«Non c’è più differenza di comportamenti tra società civile e classe politica, come iscritti ed elettori , ma anche i componenti degli organi dirigenti, apprendono da interviste la linea politica del proprio partito, allo stesso modo amministratori , azionisti e manager della FIAT hanno conosciuto gli orientamenti del loro Amministratore Delegato dalla trasmissione di Fabio Fazio.
Il nostro sta giocando una politica a tutto campo per imporre relazioni industriali e sindacali conformi alla sua visione: in poco tempo è passato da manager d’ispirazione socialdemocratica secondo Fassino, un possibile candidato sindaco a Torino, a esponente del padronato di stile ottocentesco secondo Landini, segretario generale della FION-CGIL.
Con tutta probabilità queste due immagini di Marchionne non si attagliano alla persona reale, ma sono, piuttosto, proiezioni di Fassino e Landini, delle loro proiezioni o fantasmi.
Marchionne è amministratore Delegato della FIAT è deve in primo luogo fare gli interessi dell’azienda e dei suoi azionisti ed anche i suoi personali. Nella crisi della FIAT e dell’auto in generale si è mosso con determinazione ed efficacia sullo scenario internazionale, dopo Garibaldi è l’unico italiano Eroe dei Due Mondi. Il successo, come in politica (do you remember Mario Segni?) dia alla testa, faccia perdere il senso delle proporzioni. Nella loro saggezza gli antichi romani quando tributavano il Trionfo ponevano sul cocchio. accanto al generale vincitore, uno schiavo, che, oltre che sostenere la corona di alloro, nel momento culminante della cerimonia gli ripeteva Memento mori! Memento te hominem esse! Respice post te! Hominem te esse memento! (in italiano suonerebbe più o meno così: “Ricordati che devi morire! Ricordati che sei un uomo! Guardati attorno! Ricordati che sei solo un uomo!” fonte Wikipedia). Con l’abolizione della schiavitù classica ai grandi personaggi mediatizzati della politica o della società civile non c’è più nessuno che loro ricorda di non allargarsi, proprio per questo ho apprezzato Vendola, quando in pieno delirio congressuale, si è impegnato a non dimenticare mai di essere “un ragazzo di Terlizzi”. E’ vero che”in politica le promesse impegnano soltanto chi le ascolta” ma Vendola non è, per la sua storia, un politico cinico come Clemenceau, cui la frase è attribuita.
Marchionne con le sue dichiarazioni sull’Italia e i sindacati italiani ha diviso la politica e, temporaneamente riunito i sindacati. La sua bestia nera è la FIOM ma il suo giudizio è stato un colpo anche per CISL e UIL, che avevano accettato l’accordo di Pomigliano, in cambio si sono presi un giudizio d’irrilevanza per determinare nuove relazioni sindacali, tese a estendere il modello Pomigliano a tutta la metalmeccanica o quantomeno a tutto il settore auto. Mi annovero anch’io tra i critici del sistema Italia e per questo lo voglio cambiare da socialista democratico, ma il cambiamento non può portarci all’indietro, quando l’organizzazione sindacale e gli scioperi erano vietati. Non ho esperienza di lavoro in catena di montaggio, come la stragrande maggioranza dei politici che si esprimono sul caso e anche alcuni sindacalisti distaccati dalla produzione da troppo tempo, e aver visto una decina di volte Tempi Moderni di Charlie Chaplin non colma le mie lacune, quindi non è serio entrare nel merito di singole clausole dell’Accordo di Pomigliano, che pure ho letto e cercato di capire con l’aiuto di un compagno ex-sindacalista. Ho l’impressione che molti dei politici che si sono espressi a favore siano ancora meno informati di me. Mi attengo a principi generalmente accettati nei paesi democratici per cui gli accordi sindacali sono frutto di una trattativa, anche dura: A Pomigliano l’accordo fin dall’inizio, salvo dettagli, è stato un “prendere o lasciare”. Alcuni sindacati hanno detto sì, la FIOM, invece, no, del tutto legittimamente. Si è fatto anche un referendum tra i lavoratori, che dovrebbe essere la regola, ma si sa i referendum sono come le primarie, si sono fatte quando l’esito era scontato, dovessero riservare delle sorprese, come a Milano, ci sarà un ripensamento. Semmai la sorpresa è stata la percentuale di adesione, inferiore alle aspettative, tenuto conto dei tesserati FIOM e dall’alternativa drammatica di approvare l’accordo o rischiare la perdita del posto di lavoro.
Proprio Marchionne non è riuscito a spiegare come con un tasso di sindacalizzazione del 50% e con una FIOM al 12%, non riesca a far passare la propria linea. Probabilmente i problemi stanno anche altrove.
Sulle parole di Marchionne c’è stata l’adesione entusiastica di Casini, che ha superato Montezemolo, e le critiche di Fini e anche il Segretario del PSI si è espresso dando credito a Marchionne.
Quali che siano le opinioni non c’è dubbio che si tratta di una questione rilevante per le sue implicazioni politiche e sulla quale, sempre per usare parametri europei si sarebbe dovuto esprimere un organo di partito al massimo livello, quantomeno una Direzione Nazionale. Sulla vicenda Fiat si rischia uno spartiacque tra le forze politiche, anche di opposizione, che già non sanno come riformare la legge elettorale. Se lo scontro tra Marchionne e la FIOM e la CGIL dovesse diventare uno scontro di civiltà, non c’è spazio per mediazioni: un socialista democratico deve stare dalla parte dei diritti e dei lavoratori, anche senza cedere alle tentazioni di parole d’ordine come lo sciopero generale. Un socialista democratico, di stampo europeo, dovrebbe comunque dare delle indicazioni, come rilanciare l’unità sindacale, un processo che è nelle mani della base dei sindacati come dei loro dirigenti, ma che la politica può auspicare. Un socialista dovrebbe porre attenzione alla debolezza strutturale di un movimento sindacale organizzato su base nazionale, quando si ha una multinazionale quale controparte. L’azienda gioca su più tavoli mentre manca un tavolo nel quale operai italiani, polacchi e serbi e i loro sindacati possano confrontarsi e trovare intese. E’ inammissibile per un socialista dichiararsi soddisfatto se gli investimenti a Pomigliano comportassero il mantenimento di quei posti di lavoro, ma, in ipotesi il licenziamento di 5.000 polacchi e/o di 3.000 serbi. Una riforma del nostro sistema politico non dipende soltanto dalle leggi elettorali ma anche e soprattutto da una riforma dei partiti politici, cioè dare attuazione all’art. 49 della Costituzione con una regolazione del funzionamento interno dei partiti e del loro finanziamento, per tener conto della funzione pubblica che esercitano. Per un diverso assetto del nostro sistema è altrettanto importante dare attuazione all’art. 39 della Costituzione sull’organizzazione sindacale, con la definizione della rappresentanza. Infine dar vita ad uno schema di relazioni tra partiti di sinistra e sindacati, perché gli interessi rappresentati in buona parte si sovrappongono, pur con le specificità delle loro funzioni. Il tempo delle cinghie di trasmissione è definitivamente archiviato, ma una sua sostituzione con un’indifferenza reciproca è sbagliato. L’esistenza di una Centrale Unica Sindacale autonoma dai partiti è una pietra angolare nella relazione con i partiti, così è nata e rinata nel dopoguerra la CGIL. Senza questi obiettivi un partito socialista e di sinistra degno del suo nome e dell’appartenenza al Socialismo europeo e internazionale non giocherà mai un ruolo nella ricostruzione e rinnovamento della sinistra italiana. Se gli obiettivi sono altri li si espliciti con chiarezza affinché si riapra un dibattito e un confronto interno tra nostalgie centriste e speranze riformatrici. Alla prova Marchionne l’unità del documento congressuale appare superata.
Felice Besostri della Direzione Nazionale PSI