di Aldo Ferrara*

Conclusi al Senato i lavori della Indagine sul SSN, in riferimento ai principi di sostenibilità, equità, universalità, indagine che reitera un procedimento simile della XV legislatura. (Commissione parlamentare di inchiesta sull’efficacia e l’efficienza del Servizio sanitario nazionale). Risultato almeno agli atti: giù le mani dall’art.32!

Gli ispiratori dell’indagine, senn. Dirindin e D’Ambrogio Lettieri, si erano prefissi di capire il grado di soddisfazione della domanda di salute in un momento ricco di incognite economiche, sociali ed anche epidemiologiche, che alterano il già difficile equilibrio dei Capitoli di spesa. A parole, tutte le forze politiche, a fronte del dissesto che ha imposto i piani di rientro, fin dall’inizio degli anni 2000, ritengono che non si tratti di un problema economico o di conti (generalmente in rosso), ma “la sostenibilità del diritto alla salute è prima di tutto un problema culturale e politico”.
La Commissione concorda che il rispetto dell’equità dovrà essere prioritario, garantendo a tutti coloro che ne hanno bisogno accesso alle cure di qualità, nonostante la crisi economica. “In sostanza – afferma la Commissione – la sostenibilità della spesa può e deve essere affrontata come una sfida di pubblica priorità nella riallocazione delle risorse per soddisfare al meglio i bisogni della popolazione”.

Il documento approvato ieri, emana 10 considerazioni conclusive che vengono demandate alla XVIII Legislatura.
1. Restringere le restrizioni che il Piano di Rientro ha imposto. Restrizioni che se da un lato migliorano la contabilità bruta, uccidono dall’altro quantità e qualità delle prestazioni erogate.

2. La sostenibilità della spesa privata deve essere commisurata alla situazione economica di famiglia già pesantemente colpite. Fa specie che la Commissione non indaghi sul livello di povertà crescente che coinvolge 12 milioni di italiani. Non è forse un caso che appunto 12 mln di cittadini siano costretti a rinunciare alle cure.

3. “Un piano straordinario di investimenti: la carenza di risorse per gli investimenti costituisce un elemento di grande debolezza per il Servizio sanitario nazionale. Il degrado di molte strutture sanitarie impone un Piano straordinario di investimenti in edilizia e tecnologie sanitarie”. La Commissione però non si cura di indicare che per questo è necessaria una ricognizione accurata delle strutture, edilizie e di funzionamento, (laboratori, ambulatori, cliniche etc.) che richiederebbe anni e risorse per individuare anche le c.d. cattedrali del deserto, o le strutture fatiscenti iniziate e mai completate.

4. La ridefinizione e il monitoraggio dei Lea è un nodo cruciale della coperta: revisione della spesa, che pure ha consentito di ridurre i disavanzi, non ha prodotto altrettanti risultati sulla qualità dell’offerta, accessibilità delle cure e dell’equità del sistema.

5. Le diseguaglianze fra regioni e all’interno di una stessa regione sono inaccettabili, ed “esse sono inoltre almeno in parte evitabili attraverso l’adozione di specifici programmi di intervento a livello locale, regionale e nazionale”.
Non è chiaro però quali siano detti provvedimenti correttivi e quali siano le misure da adottare per contrastare il pendolarismo sanitario, una delle cause più remote di fallimento del sistema.
“La Commissione ritiene opportuno uno specifico sforzo volto a promuovere un sistema organico di strumenti di governance per l’uniformità degli standard dell’offerta sanitaria all’interno del Paese nei diversi aspetti dell’accesso, della completezza e della qualità dell’offerta, degli oneri a carico dei cittadini, degli esiti in termini di salute. A questo riguardo una buona governance del sistema sanitario e sociale, capace di raccogliere le sfide imposte dai tempi, deve necessariamente estendere il proprio ambito di intervento anche alle gravi criticità determinate dalle condizioni di povertà e dalle emergenze ambientali che incidono sulla salute e sui bisogni di assistenza della popolazione” Ma come fare non lo dice!

6. Le risorse umane: carenza di professionalità mediche, le professioni infermieristiche a rischio (ci occorrono circa 12 mln di paramedici), il lievitare dell’età media (54 anni per i medici e 48 anni per i paramedici). “La Commissione ritiene urgente la definizione di un piano di programmazione per le risorse umane, che preveda una accurata revisione dei vincoli vigenti introducendo elementi di flessibilità, favorendo l’inserimento di nuove leve di operatori, rimodulando il turn-over, ipotizzando forme di staffetta intergenerazionale, superando il blocco dei contratti (anche solo nella parte normativa)”.

7. La formazione. Nodo dolente che coinvolge un altro Dicastero, MIUR, o meglio gli Atenei che formalmente godono di autonomia amministrativa e finanziaria. “A tal fine è necessario una maggiore compenetrazione, come ha sentenziato la Corte Costituzionale, tra la missione dell’Università (incentrata prioritariamente, ma non esclusivamente, su formazione e ricerca) e quella del sistema sanitario nazionale (prioritariamente rivolta alla cura e all’assistenza, ma sempre più attenta anche alla ricerca e alla formazione)”. La Commissione non si spinge oltre per una revisione della Aziendalizzazione e della L 517/99 (Bindi-Zecchino).

8. Dare attuazione alla legge sulla sicurezza delle cure e sulla responsabilità professionale degli esercenti le professioni sanitarie. Tutela dunque in tempi brevi del paziente che ha diritto, anche secondo norma di legge (L.24/ 2017) “ad una informazione completa e chiara e al risarcimento del danno in tempi brevi, e dall’altro di tutti i professionisti che operano nel settore e che si impegnano nella realizzazione dell’atto clinico (di per sè rischioso). Migliorare la gestione del rischio clinico, garantire sicurezza ai pazienti e agli operatori, contrastare la medicina difensiva, assicurare tempi certi e modalità semplificate per dirimere eventuali controversie, etc..”

9. L’informatizzazione e la digitalizzazione della sanità. Il Patto sulla sanità digitale in fase di elaborazione e previsto nel Patto per la salute 2014-2016, può essere certamente un documento importante di indirizzo strategico per i sistemi sanitari regionali ma occorre mantenere una regia a livello centrale.

10. Legalità e trasparenza. “Nonostante la crescente attenzione, il sistema sanitario deve ancora dotarsi, sul piano culturale ed etico – oltre che tecnico-amministrativo, di un insieme organico di strumenti volti a promuovere l’integrità del settore, per sua natura particolarmente esposto al rischio di contaminazioni da fenomeni di abuso di potere, frodi, corruzione”. “Particolare attenzione dovrà essere dedicata, e non solo nelle regioni sottoposte a Piano di Rientro, alle connessioni fra disavanzi di bilancio, disordine amministrativo, qualità degli apparati tecnici, corruzione politica e condizionamenti della criminalità organizzata; a tal fine si ritiene debbano essere individuati specifici strumenti per il ‘rientro nella legalità” con riferimento alle aziende sanitarie interessate da commissariamento o gravi fenomeni di corruzione.”

Nessun cenno, a quel che appare, alla dissoluzione della Medicina Territoriale, che è alla base delle liste d’attesa, nessun cenno alla chiusura dei piccoli Ospedali e dei punti nascita, che è alla base della controversia con le popolazioni del territorio, nessun cenno alla riqualificazione della Medicina dell’Infanzia (che non è la Pediatria) bensì la prevenzione in sede scolastica o d’appoggio alle famiglie disagiate.
Già, visto che nell’ultimo Libro Bianco sulla Corruption 2014, a cura dell’Istituto per la promozione dell’etica in sanità (ISPE) emergeva che un’Azienda Ospedaliera su 3 era afflitta da problemi di corruzione, morbo che in tesi generale, assorbe 6 miliardi ogni anno. secondo Button e Leys, 2013, il tasso medio stimato di corruzione e frode in sanità potrebbe ascendere al 5.59%, con un intervallo che varia tra il 3.29 e il 10% (Ferrara A., 2016).

Diceva Craxi: “Quando non si vuol fare una cosa , basta istituirvi una Commissione”. Anche in questo caso ci troviamo di fronte ad un testo redatto per demandare ad altri le problematiche, alcune individuate altre no. È già molto significativo che non adotti più il termine “Servizio” bensì Sistema Sanitario. Se il Servizio è quello pubblico che garantisce offerta universale, equa e paritaria, Sistema è invece quello che garantisce una prestazione che in genere richiede un corrispettivo in termini ticket, ricorso a spesa privata etc.

Un Sistema, come quello odierno, basato su una struttura amministrativa-economico-finanziaria con larga compartecipazione politica e non infrequentemente affaristica. Oggi i termini dell’accordo tra cittadino e SSN sono proprio questi: l’Azienda (altrimenti perché si chiamerebbe così?) ti eroga una prestazione, con un pagamento parametrato alla prestazione stessa. Caro cittadino, non ti aspettare che i tempi e la qualità della prestazione stessa li stabilisca tu. Insomma un rapporto né paritetico né egalitario tra domanda di salute e Ente che commisura l’offerta della stessa.
I politici della cosidetta Sinistra hanno qualche proposta in merito? Altrimenti non ci resta che privatizzare il tutto, affidarci alle Assicurazioni, accettare il pendolarismo sanitario, e lasciare che i malati traccino il solco di una società non egalitaria, da un lato gli intoccabili che possono permettersi le cure e dall’altro i bistrattabili condannati alla sofferenza.

 

Aldo Ferrara*

Dal 1983 Professore di ruolo presso l’Università di Milano e dal 1986 Professore di ruolo di Malattie respiratorie presso l’Università degli Studi di Siena. Ha lavorato alla Tufts University di Boston e al Karolinska Institutet, sezione di Huddinge.È autore di 262 pubblicazioni, 2 Trattati e 20 monografie. Editorialista radiofonico e su carta stampata, è Executive Manager dello European Research Group on Automotive Medicine (ERGAM). Ha curato la rubrica settimanale di medicina “Punto Doc” (Sky 518). È revisore dei Progetti PRIN Cineca. Editor del Volume ” Fisiologia Clinica alla guida”, Piccin Ed., marzo 2015