«Dibattito Napolitano non ha bisogno di Alfano, Berlusconi sì dopo la bocciatura del Lodo del suo ineffabile Ministro della Giustizia. Lo scudo processuale per Presidente del Consiglio, Ministri e Presidenti delle Camere, esteso per ragioni tattiche al Presidente della Repubblica stride talmente con il principio di uguaglianza dinnanzi alla legge, che c’è da dubitare che basti una norma formalmente costituzionale per porlo al riparo da censure.

Una decisione deflagrante presa a maggioranza (9 voti contro 6) dai 15 giudici della Consulta, che ha dato l’avvio al pasticciaccio della sua traduzione in disegno di legge costituzionale, per porlo al riparo di nuove censure della Corte, come se non esistessero norme costituzionali contrarie alla Costituzione, come sostenuto dall’illustre costituzionalista tedesco Otto Bachof nel suo saggio “Verfassunswidrige Verfassunsnormen” dell’ormai lontano 1953, spunto per la mia tesi di laurea “Il controllo materiale di costituzionalità sulle norme formalmente costituzionali nella Repubblica Federale Tedesca” con relatore il prof. Paolo Biscaretti di Ruffia e correlatore il prof. Valerio Onida, futuro giudice e presidente della Corte Costituzionale. Lo scudo processuale per Presidente del Consiglio, Ministri e Presidenti delle Camere, esteso per ragioni tattiche al Presidente della Repubblica stride talmente con il principio di uguaglianza dinnanzi alla legge, che c’è da dubitare che basti una norma formalmente costituzionale per porlo al riparo da censure: il principio di uguaglianza è ancorato in norme sovranazionali, che costituiscono un limite per il legislatore nazionale: basta ricordare le sentenze della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo in materia di norme di rango costituzionale, che discriminavano i cittadini in base ala noto cittadinanza o nazionalità (minoranze russofone degli Stati baltici.

Le norme costituzionali dovrebbero poter essere scolpite nella pietra, come le mosaiche tavole della legge e come ogni norma, che si rispetti, generali e astratte: quando, invece, vogliono regolare un caso concreto, spesso, come è stato il destino delle norme ad personam berlusconiane “il tacon” si è rivelato “peor del buso” secondo la nota e icastica espressione veneta: il rammento peggio dello strappo.

Dal sistema costituzionale si evince che tutti rispondono per i loro atti, compresi quelli compiuti nell’esercizio delle proprie funzioni, tranne, in quest’ultimo caso il Presidente della Repubblica, perché “Nessun atto del Presidente della Repubblica è valido se non è controfirmato dai ministri proponenti, che ne assumono la reponsabilità”(art. 89 Cost.). L’art- 90 Cost. stabilisce, invece, che “Il Presidente della Repubblica non è responsabile degli atti compiuti nell’esercizio delle sue funzioni, tranne che per alto tradimento o per attentato alla Costituzione.”. Una differenza netta rispetto al regime previsto per i membri dell’esecutivo, infatti: “Presidente del Consiglio dei ministri ed i ministri, anche se cessati dalla carica, sono sottoposti, per i reati commessi nell’esercizio delle loro funzioni, alla giurisdizione ordinaria, previa autorizzazione del Senato della Repubblica o della Camera dei deputati, secondo le norme stabilite con legge costituzionale “(art. 96 Cost.).Nessun regime speciale è previsto per i reati di diritto comune.

La ragione è evidente se il Presidente commettesse uxoricidio, non vi è ragione per non processarlo e condannarlo ad una pena detentiva: in caso di impedimento è sostituito dal presidente del Senato. Per di più il ddl costituzionale introduce una disparità di trattamento, per cui per i ministri i presupposti per il beneficio sono accertati dall’organo di cui fanno parte, mentre per il Presidente dipenderebbero dalla benevolenza del Parlamento. Per ovviare a questa incongruità i senatori del PD Ceccanti e Casson avevano presentato un emendamento tanto giuridicamente corretto quanto politicamente infelice. Salus reipublcae suprema lex: la Repubblica quella nata dalla Resistenza e dalla Liberazione è in pericolo se passasse questa riforma costituzionale all’insegna dell’impunità del ceto politico addirittura per reati di diritto comune commessi prima dell’assunzione di una funzione pubblica.

Con una opinione pubblica informata gli elettori potrebbero sventare la strumentalizzazione a fini personali delle cariche pubbliche. Il caso Brancher insegna che l’indignazione può ancora funzionare, per questo la legge bavaglio è funzionale al disegno criminal-politico. Tuttavia ci si dimentica un particolare, anzi due, i ministri sono scelti dal Presidente del Consiglio con l’unico ostacoli della nomina presidenziale ex art. 92 Cost. e i parlamentari sono nominati con liste bloccate, cioè dal Capo della lista o della coalizione di liste. Tout se tient, capirlo sarebbe un passo avanti, ma i gruppi dirigenti dei partiti rappresentati in Parlamento, compresi quelli di opposizione sono stati complici attivi delle leggi di riforma elettorale e quindi complici. Chi è fuori, i partiti sotto soglia, hanno come unico obiettivo di rientrare e con questa legge elettorale hanno bisogno soltanto di inventarsi accordi elettorali e non di proporre una nuova politica. La politica è morta anche a sinistra, spero che il Congresso PSI di Perugia mi smentisca. Ma chi vive sperando muore cantando ed io sono stonato.

Felice Besostri