PREMESSA  a cura di Felice Besostri |

Questo articolo è da meditare perché dovrebbe porre fine alla polemica che giustifica l’opposizione, assolutamente legittima, all’invio di armi all’Ucraina con la differenza tra le armi inviate ai partigiani.

La differenza tra 2 avvenimenti in luoghi e tempi diversi c’è sempre, come tra l’aggressione russa all’Ucraina e quella nazi alla Cecoslovacchia, ma non può essere strumentalizzata per giustificare un’opposizione politica.

Aiuti la parte che senti più vicina e per l’obiettivo che persegue l’Ucraina è stata aggredita e ha diritto alla legittima difesa diritto inalienabile, che non è violazione del nostro articolo 11 Cost. aiutarla anche con armi, ma la legittima difesa deve, anche nel codice penale, essere proporzionata, quindi se riceve un missile non può usarlo per colpire civili in un città russa anche al confime, ma per basi russe di lancio missili in Crimea sì.

Chi sta spostando l’opinione pubblica italiana da una posizione filo-ucraina non è la disijnformacya russa ma la massmedia-information main stream con le dichiarazioni di Joe ” Boiled” Biden o le interviste di Jens “Foolish” Stoltenberg. Il primo ossessionato dalle mid term election e il secondo incazzato che ha dovuto rinunciare per 12 mesi a un più remunerato e prestigioso incarico pubblico  di governatore della Banca di Norvegia.

Quei due e il PM Johnson non devono guidare la strategia militare di sostegno all’Ucraina, perché hanno obiettivi diversi da quelli della legittima difesa, anche quello che è trattabile deve essere un’autonoma decisione ucraina. La contrarietà all’invio di armi, sempre e comunque, è di quelli che avrebbero preferito una resa o un rifugio all’estero del Presidente ucraino, per un giudizio negativo, che condivido, sull’allargamento a Est della NATO, che comunque non giustificava, non giustifica e non giustificherà mail l’aggressione russa decisa da PUTIN e i crimini di guerra compiuti.

L’Ucraina è la dimostrazione che la sinistra italiana non solo non ha i numeri democratici, che sono i voti, per governare l’Italia, ma nemmeno le idee di una politica estera di un Paese membro della UE e della NATO, oltre che dell’ONU e nel rispetto della Costituzione, articoli 11 e 52 compresi. La NATO è un problema importante, tra l’altro se compatibile con un esercito europeo, ma che non si risolve cantando la Rossa Provvidenza (“buttiamo a mare le basi americane”) o pensando a contrario che ci ha meglio tutelato del Patto di Varsavia.

Nel suo discorso per la sfilata commemorativa della vittoria nella Grande Guerra Patriottica Putin ha ripetuto la giustificazione della reazione preventiva, ma allo stesso tempo ha escluso allusioni all’allargamento della guerra e alle armi atomiche. Se si fosse interessati alla ricerca di soluzioni diplomatiche, ci sarebbero stati spunti per mantenere aperta anche questa strada. Senza la fornitura di armi e i problemi creati al progetto di passeggiata avremmo avuto un Putin più aggressivo e minaccioso.

La strada diplomatica non è cosparsa di rose e fiori, anche lasciando la Crimea da parte.

Per esempio, un conto è l’incorporazione delle per il momento due repubbliche del Donbass nella Federazione russa altra la loro trasformazione in Repubbliche autonome nell’ambito di una Federazione Ucraina, stato membro della UE o semplicemente definirne l’estensione territoriale, se coincidente o no con gli Oblast di Luhansk e Donetsk.

Come è un problema  il diritto di partecipare ad un referendum non manipolato sul futuro delle Repubbliche autoproclamate, quando proprio l’aggressione ha dimostrato che russofoni e russofili non coincidono.

Il Parlamento è stato lasciato da parte, ma i suoi membri conoscono e praticano l’art. 67 Cost. per cui rappresentano la Nazione e non il capo partito, che li ha nominati grazie a multi-candidature e a liste totalmente bloccate anche se corte? Dove stava l’interesse della Nazione e dell’istituzione parlamentare quando hanno approvato, con l’eccezione del Trentino–Alto Adige/Südtirol, un taglio demenziale dei membri del Parlamento e approvato la terza legge elettorale incostituzionale dopo Porcellum e Italicum?

L’Ucraina fra Urss e Russia

di Favio Vander |

La storia è maestra di vita, ma aiuta anche a capire il presente, anzi la cronaca. In un articolo sul manifesto, citando il grande libro di Vasilij Grossman su Stalingrado, ricordavo la “sorpresa” che colse l’URSS al momento dell’attacco hitleriano del giugno 1941, la stessa che ha colto oggi troppe cancellerie (e stati maggiori) davanti all’aggressione di Putin all’Ucraina.

Hitler credeva nel successo della “guerra lampo”, proprio come Putin immaginava un’avanzata travolgente in Ucraina, fino a Kiev, a destituire Zelensky e poi ancora oltre.

Dopo i gravissimi rovesci iniziali Stalin fu costretto a cambiare strategia e a dare sempre maggiore peso al generale Zukov, futuro Maresciallo dell’Unione Sovietica, teorico di una strategia opposta alla sua.

Così Putin ha dovuto cambiare il comando delle operazioni in Ucraina, tanto che la seconda ondata russa procede assai lentamente, con più attenzione alla difesa che all’attacco in profondità.

Dal canto suo l’attuale stato maggiore ucraino non fa che riprendere i moduli della scuola strategica sovietica, rielaborati appunto dopo Stalingrado, per usarli contro i russi. Anche qui la storia insegna: gli ucraini fanno coi russi, quello che i sovietici fecero con i nazisti.

Chi denazifica chi, a questo punto è da vedere. Certo fra russi e ucraini oggi i sovietici sono gli ucraini (i russi semmai sono neo-stalinisti e, dopo i deliri di Lavrov su Hitler ebreo, pure anti-semiti). La “grande guerra patriottica” dei giorni nostri è quella degli ucraini.

Ma Zukov scrive anche che nel 1943 l’esercito sovietico “ardeva dal desiderio di liberare il popolo ucraino dopo tante sofferenze dal pesante giogo degli occupanti”. Come dire: oggi l’esercito sovietico combatterebbe gli “occupanti” russi.

E non solo. Ai primi di novembre 1943 a Stalin giunse un telegramma: “Con immensa gioia comunichiamo che il compito di conquistare la nostra bellissima città di Kiev, capitale dell’Ucraina, è stato assolto dalle truppe del primo fronte ucraino. La città di Kiev è completamente liberata dagli occupanti nazisti”.

Ciascuno può fare i paragoni con l’oggi, ma Zukov scriveva: “Come brillavano gli occhi dei kieviani, vedendo non in sogno, ma nella realtà, i loro liberatori, i loro fratelli, i soldati sovietici!”. Che i kieviani e gli ucraini d’oggi vedano dei liberatori nei soldati russi non si direbbe.

Ma fa riflettere soprattutto quanto Zukov scrive sugli aiuti americani. A suo dire l’Urss riuscì a battere l’aggressione nazista grazie certo alla forza del popolo russo, ma anche all’aiuto degli alleati: “Il nostro paese si era manifestato in tutta la sua potenza. Le relazioni con gli alleati nel 1943 erano migliorate. Avevamo ricevuto dall’America materiali e attrezzature in misura alquanto superiore a quella dell’anno precedente, ma quest’aiuto era lontano da quanto era stato promesso”.

I sovietici aspettavano dunque con ansia gli aiuti militari occidentali e lamentavano semmai il rallentamento delle forniture. Stalin in una intervista alla Associated Press dell’ottobre 1942, in piena battaglia di Stalingrado, chiedeva “carri armati, cannoni anticarro, bombardieri di medie dimensioni, piastra blindata, caccia e ricognitori aerei, filo spinato”. Sembra la lista di Zelensky (gli occidentali inviarono allora oltre 14.000 aerei da combattimento, qualcosa di più di una no-fly zone).

In questi giorni abbiamo letto di molti tentativi di marcare la differenza fra gli armamenti ricevuti dalla Resistenza italiana e internazionale e quelli richiesti oggi dall’Ucraina, ma gli argomenti a sostegno sono più polemici che seri.

Zukov invece fu onesto e si domandò: “Quale funzione ebbero gli aiuti militari ed economici fornitici dai nostri alleati durante il 1941 ed il 1942?” Per rispondere che ben accetto fu “l’aiuto, tanto reclamizzato dagli alleati, che ci perveniva col sistema lend-lease, in proporzioni ben lontane da quelle promesse”.

Simone Pieranni ha giustamente ricordato sul manifesto che proprio quella legge del 1941 è stata oggi ripresa negli Usa per facilitare e velocizzare il sostegno all’Ucraina invasa. Diciamo che ciò che favoriva i sovietici, danneggia oggi i russi, ma lo strumento è lo stesso usato contro i nazisti.

C’è un passo simpatico nel grande romanzo di Grossman su Stalingrado, un generale sovietico dice ad un altro: “Amico mio, alla tattica tedesca per il momento possiamo opporre solo un russissimo ‘speriamo bene’”. Non è l’italianissimo “io speriamo che me la cavo” ma certo prova che al mondo, per fortuna, non siamo soli (a credere nella pace).