«dell’ on. avv. Felice C. Besostri*

Ringrazio la Presidente della Commissione, sen. Finocchiaro, che,  in questa occasione, ha acconsentito alla proposta della mia audizione.  Spero ardentemente che attraverso queste audizioni la Commissione Affari Costituzionali e l’aula siano in grado di licenziare un testo di legge elettorale, che non costringa i cittadini elettori ad impugnarlo per contrasto con la Costituzione, che affida la sovranità al popolo (art. 1 Cost.) con l’unico limite del rispetto della Costituzione: in una democrazia parlamentare rappresentativa la partecipazione alle elezioni è la massima espressione della volontà popolare. Questo auspicio era già stato formulato in sede di audizione del 14 gennaio 2014 presso la Prima Commissione della Camera dei Deputati: con esito negativo. Infatti ne è uscito un testo, conosciuto come Italikum ( che ho il vezzo di scrivere con la kappa al posto della “c”: fatto non rilevabile dalla pronuncia in sede di audizione). Il ddl A.S. 1385 e connessi presenta  uguali o analoghi problemi di costituzionalità alla luce dei principi enunciati dalla Corte Costituzionale nella “storica” sentenza n. 1/2014, anzi uno sicuramente più grave, come l’innalzamento della soglia di accesso dal 2%, derogabile per la lista coalizzata più  votata sotto soglia, al 4,5%. Una lista che non eguagli o superi il 4,5%  non solo non elegge rappresentanti, ma i suoi voti sono automaticamente trasferiti alla lista o alle liste della coalizione sopra soglia per essere conteggiati per accedere al premio di maggioranza nel caso di superamento della soglia del 37% ovvero per accedere al ballottaggio. La violazione dei principi del voto personale e diretto (artt. 48, co. 2 e 56, co. 1 Cost.) è evidente, ed anche del voto uguale e libero.  Con  la soglia interna di accesso al 4,5%, sulla base dei risultati delle elezioni per la Camera del 2013, di fatto in caso di coalizioni facenti capo al PD e/o Forza Italia, il premio di maggioranza sarebbe andato alla sola lista di maggioranza relativa della coalizione. Le proposta di attribuire di diritto il premio di maggioranza alla lista e non alla coalizione ha lo scopo di trasformare una situazione di fatto in diritto evitando le censure di costituzionalità sopra accennate. Si torna agli obiettivi dei referendum del prof. Guzzetta, i cui quesiti hanno motivato gli interventi, tra i quali anche il mio, in opposizione alla loro ammissione dando luogo alle sentenze n. 15 e 16 del 2008. Queste sentenze sono state la base dell’ordinanza della Cassazione e della decisione della Corte Costituzionale. Sarebbe importante che, traendo spunto dalla relazione introduttiva della Presidente da apprezzare per la sua problematicità su punti essenziali, che si faccia una riflessione sul premio di maggioranza, che, parafrasando Don Abbondio, a differenza del coraggio può essere data a chi non ce l’ha. Un premio di maggioranza assegnato in una percentuale di seggi, quale che sia la soglia di accesso o l’esito del ballottaggio, è tanto più consistente quanto minore è il consenso elettorale: fatto irragionevole. La maggioranza quando è assoluta, cioè la metà più uno dei seggi, è una maggioranza che di norma dovrebbe bastare sempre che le liste o le coalizioni fossero politicamente omogenee e non coalizioni raffazzonate unite solo dal premio di maggioranza.

Nel corso delle audizioni ritengo, o per lo meno io cercherò di attenermi il più possibile a questa linea, che gli esperti non debbano illustrare i meriti del loro sistema elettorale preferito. Per me non ha alcun senso, perché secondo l’insegnamento del mio indimenticato e indimenticabile Maestro, il prof. Paolo Biscaretti di Ruffìa non sono le norme giuridiche in astratto e definire il funzionamento delle istituzioni e delle leggi elettorali, ma il loro concreto esercizio da parte dei soggetti politici, sia che si tratti dei partititi politici ex art. 49 Cost o delle formazioni sociali menzionate dall’art. 2 Cost., ovvero dei singoli cittadini nell’esercizio del loro diritto di voto( art.48 Cost.) e di candidatura(art. 51 Cost.). Tra i vari modelli elettorali, cui si è fatto riferimento in questi anni -per poi approdare ad originali, ma purtroppo incostituzionali, modelli domestici come le modifiche introdotte ai Testi Unici per l’elezione della Camera e del Senato dalla L. n. 270/2005 o quelle proposte dall’Italikum- particolare successo hanno avuto il sistema maggioritario con ballottaggio eventuale della Francia o il proporzionale con soglia di accesso della Germania Federale. Si tratta di sistemi collaudati nella Francia della Costituzione della V Repubblica dal 1958 con l’eccezione della legislatura iniziata nel 1986 e in Germania dall’adozione della Grundgesetz nel 1949, sia pure con incisivi interventi del Tribunale Costituzionale Federale. In Italia con l’Italikum saremmo al quarto cambiamento significativo dal 1948 dopo quelli delle leggi n. 276 e 277 del 1993 e la legge n.270/2005. Il tutto senza tener conto delle esperienze passate, che insegnano che non si possono fare leggi elettorali su misura per chi sia al governo nel momento dato o inseguendo i sondaggi sulle intenzioni di voto.. Né per ragioni politiche contingenti come è stato fatto per l’introduzione della soglia d’accesso del 4% nella L. n. 18/1979 con la legge n. 10/2009 con la motivazione dei relatori senatori  Ceccanti e Malan che bisognava “impedire che rientrassero in gioco le forze politiche escluse dal parlamento nel 2008”. Una nuova legge elettorale, quantunque con la sentenza  n. 1/2014 si abbia una legge elettorale di risulta  immediatamente applicabile, richiederebbe un ripensamento complessivo degli strumenti e delle m normative di contorno. Per esempio l’opportunità di prevedere per le leggi elettorali, la categoria delle leggi organiche, intermedia tra le norme di rango costituzionale e le leggi ordinarie, come ci sono in Francia e in Spagna. L’adozione di un codice elettorale, che comprenda i vari tipi di elezione e le norme su finanziamento delle campagne elettorali, richiede una stabilità dei sistemi elettorali, che da noi pare lontana e che sarebbe opportuno sia affrontata dopo le pronunce di principio della Corte Costituzionale sulle leggi elettorali regionali, a partire da quella lombarda, in seguito all’ordinanza del TAR Lombardia , Sez. III, n. 2261/13 del 8-9.10.2013, in attesa di fissazione d’udienza in Corte Costituzionale  nel procedimento n.95/2014 Ord.

E’ vero che la legge elettorale può modificare l’offerta politica per cui non si possono proiettare su una nuova legge elettorale i risultati di una elezione svolta con altra legge tanto più se sono diversi il sistema e la cultura politica.

Tuttavia non è inutile osservare che mentre nelle elezioni francesi del 2012 su 577 collegi le triangolari sono state soltanto 46, uno scarso 8%, in Italia con i risultati Camera 2013 sarebbero state la regola e non sarebbero escluse un certo numero di quadrangolari.

Nella sentenza n. 1/2014 vi è un riferimento puntuale alla giurisprudenza del Bundesverfassungsgericht (Tribunale Costituzionale Federale) e ciò per precise ragioni:

1-L’art.38 della Grundgesetz ( Legge Fondamentale, che tiene luogo  di Costituzione) ha formulazione coincidente con il nostro art.48.
2-La Grundgesetz non ha costituzionalizzato, come nostra, il sistema elettorale ma nella Grundgesetz non vi è una norma come il nostro articolo 66, al contrario avverso le decisioni del Bundestag, la loro Camera dei Deputati, in materia di ricorsi elettorali  è dato ricorso al Tribunale Costituzionale Federale.

In tal modo si è prodotta una ricca giurisprudenza che giocherà un ruolo anche nella futura giurisprudenza della nostra Corte CXostituzionale. Di due sentenze in particolare si dovrà tenere conto sia di quella sugli Überhangmandaten (BVergG,2,BVF 3/11 del 25/7/2012), cioè i mandati aggiuntivi per riproporzionalizzare l’esito delle elezioni e quella sul Drei Länder Quorum (BVergG,2BuE 1/02 del 26.10.2004) Con la prima si è affermato il principio che nessuna lista o candidato può essere avvantaggiato o svantaggiato dal comportamento  di elettori di altra circoscrizione nella quale non siano candidati;  con la seconda che non possono essere poste soglie a nuovi soggetti , che potenzialmente  possano competere obbligandoli a presentarsi in più circoscrizioni. Dal combinato disposto di questi principi è escluso un premio di maggioranza che produca l’elezione di candidati in collegi diversi da quelli in cui il comportamento elettorale ha prodotto per alcuni partiti il raggiungimento della soglia di accesso per il premio di maggioranza, ovvero il mancato raggiungimento della soglia d’accesso nazionale per la rappresentanza. Ogni premio di maggioranza nazionale viola il principio del voto personale e diretto perché comporta l’elezione di candidati non votati nel proprio collegio.

Una soglia di accesso nazionale derogata soltanto per le minoranze linguistiche che abbiano una norma di tutela nello Statuto di Regione o Provincia Autonoma, collide con l’art. 3 Cost. sia perché ci sono minoranze linguistiche riconosciute dalla L.482/1999 in regioni a statuto ordinario, si pensi alla Calabria e al Piemonte, e la più consistente minoranza linguistica, quella sarda, non ha norme di tutela nello Statuto e inoltre si discriminano rispetto alle minoranze linguistiche quelle politiche che legittimamente abbiano un programma politico limitato ad una parte del territorio nazionale. Le soglie d’accesso unite al premio di maggioranza sono obiettivamente un fattore di distorsione ma la discussione sul limite non è quella decisiva per la distorsione con una soglia d’accesso del 10%, il limite delle sentenze Yumak e Saccomanni della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, se fosse esclusa una sola lista del 9%, ci sarebbe una distorsione della rappresentanza minore di quella che si verificherebbe con una soglia del 3% che escludesse 8 liste del 2,5%. Per evitare questa distorsione occorrerebbe, quindi porre un limite percentuale assoluto alle esclusioni da soglia. Tuttavia questi problemi di soglia e premi di maggioranza sarebbero facilmente superabili con un vero sistema maggioritario con collegi uninominali, non importa se britannico o francese, ambedue perfettamente costituzionali,  come ho detto in sede di discussione dell’ordinanza 12060/2013 della Cassazione dinnanzi alla Corte Costituzionale il 3 dicembre 2013. Non si corre questo rischio nelle riforme in itinere, perché i sistemi maggioritari non possono essere truccati: la maggioranza si conquista conquistando la maggioranza assoluta dei collegi uno per uno.

Già con la legge n.270/2005 si sono sperimentati i rischi di una legge elettorale, concepita come funzionale ad una parallela revisione costituzionale. Sarebbe quindi opportuno prevedere una norma transitoria sulla legge elettorale per il Senato che eviti in caso di elezioni anticipate il formarsi di maggioranze politiche differenziate che ora non dipenderebbe dai premi di maggioranza regionali ma dalle soglie di accesso differenziate tra le Camere, irragionevolmente doppie per il Senato con la metà dei membri. La soglia per le coalizioni, 20%, è superiore a quella prevista dall’Italikum: eppure si continua a ripetere, del tutto falsamente, che si tratta di legge proporzionale.
Nel progetto di legge di revisione della legge elettorale, come del resto nella legislazione elettorale italiana passata e presente con la sola eccezione del caso di elezioni comunali in piccoli comuni(’art. 60 del D.P.R. 16.05.1960, n. 570) con una sola lista di candidati,  è assente ogni riferimento alla percentuali di votanti rispetto agli iscritti alle liste elettorali. La decisione di non votare con l’abolizione della relativa menzione nel certificato di buona condotta una volta rilasciato dai Comuni, non ha alcuna rilevanza sull’esito delle elezioni e in ordine alla loro regolarità. In Francia è differente sia per la proclamazione del candidato al primo turno, che per l’ammissione al ballottaggio. Per essere proclamato al primo turno non basta al candidato la maggioranza assoluta dei voti validi i voti conseguiti siano pari ad almeno un quarto degli elettori iscritti. L’ammissione al ballottaggio non è riservata ai due candidati più votati, ma anche a quelli che abbiano superato il 12,50% degli elettori iscritti. Vi è un principio di rappresentatività minima del corpo elettorale del tutto assente nella nostra legislazione e nello stesso testo all’esame del Parlamento. La partecipazione elettorale è in costante diminuzione, si pensi alle elezioni europee 2014, e sarebbe opportuno nell’interesse della rappresentatività degli origani elettivi che accanto ad una soglia in voti o seggi sia prevista una soglia di partecipazione degli aventi diritto per l’attribuzione del premio di maggioranza ovvero  per l’ammissione al ballottaggio.
Ultima osservazione bisogna introdurre una giustiziabilità delle leggi elettorali a Costituzione invariata adottando una norma che consenta almeno l’impugnabilità delle operazioni elettorali preparatorie come era previsto dall’art.44 c.2 lett.d) della L. n.69/2009 sulla base della quale si è adottato il codice del processo amministrativo. Si potrebbe ovviare ad inconvenienti maggiori forse nessuno sa che,  malgrado la sentenza n. 1/2014 della Consulta, sono tutt’ora applicate  o si vorrebbe applicare le norme annullate dalla Corte Costituzionale  alle surroghe dei parlamentari eletti nel parlamento europeo o cessati per altra ragione: una sorta di porcellum aeternum.

* esperto della materia, componente della Prima Commissione del Senato della Repubblica nelle XIII^ Legislatura, membro  delle Commissioni Affari Giuridici e  Diritti Umani e Regolamento e Immunità dell’Assemblea Parlamentare del Consiglio d’Europa (1997-2001), docente di Diritto Costituzionale Comparato nella Facoltà di Giurisprudenza dell’Università Europea Umanitaria di Minsk A.A. 2001/2002, ricercatore universitario confermato con incarico di docente di Diritto Pubblico Comparato nella Facoltà di Scienze Politiche dell’Università degli Studi di Milano per A.A.  2005/2006-2009/2010(aprile), avvocato abilitato per magistrature superiori, componente del collegio difensivo nei ricorsi per illegittimità costituzionale in parte qua della L. n. 270/2005.