« E’ una decisione storica, di grande importanza e ovviamente c’è estrema soddisfazione per chi come me ha iniziato la battaglia contro il premio di maggioranza esattamente alla fine del 2007, quando mi opposi all’ammissibilità del referendum Guzzetta-Parisi. L’idea alla base di quell’iniziativa era dare il premio di maggioranza non alla coalizione più votata, ma addirittura alla lista più votata! Sono perciò sei anni che mi dedico alla questione, ma quando un’impresa si conclude positivamente, anche se ha richiesto fatica, tempo, denaro (non ci sono stati clienti che pagassero le spese), la gratificazione è forte. Motivo di grande soddisfazione è anche l’affermazione del  principio secondo cui esiste un potere supremo nel nostro paese, che è la Costituzione: con la sentenza si ribadisce che essa rappresenta un limite anche per il legislatore che voglia affrontare e riordinare la materia elettorale. E pensare che qualcuno sosteneva che non fosse così, che in materia elettorale il Parlamento fosse sovrano e potesse fare ciò che voleva…

Per non parlare del puro terrorismo esercitato, prima della decisione della Corte ed evidentemente volto a influenzarla, da chi sosteneva che l’incostituzionalità del Porcellum avrebbe comportato la decadenza del Parlamento e avrebbe sancito l’illegittimità del Presidente della Repubblica. Argomenti che non corrispondono a  verità. Si tratta di motivazioni politiche, in prima battuta per impedire che la Corte si pronunciasse a favore dell’incostituzionalità del Porcellum e, dopo la pronuncia, per cavalcare la tigre dell’antipolitica (“tutti uguali”, “tutti a casa” ecc.).

Non è così! Nessuno è delegittimato dalla sentenza, anche se è chiaro che questo parlamento è sotto osservazione e sarebbe bene che, se vuol modificare la Costituzione, lo faccia con delicatezza e molta prudenza. Tuttavia, voglio essere chiaro: questo parlamento può proporre e votare una nuova legge elettorale.  A meno che non decida di auto-sciogliersi o di suicidarsi… Rispetto alle polemiche scatenate da alcuni giornali, che ritengono  che ora sia tutto decaduto e illegale (mi riferisco a Il Fatto Quotidiano, Libero, Il Giornale), dissento su tutta la linea.

Alcuni commentatori paventano il rischio che, dopo la sentenza, risulti una legge proporzionale che peggiorerà la situazione italiana per quanto riguarda l’ingovernabilità. Come valuta queste preoccupazioni?

Da quando votiamo con la legge maggioritaria appena bocciata dalla Corte Costituzionale, il paese è rimasto sostanzialmente in-governato. La legge elettorale che la sentenza ci consegna prevede soglie d’accesso che al Senato sono particolarmente pesanti (20 per cento per le coalizioni e 8 per cento per le singole liste). Quella che rimane in vigore dopo la pronuncia del 4 dicembre non è affatto una legge proporzionale pura. Le preoccupazioni di cui sopra nascono da qualcosa che non esiste. Voglio dire che il nostro bipolarismo è sempre stato finto, cioè esisteva un apparente bipolarismo perché con i premi di maggioranza i partiti si univano per le elezioni per dividersi il giorno dopo. Allora di che razza di bipolarismo si trattava? Oltretutto le elezioni politiche di febbraio hanno dimostrato che siamo entrati in una configurazione tripolare e non bipolare.  Perciò, credo sia giunto il momento di tenere in debito conto gli orientamenti dei cittadini. In ogni caso, la Costituzione è un limite. Se per imporre il bipolarismo si deve fare ricorso a  sistemi che violano l’uguaglianza e la personalità del voto, è dovere reagire e questo è stato fatto con successo.

Data la struttura del nostro sistema politico, quale potrebbe essere la legge elettorale più rispondente alla situazione italiana, senza ulteriori forzature?

Non ci sarà legge ideale fino a quando i partiti politici non daranno attuazione all’articolo 49 della Costituzione. Ossia, si decidano a fare (come in tutti i maggiori paesi europei) una legge che regoli loro stessi. Dopodiché si potranno anche prevedere le liste bloccate. Se la lista viene bloccata da un congresso di partito almeno alcuni mesi prima delle elezioni e contro questa operazione sarà ammesso di andare da un giudice per chiederne l’annullamento in caso di mancato rispetto dello statuto di quel partito, allora i partiti potranno ricorrere alle liste bloccate. I partiti devono autoriformarsi prima di affrontare la questione della legge elettorale. Ripeto, diano attuazione all’art 49, per mezzo di una legge che preveda procedure trasparenti nei partiti politici. Questa è la vera ricetta. Senza questo passaggio preliminare, qualsiasi sistema elettorale sarà viziato. Ad esempio, è del tutto possibile  paracadutare nominati anche nei collegi uninominali, come avvenne a Di Pietro nel Mugello. Anche questo violenta la libertà di scelta dei cittadini.

Quale prevede possano essere i prossimi passaggi?

Io apprezzo molto il silenzio di Napolitano, che viene invece messo da molti sotto accusa per questo. Io cittadino posso esprimere la mia opinione, ma un Presidente della Repubblica, finché non legge le motivazioni della sentenza, è bene che non commenti, perché non è suo compito commentare le decisioni della Corte. Soprattutto senza conoscerle, anche se è probabile che già sappia cosa è successo nella Camera di Consiglio…

Perché si è giunti alla pronuncia della Corte Costituzionale e prima della Suprema Corte di Cassazione e, invece, non si è trovato il modo di risolvere la questione politicamente in tutti questi anni?

Perché non si vuole fare una legge elettorale davvero efficace e nell’interesse generale. Ogni forza politica ha voluto confezionare la sua legge elettorale, che andasse bene solo per il proprio particolare e contingente interesse. E siccome questa coincidenza dipendeva dai sondaggi di opinione, da una parte all’altra, è comprensibile che, a seconda delle convenienze, tutto sia rimasto bloccato per anni. Ma adesso c’è uno stimolo ad agire, perché quando verrà depositata la sentenza una legge elettorale nuova l’avremo; se il Parlamento dovesse rimanere inerte anche questa volta, significherà che sarà pronto per essere sciolto. Adesso c’è un motivo esterno, esogeno, che spingerà il parlamento dei nominati ad agire, pena la delegittimazione totale. La delegittimazione presso l’opinione pubblica è già notevole, ma se anche ora non facessero nulla, il discredito sarebbe totale… L’unico modo per persistere nell’inerzia sarebbe quello di prevedere subito l’abolizione del Senato e non la sua riforma: sarebbe l’unico modo per bloccare automaticamente ogni possibile modifica. Se vogliamo evitare lungaggini legislative, basta modificare le norme dei Regolamenti Parlamentari che prevedono la decadenza dei disegni di legge, anche se approvati da un ramo del Parlamento, con lo scioglimento delle Camere e un termine perentorio per un Camera se vuol modificare un disegno di legge approvato dall’altra. Pensiamoci bene, fare di corsa leggi sbagliate è peggio che metterci il giusto tempo per buone leggi.

A cura di Fabio Lucchini