«Purtroppo – data la difficoltà di viaggiare per la mia tarda età – non potrò essere presente a Roma sabato 15 per la nascita di Rete Socialista Socialismo Europeo. Desidero però che giunga il mio giudizio positivo in quanto questa rete può essere importante per costruire una sinistra del nostro tempo, come centro di informazione, di discussione, di critica e autocritica, di proposte. Non mi dispiace neppure che nasca nel nome augusto del Socialismo, mentre il socialismo è in crisi. C’è del resto, vivo e operante, nell’Unione Europea un partito socialista, sia pure disomogeneo, senza una politica unitaria né idee rinnovatrici. Tuttavia i valori del socialismo sono una conquista irrinunciabile della nostra civiltà, al di là del nome che può anche scomparire, come spesso accade, la sinistra italiana l’ha già fatto dato che, salvo l’esistenza di un piccolissimo partito socialista, si è data il nome di Partito Democratico, mentre intorno a Renzi si sente aleggiare il futuro nome di un pericoloso Partito della Nazione.

Ma non di nome si tratta: qualunque sia il tipo di Stato del XXI sec. i valori dei socialisti devono essere presenti nella dialettica democratica che lo deve caratterizzare. Non ci sono fin d’ora più le vecchie destra e sinistra, ma ci sarà sempre uno schieramento frenante, conservatore e uno schieramento più dinamico, tendente allo sviluppo e perciò alle riforme. Una volta disse Carlo Rosselli: “Il socialismo è una marcia eterna”. Perché questa eternità si realizzi nello Stato nuovo la nostra Rete dovrà impegnarsi come ad un suo compito prioritario.

Ma se il Socialismo è vivo, le polite socialiste sono morte. Non sono più sostituibili, ma occorre esaminare a fondo il perché e capire bene come devono essere sostituite. Sinteticamente elencherò i punti chiave che, a mio parere, anche la Rete deve porre sotto la proprio attenzione.

I partiti Socialisti non sono più alternativi. La grande epopea del movimento operaio che con le sue lotte secolari, ha fortemente contribuito a formare la democrazia moderna, è cresciuta nell’impegno di costruire un mondo più giusto ed umano: il Sole dell’Avvenire alternativo al Capitalismo. Vi si poteva arrivare, come credevano Lenin e i comunisti per via rivoluzionaria (e fu la rivoluzione di ottobre, ma fu anche il fallimento) o per via di riforme (e fu la grande stagione social democratica, ma la fine fu anche la sua crisi irreversibile).

–    Il crollo dell’Unione Sovietica mise in crisi la fiducia nelle politiche economiche sviluppate con l’intervento dello Stato e diede fiato alla controffensiva delle destre e all’economia del mercato fino a giungere all’ideologia del mercato. Le sinistre non furono capaci di opporsi ed esse stesse accettarono l’economia di mercato e la sua ideologia divenne il pensiero unico. Se esse conservavano l’attenzione per le cause di giustizia e per le classi lavoratrici, lo fecero ormai all’interno dell’economia del mercato. Forse non si riflette abbastanza come la criticata ed errata politica di rigore della Merkel è condotta da un governo di grande coalizione di cui fanno parte non piccola, i socialisti. Né si vede un partito socialista europeo impegnato concretamente per la riforma democratica dell’Unione Europea e delle sue strutture. In Italia mi ha colpito che il Presidente Bersani vantasse, non alcune selezionate privatizzazioni, ma le sue “lenzuolate”, così come mi è sempre dispiaciuto sentir chiamare il suo Partito “la ditta”. Anche il linguaggio è il linguaggio del mercato. Ma se la sinistra non è più alternativa perde la sua ragione d’essere.

Le politiche socialiste non sono più possibili. Infatti esse potevano essere attuate soltanto quando esisteva la piena sovranità nazionale. Questa sovranità non c’è più. Pensate all’impossibilità delle manovre monetarie ed alle svalutazioni tante volte usate nella politica economica. Pensate ai poteri decisionali della stessa Unione Europea, del Fondo Monetario Internazionale, della Banca Mondiale, dell’Organizzazione Mondiale del Commercio, della Banca Centrale Europea, per vedere con tutta evidenza l’impossibilità delle politiche che hanno condizionato la nostra storia. Intendiamoci: l’ideologia del mercato è fallita ed è alle origini della crisi, ma ha sopravvissuto la sua ideologia che informa tutti i poteri decisivi europei ed internazionali. Del resto l’intervento dello stato non è stato affatto rifiutato, ma richiede ed è il suo intervento che ha permesso, per esempio, il salvataggio delle banche, ma è voluto per ripristinare il mercato. Del resto gli stati che si chiamano “sviluppasti” perché impegnati con successo nello sviluppo economico e che sono Giappone, Corea del Sud, Cina, conducono economie fermamente dirette dello stato, ma per dar vita ad un capitalismo efficiente. Paradossalmente è anche la politica della Cina comunista. Ed allora è inevitabile la domanda: che fare?

–  Cambiare l’Italia. E’ sotto questo segno che Renzi ha vinto ed è la parte più positiva della sua entrata in campo, perché con l’attuale Stato che ci governa non sarà mai possibile attuare una nuova politica e costruire una nuova sinistra. Occorre una rilettura attenta della nostra storia ed una severa autocritica e l’elaborazione di una agenzia politica di riforme che non è detto coincida con la politica di Renzi, ma che deve tener conto anche della sua politica, che oggi non ha in pratica alternative . La storia delle Repubblica Democratica comincia con un gravissimo errore che ha condizionato tutto il suo sviluppo. Quando crollavano la Monarchia e il Fascismo e i loro apparati e strutture c’erano tutte le condizioni di rompere con il passato e costruire una nuova democrazia. Molti di noi e varie politiche lo sostennero. Fui fra queste con il Comitato Toscano di Liberazione Nazionale, guidato da Carlo Ludovico Ragghianti. Avevamo contro le forze che volevano la continuità dello Stato. Il nostro progetto fu respinto dal Governo Bonomi (espressione del CLN) e dal CLN stesso e perciò anche dai partiti di sinistra. Così l’ondata di grandi speranze che aveva animato i giorni della liberazione stessa si riuscì a fare la Costituzione e fu una grande conquista, ma c’erano in funzione le forze di coloro che la sabotarono con il rendere lunghissimi i tempi della realizzazione.

–  I partiti democratici combatterono contro queste forze, ma altri partiti s e ne servirono. Il fatto è che da allora ad oggi tutti i progetti di grandi riforme furono sconfitti per il coalizzarsi delle resistenze politiche compiute come quella degli interessi corporativi quelli delle clientele e della corruzione anche il grande disegno del centro sinistra e della programmazione cadde anche se segnò comunque una svolta nella nostra storia. Ma sbagliammo anche noi: infatti non demmo la necessaria priorità alla riforma dello Stato e delle sue strutture rimanendo così privi di uno strumento valido per realizzare le riforme. Inoltre non abbiamo dato, nonostante i notevoli incrementi che decidemmo, una priorità molto forte alla Scuola e alla ricerca scientifica e perciò dobbiamo constatare i danni del nostro ritardo anche oggi.

Ora la volontà popolare si è espressa per il rinnovamento dello Stato e ha rifiutato la sua continuità”, ma il programma riformista di Renzi appare già in ritardo e quelle che sono le sue doti: coraggio, tenacia, fiducia in  se stesso e nel Paese, si stanno rivelando anche come sue difetti, poiché l’ansia di fare lo porta a soluzione errate (come per la riforma del Senato e la Legge per l’abolizione delle Province) e appaiono sempre più evidenti i continui rinvii. Ma l’opposizione interna di sinistra del PD non può essere fondata sulla vecchia politica del partito che è una politica ormai irrealizzabile, del passato. Lo stesso vale per la CGL. I valori socialisti vanno rifondati nella nuova politica.

  1. Infine ma dovrei dire prima di tutto, occorre avere la consapevolezza che siamo in mondo nuovo, anzi alla nascita di una nuova civiltà che è quella dell’informatica, della biotecnologia, della robotica e che ha cambiato tutto dalle comunicazioni all’economia alla politica, alla sanità allo stesso modo di vivere ed ha reso obsolete le nostre strutture politiche e sociali a partire dai partiti che però, paradossalmente hanno grandissimi poteri tali da aver trasformato la nostra democrazia in oligarchia. Per cominciare a uscire dalla crisi dobbiamo essere capaci di dar vita ad un’altra democrazia che deve essere quella del XXI sec.. E’ un compito complesso e difficile ma inerudibile e bisogna perciò impegnarsi a fondo per svolgerlo.

Giovanni Pieraccinigià direttore dell’Avanti!

 

15nov.Definitivo