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Egregio Signor

John R. Phillips

U.S- Ambassador

Villa Taverna

Rome

 

Milan, september 22nd 2016

The main goal of the so called Constitutional reform is to overcome the  equal bicameralism (bicameralismo paritario): two legislative chambers with equal powers, the system applied also in the US.

According to this proposed reform, the new Senate will no more be elected directly by the citizens but by the regional assemblies, differently to the US Senate, today being elected by the citizens. As you remember, in the past the US Senate was elected by the States, the procedure which brought US into high corruption and that’s why later reformed.

In addition to this constitutional reform, the mantra of those who are in favour of  the new electoral law is the fact  that you know the winning party in the same evening of the Election Day.

Also in the US, the same day of the election you know who is becoming President but at the same time it is also very important to know the allocation of  Senat (1/3) and House of Representatives seats. On the top of it, you have the additional control represented by the mid – term elections.

I would also like to point out that article 90 of the Constitution, concerning the impeachment of the President of the Republic, which requires the absolute majority,  is not going to be modified by the proposed reform.

For this reason, while nowadays you need 476 votes to impeach the President (630 of the Chamber plus 315 of the Senate plus 5  life and ex officio Senators), in the future, according to the reform, it would be sufficient to achieve 366 votes (630 of the Chamber plus 100 of the Senate).

The winning party, according to new electoral law, achieving 340 seats in the Chamber, it means that only 26 extra votes will be needed to impeach the President.

As you know, in the US this procedure requires 2/3 of the votes of the Senate after the vote of the House of Representatives

Would be the US ready to follow Italy in this kind of reform?

Felice C. Besostri

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Referendum, John Phillips mette una toppa alla polemica. L’ambasciatore Usa incontra i comitati per il No

di Barbara Acquaviti

Gli inviti sono stati recapitati il 15 settembre, due giorni dopo il ‘casus belli’. Ma la prima cosa che l’ambasciatore americano a Roma, John Phillips, ci ha tenuto a sottolineare è che la sua decisione di aprire le porte di villa Taverna ai rappresentati dei comitati per il no al referendum era stata presa “a prescindere”. Indipendentemente, cioè, da quelle sue dichiarazioni (“La vittoria del sì sarebbe una speranza per l’Italia, mentre se vincesse il no sarebbe un passo indietro”) che erano state lette come un endorsement a favore del ddl Boschi scatenando proteste politiche e provocando un mezzo incidente diplomatico.
In una sala con vista giardino dell’ambasciata, a parlare per un’ora e mezza di referendum, sono stati chiamati non soltanto gli esponenti del comitato dei ‘professori’ presieduto da Alessandro Pace, ovvero Massimo Villone e gli avvocati Felice Besostri e Pietro Adami, ma anche Guido Calvi, che presiede i comitati istituti da Massimo D’Alema, Giuseppe Gargani del comitato popolare per il no e il presidente emerito della Corte costituzionale, Antonio Baldassarre. Dall’altra parte del tavolo, oltre all’ambasciatore, anche la vice ambasciatrice e il consigliere politico.

Già dalle prime battute, raccontano, Phillips ha provato a sgomberare il campo dalle polemiche, spiegando che le sue parole sono state “amplificate” ed “esagerate” dal circo mediatico. “Sono contento – avrebbe spiegato – di ascoltare le vostre ragioni. E’ mio compito cercare di rappresentare quelli che possono essere gli interessi degli investitori americani in Italia”. Nessuna intenzione, avrebbe dunque sottolineato, di fare ingerenze nella politica italiana, anche se la sostanza resta: “Gli investitori – avrebbe proseguito – traggono giovamento da un quadro politico più stabile che, a quanto dicono, sarebbe prodotto da questa riforma”.

Ed è esattamente questo il punto che gli esponenti del comitato per il no avrebbero confutato maggiormente. “Nel mio intervento – dice Felice Besostri – ho spiegato come questa revisione costituzionale combatta tutto ciò che invece è pane quotidiano negli Stati Uniti, come il bicameralismo paritario e l’elettività del Senato. Inoltre, per la prima volta, consentirebbe la messa in stato d’accusa del presidente della Repubblica per volere di una forza politica, visto che basterebbero 366 deputati per farlo”.

Ancora più pragmatica la motivazione usata dall’avvocato Adami. “Questo sistema – spiega ad Huffington – può portare facilmente al governo assoluto anche una forza minoritaria antisistema. E questo, in presenza di una sola Camera, di certo non favorisce la stabilità che a loro interessa così tanto”. “Insisto – argomenta poi Massimo Villone – sul fatto che questa storia della stabilità e della fine del mondo in caso di sconfitta del referendum sia fuori misura. So che è uno dei temi su cui batte la propaganda, ma sostenere che scenari da calamità naturale si possano evitare taroccando il sistema mi sembra demenziale”.

Inevitabile che il discorso finisse sull’Italicum e il famoso “combinato disposto” con il ddl Boschi. L’ambasciatore ha infatti chiesto ai suoi ospiti se una modifica della legge elettorale avrebbe fatto mutare la loro opinione sulla riforma costituzionale. La risposta è stata un deciso no. “Non cambierebbe nulla – rimarca Alessandro Pace – perché questa riforma è talmente viziata… Basta pensare che questo Senato rappresenta le autonomie territoriali ma nella nuova Costituzione le stesse non hanno alcun ruolo perché gli vengono tolti tutti i poteri. Questa struttura non si sa a cosa serva ma continua comunque a esercitare la potestà legislativa e di revisione costituzionale”.

L’incontro si è concluso con Phillips che ha ringraziato gli ospiti “per il loro contributo” e promesso che ne farà “tesoro” ma, come a voler riaffermare una posizione di terzietà, ha annunciato che a breve incontrerà anche i comitati per il sì.

Fonte: Huffington Post

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