Rinviata l’udienza del 4 ottobre sulla costituzionalità del sistema, si farà verso Natale
o l’anno prossimo. Alla Camera arrivano le mozioni per cambiare la legge.

di Dino Martirano

Il presidente della Corte costituzionale ha rinviato a «nuovo ruolo» — il che può voler dire a Natale o addirittura all’anno nuovo, comunque dopo il referendum di fine autunno — l’udienza prevista per il 4 ottobre in cui la Consulta avrebbe dovuto giudicare la nuova legge elettorale (Italicum). Il giudice Paolo Grossi ha preso la sua decisione dopo aver «sentito il collegio», che si è riunito a lungo il 19 pomeriggio, e l’ha resa pubblica a pochi giorni dal consiglio dei ministri che il 26 settembre farà chiarezza sulla data del referendum costituzionale di fine novembre/inizio dicembre.
Ora il nuovo calendario mette al riparo la Corte, che è organo di garanzia, alla vigilia di una consultazione referendaria molto delicata per il governo: un pronunciamento severo sull’Italicum (magari con la bocciatura del ballottaggio) avrebbe infatti rappresentato un segnale positivo per il fronte che dice No alla riforma costituzionale Renzi-Boschi. Specularmente, un piccolo intervento col bisturi sulla legge elettorale sarebbe stato letto come un favore al fronte del Si.

Meglio rinviare a «nuovo ruolo», si son detti i 14 giudici delle leggi riuniti in camera di consiglio con il presidente Grossi. Il quale — dopo aver tenuto duro sull’udienza del 4 ottobre per 5 mesi — alla fine si è adeguato alla prassi che consente anche a un singolo giudice di chiedere e ottenere «d’ufficio» il rinvio di una udienza pubblica. Uno slittamento era comunque nell’aria. Ma fino a poche ore fa il punto di caduta era quello di celebrare l’udienza pubblica del 4 ottobre per poi comunicare l’esito della decisione dopo il referendum. Nel collegio della Consulta, evidentemente, è prevalso il timore di possibili strumentalizzazioni da parte di uno come dell’altro fronte referendario. E quindi passata la linea di «rinviare a nuovo ruolo la trattazione delle questioni di legittimità costituzionale sollevate dai tribunali di Messina e di Torino» sull’Italicum. Una decisione, questa, che non scontenta i promotori dei ricorsi: «L’importante è che l’Italicum venga giudicato prima della sua applicazione», osserva l’avvocato Felice Besostri. E che non disturba più di tanto la minoranza del Pd: «Scelta saggia, in questo modo la Corte non viene tirata per la giacchetta», aggiunge il senatore dem Miguel Gotor. La decisione della Corte, alla fine piace anche al centrodestra (pare che il presidente emerito della Consulta Annibale Marini abbia molto perorato il rinvio) anche se poi il capogruppo Renato Brunetta parla di «enorme favore a Renzi».

La palla, così, torna alla politica. Domani alla Camera si discute la mozione di Sinistra italiana e i centristi di Ap hanno annunciato che presenteranno un testo firmato da Dore Misuraca per riscrivere l’Italicum. L’iniziativa degli alfaniani punta al turno unico con premio di maggioranza alla coalizione contenuto a 90 deputati: si tratta della proposta Lupi (Ap) che assomiglia molto a una delle tre opzioni formulate da Renzi nel 2014 quando diventò segretario del parito. E il Pd, che stasera riunisce i suoi deputati, dovrà prendere una decisione: «Spero in un’iniziativa del governo», avverte l’ex segretario Pier Luigi Bersani. Ma tra i renziani gli annacquatori «salva Italicum» sono già all’opera.

Fonte: Corriere della Sera

La Consulta rinvia il verdetto sull’Italicum

di Liana Milella

La Consulta rinvia il verdetto sull’Italicum. Una scelta motivata sia da ragioni tecniche, e cioè il prossimo arrivo di nuovi ricorsi sulla stessa materia, sia politiche, ossia evitare che qualsiasi sentenza, favorevole o contraria all’Italicum, possa essere letta e quindi strumentalizzata in vista del voto sul referendum. Un esito che sia il Quirinale sia Renzi vedono di buon occhio.
L’opzione della Consulta è stata netta. Il 4 ottobre non si terrà neppure l’udienza pubblica sulla costituzionalità della nuova legge elettorale per la Camera, che pure avrebbe potuto tenersi, ibernando poi la decisione a un successivo momento, come pure è avvenuto tante volte.
Il presidente Paolo Grossi ha deciso di esercitare il suo «potere presidenziale» e rinviare il quesito a un nuovo ruolo. Quando? I giudici non lo hanno deciso, ma è certo che la Corte, a questo punto, affronterà la questione solo dopo il referendum. Quindi il prossimo anno.

L’ipotesi di un rinvio circolava da giorni, ma solo ieri, nel primo appuntamento collegiale dopo le ferie per l’usuale “lettura delle sentenze” del lunedì, i giudici hanno affrontato collegialmente il caso e hanno scelto la soluzione che è parsa la più lineare anche tecnicamente, visto che oltre alle ordinanze di Torino e Messina, è in arrivo quella di Perugia e probabilmente anche altre delle 23 frutto dei ricorsi del Comitato Besostri.
I giudici non sono stati tutti d’accordo sul rinvio, anche se una larga maggioranza ha ritenuto che questa fosse la strada preferibile. Il costituzionalista milanese Nicolò Zanon, nominato due anni fa da Napolitano, ha chiarito che, nella sua veste di relatore, sarebbe stato comunque pronto a discutere e a decidere, come ogni giudice dovrebbe fare in una situazione del genere.
Il rinvio di Grossi sarà secco, non conterrà una motivazione. Neppure quella che l’udienza del 4 era stata fissata calcolando che la partita del referendum sarebbe stata già alle spalle. Nessuna considerazione di quelle fatte ieri dai giudici, come tenere al riparo la Corte da qualsiasi tempesta politica. Ancora: stare fuori da possibili influenze politiche sulla decisione, ma neppure influenzare il voto, con una decisione che sarebbe suonata come una promozione o una bocciatura per il governo.

Nell’ottica di giocarsi tutto al referendum, senza avere distrazioni, il rinvio non dispiace affatto a Matteo Renzi. Anzi, a Palazzo Chigi, sono convinti che la scelta della Corte sia, oggi, «un aiuto» alla causa referendaria. Lascia il terreno libero alla campagna, evita di introdurre nuovi temi all’ordine del giorno. Adesso infatti resta da superare il passaggio parlamentare sulla mozione di Sel che giudica incostituzionale la legge. Stasera assemblea dei deputati del Pd, domani il voto in aula sui testi.
Oggi si riuniscono i deputati Pd, domani alla Camera il voto sulle mozioni.

Fonte: La Repubblica