Tempi duri per l’amministrazione comunale

di Luca Beltrami Gadola

Nell’ultima settimana sono successe molte cose e molti nodi sono venuti al pettine: la “casa”, il turismo e le dichiarazioni degli ambientalisti. Cominciamo dalla casa, ossia dal problema dell’accesso alla casa dei ceti più deboli, quello che alcuni chiamano housing sociale ma che le strategie messe in campo dal Comune sembrano non risolvere il problema. Molti articoli di ArcipelagoMilano ne hanno parlato, e non da ieri: sono decine a partire dal marzo 2009. Siamo ancora alto stesso punto di allora.

Voglio partire da un articolo del 15 aprile scorso comparso sulle pagine milanesi de la Repubblica a firma di Federica Venni, che ha intervistato alcuni attori sulla scena milanese che si occupano appunto di case sociali e ne riporto alcuni virgolettati.

“Noi avevamo una proposta per Piazzale Abbiategrasso ma abbiamo dovuto rinunciare, spiega Alessandro Maggioni presidente della cooperativa Solidarność: I costi di costruzione sono insostenibili e i tassi di interesse per finanziare il debito sono troppo alti; in più il bando che chiede il 50 per cento minimo di affitto a canone sociale non permette di avere le risorse per riqualificare.”

“Stiamo cercando in tutti i modi di andare fino in fondo – dice Masseroli già assessore all’urbanistica con Letizia Moratti e direttore di Strategia e sviluppo di Nhood Italy – pur nel rispetto delle regole del bando, stiamo facendo fatica con i conti a causa dell’aumento dei tassi di interesse.”.

II presidente di UniAbita Paolo Fiorello: “Gli obiettivi che il bando si propone sono sacrosanti ma forse sono troppi e creano uno sbilanciamento rispetto alla sostenibilità economica di una operazione il cui cuore è l’affitto calmierato.”.

L’assessore Maran; “II problema non è il bando ma il mercato, perché se gli operatori pensano che non si possa fare housing sociale nemmeno avendo le aree gratis, daremo una proroga di qualche mese per presentare le proposte definitive ma le regale del bando sono quelle e quelle restano. Capisco le difficoltà sui tassi, ma gli operatori devono capire che non possono più fare case a diecimila euro al metro e i fondi che vogliono una redditività sopra il 20/25 per cento devono ritirarsi dal mercato di Milano.”.(sic! ma chi glielo va a dire dopo aver fatto carte false pur di farli venire?).

Hanno ragione tutti, tuttavia curiosamente nessuno ha parlato dell’aumento dei costi in edilizia che a seconda degli esperti come INFOBUILD, dal 2020 ad oggi sono aumentati del 25%, non solo ma le imprese stentano a trovarli e alcuni fornitori non accettano nuovi ordini.

La collaborazione pubblico/privato per risolvere il problema casa non funziona, soprattutto, perché sono operazioni che alla fine tutte insieme immettono sul mercato dell’housing sociale qualche centinaio di alloggi e andando avanti cosi una “domanda” di qualche decina di migliaia di alloggi non sarebbe stata colmata mai.

Per risolvere il problema sono necessari finanziamenti da parte dello Stato, come giustamente sostiene Pierfrancesco Maran, allineandosi alla mia tesi, in una intervista pubblicata su la Repubblica Milano il 16 ultimo scorso. 

Dunque non funziona.

Da molto tempo, forte anche della mia partecipazione qualche anno fa al Consiglio di Amministrazione di ALER avevo capito che se il pubblico non fa investimenti diretti nell’housing sociale, il problema non si risolve, e questo andazzo andrà avanti finché nella testa di chi ci governa non arriverà l’idea che l’housing sociale sia una “struttura abilitante”, così come lo sono le scuole, gli ospedali, le tangenziali, le metropolitane e così via.

Veniamo al turismo.

Lo scorso weekend, quello pasquale, abbiamo assistito alla prima invasione di turisti a Milano: Galleria Vittorio Emanuele, le altre vie dello shopping e i Navigli erano così gremite di gente che ci si muoveva a fatica, non parliamo di Piazza del Duomo. Lunedì grandi commenti positivi parlando di ricaduta positiva sulla economia milanese.

Il 12 aprile, qualche giorno dopo, nella trasmissione TG2 POST, la conduttrice ha invitato quattro sindaci: quelli di Venezia, Cagliari, Agrigento e Salerno per commentare l’invasione dei turisti per le vacanze di Pasqua.

Tutti sì compiaciuti del successo economico per le loro città ma, a cominciare da Brugnaro, sindaco di Venezia, tutti hanno messo in evidenza gli effetti negativi di questo fenomeno che alla fine “consuma” la città e provoca l’esodo dei residenti che si vedono spossessati del loro territorio e costretti a cambiare stile di vita. Brugnaro riprende il discorso dell’introduzione di una prenotazione per l’ingresso a Venezia, con l’intento di ridurre l’afflusso, perché la città sta morendo di turismo.

Noi milanesi ci stiamo preparando al grande evento del Salone del Mobile e del Fuorisalone. Le previsioni sono di più di 327 mila visitatori e di una ricaduta di 223 milioni.

A parte le proteste che inondano i social e che compaiono sulla rubrica NOI CITTADINI della pagine milanesi del Corriere della Sera, e quelle di chi lamenta il disagio per i lavori di allestimento dei siti, (figuriamoci a Salone aperto!), la questione che nessuno solleva è: chi ne beneficerà? I soliti: quelli di cui ho parlato nella Lettera della settimana scorsa, alberghi (over booking), ristoratori, e così via.

Certo sono una grande occasione di lavoro per operai, tecnici, trasportatori, allestitori e così via, ma sono convinto che questa “punta” di attività vedrà una massa importante di lavoro nero, complice una legislazione farraginosa in materia di prestazioni occasionali che dopo la forte limitazione all’uso dei voucher nel 2017 (oggi si possono usare solo con i pensionati, gli studenti nel periodi di vacanza, i percettori di prestazioni integrative del salario o sostegno al reddito e i lavoratori part-time). Non ha tuttavia risolto il problema delle prestazioni occasionali: questa manifestazione del Salone del mobile non inciderà minimamente sulla stabilizzazione dei posti di lavoro, ma qui il discorso si fa troppo lungo.

Comunque ribadisco: i cittadini hanno il diritto di non vedersi espropriati della loro città. Chi ci deve pensare? Il Sindaco ovviamente, il problema è il suo da quando, appena eletto, pronunciò la frase: “Sarò il sindaco di tutti!”. Della serie promesse non mantenute.

Lunedì scorso gli ambientalisti hanno manifestato davanti a Palazzo Marino chiedendo che si dia seguito alle loro richieste formulate da tempo e, questa è una novità, la realizzazione di piste ciclabili di emergenza, un vero piano per la città a 30 chilometri orari, oltre alla introduzione delle domeniche a piedi per combattere l’inquinamento.

Sino ad ora le piste ciclabili non hanno avuto un reale effetto sulla diminuzione dei veicoli in circolazione e, se mai lo avessero avuto, sarebbe stato contrastato dall’aumento dei veicoli destinati alla consegna a domicilio. L’altro provvedimento, ridurre gli spazi a parcheggio, ha aumentato i percorsi che i cittadini devono fare per trovare dove lasciare l’automobile: ormai sono utilizzate persino le corsie centrali dei viali o delle vie che consentono di occupare lo spazio centrale. Dunque i problemi sono tutt’altro che risolti.

Comunque gli ambientalisti mi troveranno certamente al loro fianco nella richiesta delle domeniche a piedi: nessun turismo di massa da fuori Milano – e la città – finalmente per noi milanesi.