Tommaso Merlo, 10 gennaio 2011, 17:33 leggi il commento di Besostri a fine articolo

Dibattito a sinistra – Sono un uomo di sinistra, laureato, masterizzato, precarizzato. Ho finito di studiare a 26 anni e nei dieci successivi ha passato più tempo a cercare lavoro che a lavorare. Non so cosa significhi avere un sindacato, la pausa pranzo, l’orario di lavoro, gli straordinari… In altri paesi europei si sperimentano forme di partecipazione dei lavoratori ai rischi d’impresa, si studiano nuove forme d’interazione tra capitale e lavoro. Il cambiamento, che piaccia o meno, va gestito, non evitato

Sono un uomo di sinistra, laureato, masterizzato, precarizzato. Ho finito di studiare a 26 anni e nei dieci successivi ha passato più tempo a cercare lavoro che a lavorare. Non so cosa significhi avere un sindacato, la pausa pranzo, l’orario di lavoro, gli straordinari. Una volta sono stato licenziato con una e-mail per una causa profondamente ingiusta e non ho potuto parlarne con nessuno. Per me i contratti sono pezzi di carta dove c’è scritto cosa devo fare e quanto prendo.
Al momento sono disoccupato e seguendo le vicende Fiat mi chiedo: come lavoratore, cosa vorrei dalla politica? Di sicuro non vorrei un contratto a tempo indeterminato, mi deprime solo l’idea. Chissà, forse è solo questione di carattere o forse a questa vita da precario mi sono abituato. Mi piace la sfida continua, il dover sempre ripartire, il credere e investire in se stessi. Ma allora cosa vorrei? Vorrei che la politica intervenisse per rendere il settore in cui lavoro più competitivo anche a livello internazionale, vorrei opportunità di lavoro e di formazione, e vorrei essere pagato degnamente per poter vivere nei periodi d’inattività e tasse e contributi che non sappiano di furto.
Non mi interessa che i miei contratti blindino quel poco che ottengo ma mi interessa che una volta scaduto ne firmo presto un altro. Vorrei che quando sono sul mercato me la posso giocare alla pari con gli altri anche se non conosco nessuno. Meritocrazia, trasparenza, moralità in un paese proiettato nella costante ricerca di nuove opportunità.
Ma poi mi dico che è facile parlare quando non si è alla catena di montaggio. E penso sia giusto che più il lavoratore è debole sul mercato più vada protetto. E che parole come cassa integrazione, mobilità, liquidazione sono fuori dal mio vocabolario ma hanno un significato. Capisco meno gli sbarramenti per difendere assenteismi e pausa pranzo quando l’alternativa, che su ogni mercato suona come un ricatto, è quella di chiudere a favore dei paesi dove il lavoro costa meno. Come si fa a sostenere che cedendo su alcuni diritti secondari poi si apre la strada allo sfruttamento dei lavoratori? Come se il mio mondo precario non esistesse o come se si dasse per scontato che vuole essere metalmeccanizzato.
E come se la globalizzazione fosse evitabile. In altri paesi europei si sperimentano forme di partecipazione dei lavoratori ai rischi d’impresa, si studiano nuove forme d’interazione tra capitale e lavoro, si affronta cioè la crisi economica come sfida in cui ideare nuove vie nell’economia globalizzata, e non come ideologiche guerre tra poveri. Il cambiamento, che piaccia o meno, va gestito, non evitato. E noi precari ne sappiamo qualcosa.

#12 · felice besostri

11 gennaio 2011, 21:20 fa certamente specie leggere nello stesso numero l’articolo di Lettieri e quello di Merlo. Sono rimasto sorpreso dalle argomentazioni di Merlo, poi ho capito. A leggerlo bene è pervaso da ironia, mista ad invidia per chi ha tutele che lui non ha e da una critica a chi non ha posto i precari al primo posto come difesa dei deboli. E’ così: sono previdenzialmente e fiscalmente trattati peggio dei lavoratori dipendenti. Non hanno rappresentanza politica o sindacale, lasciateli sperare in San Marchionne. Diceva mia nonna, una contadina senza istruzione “Chi vive sperando muore cantando” Troveremo Merlo a San Remo

#1 · Franco Ragusa

10 gennaio 2011, 18:08 “Il cambiamento, che piaccia o meno, va gestito, non evitato.” scrive Merlo. — Diciamo, allora, che non andrebbe neanche subito, così come sta succedendo con la Fiat e così come, sarà forse un’impressione sbagliata, sembra sostenere l’articolo. L’importante è riuscire a trovare subito una nuova occasione di lavoro. Messa così, peraltro, trovo pure strano che il nostro Merlo abbia tutte queste difficoltà a trovare lavoro. Sono precario anch’io e, se accettassi tutto quello che vorrebbero impormi, lavorerei tutti i giorni dell’anno. E conosco pure persone che già lo fanno. Ogni volta, però, con condizioni sempre peggiori, così che un giorno, per non perdere anche un solo contratto, finiranno per lavorare gratis. — www.riforme.info —

#2 · ic

10 gennaio 2011, 18:33 Dimmi con chi vai e ti dirò chi sei. Se sei con Marchionne, non sei di sinistra, egli non lo è di certo. Egli pensa a far guadagnare chi non fa nulla e a far schiattare chi lavora.

#3 · Rif Riv

10 gennaio 2011, 21:21 “Il cambiamento va gestito, non evitato”. Ma se il “cambiamento” ( che detto così suona come un concetto univoco ed assoluto) sono le delocalizzazioni e la demolizione del contratto nazionale, non sarebbe meglio ingollare tutta d’un colpo l’amara medicina, per poi stare meglio? Forse non è proprio come dice il Merlo.”Di sicuro non vorrei un contratto a tempo indeterminato, mi deprime solo l’idea. Chissà, forse è solo questione di carattere o forse a questa vita da precario mi sono abituato. Mi piace la sfida continua, il dover sempre ripartire, il credere e investire in se stessi. Ma allora cosa vorrei?”. Anche negli Usa a inizio anni 90 la pensavano così tutti i laureati che facevano i camerieri da Starbucks… od i neolaureati in agraria che, in Italia, sognano un posto da commesso da Decathlon. Poi, dopo 10 anni, visto che non riescono ad avere un posto di lavoro migliore e vorrebbero, sai com’è mettere su famiglia, il posto fisso lo vorrebbero eccome. Se vogliamo discutere, discutiamo seriamente e non diciamo assurdità. Se hai 26 anni e sei laureato prova la libera professione ( non so che laurea tu abbia). Mi dispiace che tu abbia fatto uno dei tanti master truffaldini. Purtroppo i master buoni costano l’ira di Dio e molte volte sono all’estero… Io ho 28 anni ed ho avuto diversi lavori precari. E la cosa non mi è piaciuta. Mi piacerebbe un mondo del lavoro in cui è facile cambiare impiego, ma avendo ogni volta la sicurezza di un contratto a tempo indeterminato. Ps: non è che la “cultura progressista” qui la si vuole demolire on-line?

#4 · ic

11 gennaio 2011, 01:18 E’ demenziale. Come fa rilevare RR. Che significa scegliere la precarietà? Ma perchè chi ha un posto a tempo indeterminato non potrà scegliere in qualsiasi momento di lasciarlo per un lavoro migliore?

#5 · g.pino

11 gennaio 2011, 07:12 l’autore dell’articolo e i vari commenti pongono questioni reali, alcune condivisibili altre meno. Non credo che si possa dire semplicisticamente “io sto con marchionnne” oppure altrettanto semplicisticamente “io sto con la FIOM”. Queste semplificazioni, che reputo fuorvianti, sono però imposte (e forse inevitabili) dallo “stile Marchionne” (da “padrone delle ferriere”) che, in barba alla tanto decantata “modernità”, ha una concezione ottocentesca delle relazioni industriali. Vorrei solo, semplificando e banalizzando a mia volta, ricordare all’autore e agli amici fin qui intervenuti, un vecchio slogan anni 70 che, più o meno diceva “se si vince alla FIAT si vince in tutta Italia, se si perde alla FIAT si perde in tutta Italia”. Sono convinto, comunque vada, che alla FIAT non stiamo vincendo.

#6 · ic

11 gennaio 2011, 11:20 Perché non stiamo vincendo? Perché, oltre al quadro internazionale sfavorevole, il sindacato e la sinistra sono divisi e perché abbiamo questo governo che non tutela i diritti dei lavoratori, anzi permette questi ricatti inconcepibili in uno stato democratico:non si possono condizionare i diritti dei cittadini alle politiche industriali che sono lasciate nelle sole mani del capitale e del mercato.

#7 · luronconi

11 gennaio 2011, 15:08 Due questioni: Merlo non gradisce il contratto a tempo indeterminato; nulla vieta a Merlo di interromperlo per occasioni migliori!Questo tipo di contratto rimane, invece,una grande difesa e certezza per la vita presente e futura di tutti i lavoratori. Seconda questione: ..”come se la globalizzazione fosse evitabile”..Questa frase implica l’idea che il cambiamento, il mercato, la globalizzazione siano processi oggettivi, assoluti, soprannaturali, intoccabili: credo non sia così se concepiamo il cambiamento, la globalizzazione, il mercato come processi soggettivi di decisione e azioni a razionalità limitata ma intenzionale di pochi e potenti uomini della terra, sulla “testa” di una maggioranza confusa, mal governata e non ancora in grado di organizzarsi adeguatamente, a livello globale, per rispondere agli effetti tragici dello sfruttamento globalizzato del lavoro e del suo ambiente.

#8 · riccardo

11 gennaio 2011, 15:36 Non potete titolare questo art. “dibattito à sinistra”. È un dibattito coi neolib., neocons., liberisti. Se questo signore è davvero un lavoratore, professa le idee di Spencer, Hayek e Friedman: richiama la sua “libertá” di vendersi come schiavo e oddia i cittadini che difendono la loro dignitá. Lui non è di sinistra, non è liberale nel senso de Gladstone o Nitti, né conservatore nel senso di Disraeli ma né dello stesso Giolitti. Non capisco cosa arrichisce il dibatito un art di un neocon nascosto oppure un disperato.

#9 · Idruro

11 gennaio 2011, 16:19 Mi permetto di pensare e anche dire che questo articolo è stato scritto da un totale imbecille. Uno che la realtà dei precari veri, magari donne quarantenni alla disperazione o padri di famiglia che non possono fare il mutuo perché nessuna banca si fida , non sa nemmeno cosa siano. A uno che scrive : ” come lavoratore, cosa vorrei dalla politica? Di sicuro non vorrei un contratto a tempo indeterminato, mi deprime solo l’idea ” Verrebbe da rispondere: parla per te, pollo.

#10 · ADRIANO

11 gennaio 2011, 16:29 MERLO è SICURAMENTE UN FIGLIO DI PAPà CHE NON GLI FREGA UN CAZ.. DI LAVORARE POICHè AVRà COMUNQUE SEMPRE IL PORTAFOGLIO PIENO. Evitiamo di prendere per il culo chi vive veramente alla giornata. Per favore

#11 · iNpossibile rosso

11 gennaio 2011, 18:46 Mi chiedo innanzitutto se quella di Merlo sia un pensiero sincero od una semplice provocazione. Nell’uno e nell’altro caso evidenzia una “seria” confusione su cosa sia essere di sinistra, su cosa sia il valore ed il senso del lavoro e su quale siano i diritti degli esseri umani nella società. In una società equa, non dico socialista. In ogni caso, senza nessuna intenzione di offesa, penso che l’esternazione di Merlo evidenzi una profonda ignoranza politica, intesa in senso lato e non solamente nella declinazione marxista. I discorsi da bar non giovano al dibattito a sinistra e neanche a questo giornale.

#13 · F. Bianco – figli di un dio minore?

11 gennaio 2011, 23:36 «Alla vigilia dello sciopero generale indetto dalla Cgil per il 12 marzo 2010 contro le politiche fiscali del governo, apparve un curioso proclama sintetizzabile nella formula “Perché noi non ci saremo”. Diceva, nelle prime righe: “Siamo lavoratori e lavoratrici ‘freelance’, o a partita Iva individuale, o con uno dei cosiddetti ‘contratti atipici’, consulenti, grafici, formatori, attrici e attori, registi, videomaker, operatori del sociale, architetti, programmatori di software, ricercatori, traduttrici, esperti di valutazione ambientale e quant’altro…………non abbiamo né orario né salario, siamo costretti, anche dal più grande sindacato italiano, all’invisibilità”. Un caleidoscopio di figure del lavoro inedite, l’incarnazione di quello che Sergio Bologna aveva definito il “lavoro autonomo di seconda generazione”……………Esso costituisce il nocciolo duro del post-fordismo. E le figure che lo rappresentano finiscono per identificarsi con una composizione sociale del tutto nuova, tendono ad affievolire e per certi versi a cancellare la tradizionale separazione tra tempo di vita e tempo di lavoro…………incorporano nei propri organi conoscitivi il proprio “capitale fisso”, il mezzo di produzione con cui si presentano sul mercato. “Biolavoro”, appunto…….questi lavoratori non hanno diritto ad alcuna indennità, né alle ferie, né alla cassa integrazione…….con la gestione separata Inps versano contributi per prestazioni che non riceveranno mai……..sono forse l’unico protagonista della cattiva modernizzazione italiana che gestisce il proprio risentimento sul versante “dell’esodo”. Di un chiamarsi fuori dall’universo intossicato delle retoriche popolari e dei loro linguaggi ossificati. E segnalando nel contempo il clamoroso, abissale vuoto di rappresentanza che rischia di minare alle radici il nostro sistema politico». (Marco Revelli, “Poveri, noi”). Perché quei precari non fanno notizia? Non sono lavoratori?

#14 · ic

12 gennaio 2011, 00:05 Se sono come Merlo, sono felici!

#15 · ic

12 gennaio 2011, 00:07 …e masterizzati, ma nel senso di clonati.

#16 · felice besostri

12 gennaio 2011, 08:09 #13 Grazie di aver ricordato un problema reale e che merita spazio in un dibattito a sinistra indipendentemente da chi lo pone. Quanti sanno che nel processo di esternalizzazione dei servizi di pubbliche amministrazioni, anche di centro sinistra si concorda l’esodo di lavoratori precarizzandoli in cooperative poco solidali e alcuni di quelli che restano sono promossi a coordinatori supervisori degli esternalizzati. Cosa penseranno quest’ultimi di partiti e sindacati? Quando il movimento socialista è nato non se la prendeva con i braccianti che lavoravano a giornata (il massimo di lavoro a tempo determinato) andavano a messa la domenica, si toglievano il cappello quando passava il padrone e per tutto divertimento si ubriacavano il sabato sera e quando tornavano picchiavano la moglie, senza citare a scusante il noto proverbio arabo. Insegnavano a leggere e a scrivere, combattevano l’alcolismo e organizzavano i sindacati. Che senso ha insultare Merlo? una volta sarebbe stato considerato una vittima e non un complice del sistema.