di Franz Fotihuffingtonpost.it |

Non si è ancora valutato il timore di trovarsi di fronte a un serio allarme per la nostra democrazia istituzionale, politica, economica e sociale

Il fatto che il 60% degli aventi diritto al voto si sia astenuto alle recenti elezioni ragionali rappresenta la manifestazione di dissenso trasversale, di ostilità silenziosa, più eclatante della nostra storia post bellica, forse la più invisibile, ma certamente la più inquietante fra tutte quelle che abbiamo conosciuto nel nostro Paese. In ogni parte del mondo le grandi manifestazioni di massa tentano di provocare scossoni politici, stimolando rinnovamento di scenari governativi, economici, sociali e legislativi. Lo scossone dell’astensionismo non sembra aver generato tra gli schieramenti di governo e di opposizione la giusta preoccupazione. Non si è ancora valutato il timore di trovarsi di fronte a un serio allarme per la nostra democrazia istituzionale, politica, economica e sociale.

La nostra democrazia e quelle occidentali moderne, trasparenti e lineari, non potranno mai realizzare benessere collettivo, partecipazione, sostenibilità economica e sociale, basando le proprie governance su un consenso elettorale espresso da un terzo dell’elettorato. Sarà sempre più difficile raggiungere un accettabile equilibrio economico e sociale senza una democrazia robusta.

Ciò che è accaduto nel nostro Paese non è stato analizzato attentamente. I partiti di governo e di opposizione hanno portato all’incasso vittorie e sconfitte senza mai esplicitare la gravità degli errori commessi e senza un solo cenno alle ferite inferte al corpo sociale, soprattutto alle fasce più deboli. Quel che impressiona è il fatto che tutto ciò venga accettato, ruminato e poi scaraventato nel mediocre agone dell’informazione e della politica come espressione quasi artistica e ormai nuovo standard della civiltà del consumo, dell’ignoranza, dell’egoismo,  dell’indifferenza, del chiasso sconclusionato dei social, insomma quasi un’accettabile dimensione del casino esistenziale, caos sanremese, occidentale, nient’altro che questo.

Stiamo precipitando in una zona grigia pericolosa in cui l’educazione diventa una forma offensiva di relazione, la conoscenza viene soverchiata dall’ignoranza, il pensiero è cosa complessa da cui stare alla larga tanto non serve a niente, il potere arrogante è un segno di necessaria distinzione e non uno stigma, la violenza, soprattutto quella verso le donne e tra i giovani si interpreta come conseguenza ineluttabile delle scosse sociali temporanee, la transizione ambientale è un lusso che non possiamo permetterci. L’area dei problemi irrisolti si dilata ulteriormente. L’astensione è interna a questi fenomeni e il rifiuto del voto come protesta mette a nudo politica, istituzioni e partiti e non è da escludere che dalla rivoluzione silente del non  voto possano nascere movimenti politici e sociali di nuova opposizione.

Gli interessi dei cittadini vanno rimessi al centro dell’azione politica e la loro rappresentanza deve essere improntata  al bene comune e all’interesse generale. Questo dice la Costituzione e a questi principi bisogna uniformarsi. Non è concepibile che i seggi in parlamento, nei consigli comunali e regionali possano essere occupati da soggetti non eletti dal popolo. Se vota il 40% degli aventi diritto al voto ci troviamo di fronte a una democrazia monca perché sui seggi di quel 60% di astenuti siederanno deputati e consiglieri mai eletti da qualcuno. La Costituzione è vero che conferisce al cittadino il diritto dovere di votare, ma i costituenti non avevano previsto che la repulsione verso governi e partiti avrebbe potuto raggiungere le dimensioni attuali tali da mettere in discussione l’assetto democratico del nostro stato.

Forse è matura l’esigenza di rivedere tutto l’insieme della legislazione elettorale, le forme della democrazia, soprattutto quella indiretta, a partire dal referendum, il quorum elettorale necessario per validare la rappresentanza della sovranità di un popolo, la libera espressione del voto e della preferenza, il sistema elettorale, il ruolo dei partiti, la possibilità di strutture democratiche con poteri consultivi da affiancare a quelle legislative (costituire il senato e le assemblee regionali delle comunità territoriali), come coprire i seggi corrispondenti alla quota di astenuti. Insomma più potere civico. Sarebbe opportuno aprire nell’immediato una serena e approfondita discussione su questi temi, partecipata dai cittadini, ponendo al centro il benessere collettivo, in ottica nazionale ed europea, unica rotta che possa allontanarci dal ciglio pericoloso dell’irrilevanza e della ribellione sociale.