di Felice Besostri, portavoce del gruppo di Volpedo, Network per il Socialismo Europeo

Ero presente al Convegno di SEL su Giustizia e Costituzione dello scorso 18 marzo e avevo anche chiesto di svolgere un breve intervento, ma era uno di quei convegni programmati, con gli oratori prefissati e attentamente distribuiti. Infatti, insieme con Cascini, segretario dell’ANM, era previsto un esponente dell’Unione delle Camere Penali, la rappresentanza dei penalisti, bravissimo e applauditissimo, benché non fosse in sintonia con il magistrato, che di mestiere fa il pubblico accusatore.

Ebbene soltanto nei giornali di domenica le sue parole sono state riportate con maggior precisione, mentre il sabato si era suscitata un’indegna canea su un falso, cioè che Cascini avesse detto che questo governo non avesse la legittimazione storica, politica, culturale e anche morale per occuparsi di giustizia. Il Segretario dell’ANM, dopo aver ricordato la nascita della Costituzione e di cosa rappresentasse una Carta costituzionale, ha detto, che questa maggioranza non aveva la legittimazione per stravolgere le scelte in materia di giustizia fatte con la Costituzione. Aveva perfettamente ragione nel senso che forma di governo e forma di Stato designano anche rapporti tra i poteri dello Stato, che non possono essere alterati senza un procedimento costituente. L’affermazione in astratto non fa una grinza, in concreto si tratta di verificare quali siano le scelte costituzionali, che facciano parte della forma repubblicana, che non può essere oggetto di modifica, neppure con il procedimento dell’art. 138 della Costituzione. Il Titolo IV della Parte Seconda si intitola LA MAGISTRATURA e le due Sezioni contengono norme di carattere generale sui magistrati e norme particolari su giudici e pubblici ministeri. Giudici e pubblici ministeri sono tutti magistrati e costituiscono un ordine autonomo e indipendente da ogni altro potere (art. 104, c. 1 Cost). Vi è un unico CSM, competente per le nomine, i trasferimenti e i provvedimenti disciplinari: il fatto che ne faccia parte di diritto anche il Procuratore Generale presso la Corte di Cassazione (art. 104, c. 3 Cost.) è una conferma della soggezione a quell’organo di tutti i magistrati. Quando si prevede che “L’autorità giudiziaria dispone direttamente della polizia giudiziaria” (art. 109 Cost.), è ovvio pensare che si tratti dei magistrati inquirenti e non dei giudicanti. L’assoggettamento soltanto alla legge è, giustamente, previsto soltanto per i giudici (art. 101, c. 2 Cost.), mentre per i pubblici ministeri non sono incostituzionali l’esistenza di direttive di tipo gerarchico, purché non incidano sull’obbligatorietà dell’azione penale (art. 112 Cost.): in ogni caso direttive non possono essere date da un altro potere dello Stato, non solo dall’Esecutivo, ma anche dal Legislativo, senza violare l’art. 104 Cost., ma soprattutto il principio della divisione dei poteri.

Attraverso la separazione delle funzioni (Art. 107, c. 3 Cost.) si possono separare anche le carriere, ma non costituire due ordini di magistrati. Per ragioni di ordine sistematico il CSM a mio avviso deve rimanere unico, le uniche modifiche possono riguardare la sezione disciplinare: l’attuale concentrazione nel CSM composto da 2/3 di magistrati in attività eletti da magistrati in attività (art. 104, c. 4 Cost.) non è opportuna. Costituzionalmente ai magistrati in attività è garantito soltanto l’elettorato attivo e non quello passivo. Beati i popoli, che non hanno bisogno di eroi, men che meno di magistrati eroi: è imbarazzante essere giudice disciplinare dei propri colleghi e ancora di più dei propri elettori. “La giustizia è amministrata in nome del popolo” (art. 101 Cost.), mentre non richiamano il popolo, né la formula di promulgazione delle leggi, né quella di emanazione degli atti aventi valore di legge. Nella nostra Repubblica la sovranità appartiene al popolo, “che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione” (art. 1, c. 2 Cost.), che significa che soltanto con norme costituzionali si possono dettare le forme dell’esercizio della sovranità popolare o porre limiti al suo esercizio. La Costituzione prevede che “La legge regola i casi e le forme della partecipazione diretta del popolo all’amministrazione della giustizia.” (art. 102, c. 3), ma, a parte le giurie nelle Corti d’Assise, ben poco è stato fatto, nulla poi sulla nomina, “anche elettiva” di magistrati onorari per tutte le funzioni attribuite a giudici singoli (art. 106, c. 2 Cost.). Per difendere la Costituzione da modifiche inaccettabili, bisognerebbe avere le carte in regola dal punto di vista della sua attuazione.

Per esempio chi sa indicare quanti insigni giuristi e illustri avvocati siano stati nominati consiglieri di Cassazione su designazione del CSM ai sensi dell’art. 106, c. 3 Cost.? Nessuno, a quanto consta.

Siamo una Repubblica democratica con forma di governo parlamentare, quindi la regolarità  delle elezioni è elemento essenziale per la legittimità  del Parlamento e da qui la mia quasi perfetta concordanza con il dottor Giuseppe Cascini, quando contesta che questo Parlamento possa mettere mano a riforme costituzionali del Titolo IV della Parte Seconda della Costituzione. Il parziale dissenso dipende dal fatto che non è questa maggioranza a non essere legittimato, ma questo Parlamento e qualsivoglia Parlamento eletto in base alla legge elettorale vigente, la famigerata legge n. 270/2005, meglio conosciuta come il “porcellum”, per distinguerla dal “mattarellum” e dal “tatarellum”. Non è vero, che questa maggioranza abbia avuto finora il conforto dei risultati elettorali “esercitati nelle forme e nei limiti della Costituzione” (U. Casotto, Il Riformista, 20 marzo 2011, pag.8). Questo Parlamento, come quello con la breve e instabile maggioranza prodiana del 2006, è stato eletto con un premio di maggioranza nazionale per la Camera dei Deputati e con tanti premi di maggioranza regionali per il Senato della Repubblica: premi di maggioranza attribuiti senza un quorum minimo di seggi o percentuale di voti, fatto già censurato dalla Corte Costituzionale nelle sentenze n. 15 e 16 del 2008. Inoltre tutti i parlamentari sono stati eletti in liste bloccate in violazione degli artt. 3, 48, 49, 51, 56 e 58 Cost., poiché in assenza di una legge sui partiti politici in attuazione dell’art. 49, la lista bloccata non consente agli elettori l’esercizio di un voto personale e diretto, come preteso dagli artt. 48, 56 e 58 e ai candidati di accedere alle cariche elettive in condizioni di eguaglianza ai sensi dell’art. 51. Tuttavia se la legge elettorale, malgrado tempestive impugnazioni di cittadini elettori, non è stata ancor sottoposta al vaglio della Corte Costituzionale la responsabilità è della Magistratura, che ritiene le leggi elettorali per il Parlamento nazionale sottratte alla giurisdizione in forza dell’autodichia delle Camere ex art. 66 Cost., si veda per tutte Cass. Sezioni Unite 16 maggio 2006 n. 11623. Secondo i magistrati, cioè secondo i colleghi del dr. Giuseppe Cascini, competenti ad esaminare i vizi di costituzionalità di una legge elettorale sono le Giunte delle Elezioni delle Camere elette con la legge di sospetta costituzionalità e ovviamente dopo le elezioni. A babbo morto si direbbe in Toscana. Sempre magistrati, colleghi di Cascini e con alta probabilità iscritti all’Associazione nazionale magistrati, dei tribunali di Milano e Cagliari hanno condannato a pesanti spese di giudizio, nell’ordine di migliaia di euro, i cittadini elettori, che avevano osato pretendere di poter votare in modo conforme a Costituzione. Per questo pende un ricorso innanzi alla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo di Strasburgo e si è in attesa dal 16 marzo del corrente anno di una sentenza del Tribunale di Milano su un ennesimo ricorso dei soliti cittadini elettori. Il tutto succede nella più totale indifferenza della stampa e degli altri mezzi di informazione e nel più totale disinteresse dei partiti politici, tutti, anche quelli che strepitano contro le progettate modifiche berlusconiane della Costituzione. Il nostro costituente saggiamente ha richiesto la maggioranza assoluta in doppia lettura per modificare la Costituzione e addirittura i 2/3 per sottrarre le modifiche al referendum confermativo. Ebbene questi quorum, grazie ad un premio di maggioranza di sospetta costituzionalità secondo la Corte Costituzionale, può essere raggiunto da chi sia minoranza del corpo elettorale e dei votanti, ma che dispone di una formale maggioranza di parlamentari nominati e non eletti, cioè che non rappresentano la Nazione, come richiede l’art. 67 della Costituzione.

In conclusione questo Parlamento, in quanto eletto in base a una legge di sospetta costituzionalità non ha la legittimazione costituzionale per modificare la Costituzione, questo fatto basta per togliere legittimità storica e politica, quella morale è un criterio opinabile. In base ad un principio di precauzione non si tratta con una maggioranza, che ha già votato leggi, in materia giustizia, dichiarate incostituzionali e che un giorno sì e un giorno ancora sì, tira fuori leggi e norme ad personamper salvare Silvio dai processi.

Milano, 19 marzo 2011