di Felice Besostri |

Il Gruppo di Volpedo, rete dei circoli socialisti e libertari del Nord ovest, voleva riformare il modo di far politica, privilegiando la dimensione europea e l’attenzione all’ambientalismo politico, che si può sintetizzare nel binomio rosso-verde, ma non ridurre ad una formazione politica specifica nel variegato mondo politico italiano, contrassegnato da un’accentuata mobilità elettorale ed instabilità istituzionale.

Questi fenomeni paradossalmente sono stati provocati da quando si è voluto privilegiare la governabilità rispetto alla rappresentanza, dapprima con la scelta di un sistema misto in prevalenza maggioritario per3/4 dei seggi con le leggi elettorali n. 276 e n. 277 del 1993, il cosiddetto Mattarellum, e l’introduzione alla Camera di una quota proporzionale con lista bloccata per la prima volta nelle elezioni parlamentari italiane.

Il sistema elettorale era stato, fino ad allora, basato su un sistema bicamerale paritario, basato su liste con  voto di preferenza alla Camera dei deputati e collegi uninominali al Senato della Repubblica, ma in entrambe i casi con un riparto proporzionale dei seggi, tranne sporadiche eccezioni al Senato.

 Un sistema politico, che, malgrado la breve durata media dei governi aveva consentito all’Italia il miracolo economico e la trasformazione da paese agricolo a paese industriale, fino a diventare uno dei sette paesi più industrializzati del mondo, tra quelli ad economia di mercato e negli anni ’70 del XX° secolo di dare l’avvio a una serie di riforme economiche e sociali, che ne hanno dimostrato le capacità di innovazione e modernizzazione.  

Diritto di voto e sistema dei partiti sono strettamente collegati dalla nostra Costituzione nel Titolo IV della Parte Prima RAPPORTI POLITICI (ARTICOLI  48 – 54), in particolare gli articolo 48 sull’elettorato attivo e 49 sui partiti politici sono strettamente collegati, mentre il diritto di voto passivo e l’esercizio di pubblici funzioni sono associati negli articoli 51 e 54, mentre gli articoli 52 sulla difesa della patria e 53 sul sistema fiscale progressivo apparentemente non sono immediatamente assimilabili ai rapporti politici, ma leggerli e comprenderli bene confermano una volta di più la saggezza dei nostri padri e delle nostre, troppo poche, madri costituenti.

Nell’art. 52 la difesa della patria “è sacro dovere del cittadino.”, di ogni cittadino, uomo o donna che sia, per questo non va confuso con il servizio militare, che non è obbligatorio per il secondo comma, che rinvia ad una legge ordinaria. Nel rispetto della Costituzione si è passato dalla leva generale obbligatoria per gli uomini, con un tardivo riconoscimento dell’obiezione di coscienza soggetta ad un alternativo servizio civile, alle forze armate professionali e volontarie. Il collegamento con i rapporti politici e al loro esercizio è assicurato dalla norma costituzionale con la precisazione che il servizio militare “non pregiudica la posizione di lavoro del cittadino, né l’esercizio dei diritti politici.”, ma soprattutto con l’ultimo comma “L’ordinamento delle forze armate si informa allo spirito democratico della Repubblica.” Infatti, il lavoro è un diritto e un dovere di ogni cittadino, come il voto è un dovere civico, non un obbligo giuridico, a differenza di altri ordinamenti, anche democratici[1]. Il voto è -e costituzionalmente deve rimanerelibero”e“personale”, come prescrive l’art. 48 Cost. e ha precisato la sentenza costituzionale n. 1/2014, oltre che “eguale” e “segreto”.

La legge elettorale n. 165/2017, approvata, in violazione dell’art. 72 c. 4 Cost., con ben 8 voti (3 alla Camera e 5 al Senato) di fiducia a richiesta del Governo Gentiloni e peggiorata dalla legge n. 51/32019 del Governo Conte I, quello della maggioranza giallo-verde, è incostituzionale perché non rispetta il voto libero e personale degli elettori, perché una presunzione arbitraria di coerenza si sostituisce agli stessi quando non votano per una lista bloccata proporzionale o per un candidato uninominale maggioritario. Infatti, decide il legislatore come avrebbe dovuto votare sulla base di scelte di altri elettori, cioè in violazione del voto diretto stabilito senza equivoci dall’art. 56 Cost. per la Camera e dall’art. 58 Cost. per il Senato.

Purtroppo non siamo in Germania, dove a differenza dell’Italia è garantito l’accesso diretto alla Corte Costituzionale, la Bundesverfassungsgericht l’avrebbe già fatta a pezzi per violazione dell’art. 38 GG, la loro Legge Fondamentale coincidente con il nostro art. 48 Cost., ancora più rigoroso poiché il voto è personale e diretto e non semplicemente, come in tedesco, unmittelbar, cioè “non mediato”.  

Questo Titolo IV della Costituzione ha un’altra particolarità la mancata attuazione con una legge organica, di una legge sui partiti politici, che rispetti i principi costituzionali dell’art. 49, e dell’art. 53 Cost. la nostra tassazione dei redditi è sempre meno progressiva (estensione della flat tax) e non prevedendo un’imposta patrimoniale non “Tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva”, quindi la Repubblica non può garantire a tutti i cittadini i diritti fondamentali, da quelli inviolabili ex art. 2 Cost. o, per nominare i principali, ad un lavoro, alla salute e all’istruzione e potere tenere fede al suo impegno solenne preso con l’art. 3 c. 2 Cost.: “È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese.

Non c’è dubbio che se i programmi e gli statuti dei partiti facessero riferimento alla Costituzione, sarebbe una trasparenza rivelatrice delle reali intenzioni della formazione politica e guida per le scelte degli elettori.

Per esempio riferirsi al secondo comma dell’art. 3 Cost. dovrebbe essere obbligatorio per una formazione di sinistra unitaria, larga e plurale, seriamente impegnata per la trasformazione della nostra società: la formazione che manca nel nostro panorama politico dopo la fondazione del Partito dei Lavoratori Italiani, poi Partito Socialista dei Lavoratori e PSI e fino al 1921. In un certo senso siamo in una situazione paragonabile a quella del 1891 e che trovò soluzione a Genova nel 1892.  Solo che allora c’erano progetti e speranze e la determinazione di due Compagni di ideali socialisti e di vita come Filippo Turati e Anna Kuliscioff.

Ora scoramento e disillusione e gruppi dirigenti dei partiti esistenti non all’altezza, con un giudizio sospeso sulla nuova segretaria del PD, Elly Schlein, la cui messa alla prova inizia appena adesso con la formazione di una segreteria, che le deve consentire di motivare un partito, che in maggioranza non l’ha votata, ma che aveva perso il contatto col blocco sociale tradizionale di un partito rappresentativo della sinistra larga e plurale.

Nel suo DNA della linea materna e paterna c’è molto in comune con Anna Kuliscioff, che aveva studiato a Zurigo in Svizzera e dovrà prendere ispirazione da due figure rappresentative, Antonio Gramsci e Giacomo Matteotti, di due tradizioni ideali della sinistra, la socialista e la comunista da ricomporre tra loro e con quella libertaria, secondo l’auspicio di Edgar Morin (Ma Gauche, 2011) ma nel contempo integrare e superare per affrontare i problemi planetari di questo XXI° secolo: le diseguaglianze di sviluppo e di genere, le migrazioni di massa e il cambiamento climatico, per non parlare dei venti di guerra sempre più forti, come l’impetuoso vento siberiano, il Buran.

La nostra legge elettorale fondamentale è il dpr n. 361/1957, Testo Unico per l’elezione della Camera dei deputati e successive modificazioni e integrazioni, che per l’art. 27, norma di chiusura del d.lgs. n. 533/1993, Testo Unico per l’elezione del Senato della Repubblica si applica anche alla Camera alta, per tutto quanto non è previsto nel testo Senato, tra queste vi sono gli articoli. 14, che affida ai partiti politici o gruppi politici organizzati il monopolio delle candidature per le elezioni parlamentari e 14 bis sulle coalizioni fra liste.

Una norma assolutamente logica, quella dell’art. 14 del dpr, alla luce dell’art. 49 Cost. “Tutti i cittadini hanno diritto di associarsi liberamente in partiti per concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale“ una norma  ritenuta responsabile come fondamento della vituperata  “partitocrazia”, termine spregiativamente inventato dal prof. Maranini, ma solo perché non è stata mai attuata.

I soggetti principali sono i cittadini, tutti i cittadini non le cupole partitocratiche che si sono impadroniti dello strumento previsto dalla Costituzione “per concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale”, dando vita nel migliore dei casi a oligarchie più o meno illuminate, competenti, integre e oneste, nel peggiore dei casi a partiti autocratici dominati da un fondatore e finanziatore, padre padrone, che divora i successori potenziali, come Cronos, divorava i figli.

I partiti di massa sono stati un grande e positivo strumento di educazione delle masse e di rappresentanza degli interessi e bisogni delle classi popolari ed anche dei loro sogni, ai confini dell’utopia di una società di persone libere ed eguali, sempre più libere perché sempre più eguali e rispettate e possibilmente felici. Tuttavia anche i grandi partiti non hanno voluto l’attuazione dell’art. 49 Cost. e il pensiero dominante aveva ridotto il metodo democratico al solo pluralismo dei partiti, in più o meno libere[2], competizioni elettorali, non alla loro vita interna.

Se l’art. 49 Cost. non è attuato e i partiti non hanno una struttura democratica in cui gli iscritti hanno la prima e ultima parola come è possibile che il risultato finale sia una rappresentanza parlamentare rispettosa della Costituzione, quindi del corpo elettorale, che è l’espressione del popolo, cui appartiene (o sarebbe più giusto scrivere “apparterrebbe”) la sovranità e che la esercita nelle forme e limiti della Costituzione?

Non è possibile!

Dalla legge n. 270/2005, il famigerato Porcellum è stato tolto il diritto di scegliere agli elettori e mai più restituito tutti d’accordo, perché le liste bloccate piacciono ai grandi leader di grandi partiti e ai piccoli leader di piccoli partiti, perché i primi nominano i loro amici e i secondi si nominano direttamente.

Attenzione si rischia di rendere attrattiva l’elezione diretta del Presidente della Repubblica, che di per sé non significa Presidenzialismo, ci sono presidenti eletti dal popolo, che hanno meno poteri del nostro Capo dello Stato. Tuttavia con l’Autonomia differenziata e il Presidenzialismo o piuttosto semi-presidenzialismo si sta preparando nell’indifferenza della popolazione uno stravolgimento formale della Costituzione repubblicana, frutto della lotta di Liberazione sono in pericolo l’unità della Nazione e la democrazia rappresentativa e i suoi principi supremi, che è vietato dall’art. 139 Cost., perché la forma repubblicana che non può esser oggetto di revisione è quella dell’art. 1 della Costituzione, quindi non impedisce soltanto la monarchia, ma anche la restaurazione della Repubblica Sociale Italiana. Sul punto vi è una preziosa sentenza della Corte costituzionale, la 1146/1988, che ha chiarito che i principi supremi non possono essere violati nemmeno con una norma di rango costituzionale, come invece è avvenuto con la legge costituzionale n. 1/2020, che ha attribuito lo stesso numero di senatori 6 al Trentino-Alto Adige/Südtirol e alla Calabria, che però ha 1.959.000 abitanti, quasi il doppio dei 1.029.000 abitanti trentini-altoatesini.


[1] Detto incidentalmente spero, che a nessuno venga in mente di combattere l’astensione, che è in aumento, come reazione alla percentuale di astensione media del 60% nelle elezioni regionali 2023 di Lazio e Lombardia.

[2]  Finanziamenti disponibili e accesso ai mezzi di comunicazione, non solo nei limitati periodi di par condicio non sono eguali o comparabili e i controlli sulle spese effettive di liste e candidati inesistenti.

Pubblicato anche su ilmondonuovo.club