di cui 5,90% PSU).

[4] Italia dei Valori ottenne 1.594.024 voti, il 4,37%, più della somma di Sinistra Arcobaleno e PSI pari a 1.479.703 voti, il 4,20%.

[5] Mentre accordi parziali se ne sono sempre fatti, da ultimo con l’Alleanza Verdi Sinistra, in coalizione col PD.

[6] Senza l’adesione al PSE il PD non avrebbe avuto la nomina dell’evanescente Federica Moneghini quale Alto rappresentante per gli Affari esteri e la Politica di sicurezza della Commissione UE dal nov. 2014 al nov. 2019 e nella legislatura successiva la Presidenza del Gruppo per il socialista Gianni Pittella e nell’ultima la Presidenza PE per Sassoli

[7] Con Lega Salvini, Front National e Alternative für Deutschland per esempio.

[8] Mi permetto di consigliare all’on. Meloni, di cambiare il nome di Presidente del Consiglio dei Ministri, Presidente si scrive uguale al maschile o al femminile in Primo Ministro