«Ero membro della commissione affari costituzionali del Senato della XIIIa legislatura quella dove fu radicata la Legge 20 luglio 2000, n. 211 istitutiva del giorno della memoria.
Non fu semplice farla approvare perché sia pure sotto traccia c’erano resistenze e per capirlo basta leggere con attenzione l’art. 2. Le finalità erano indicate con chiarezza nell’art. 1 di ricordare” la Shoah (sterminio del popolo ebraico), le leggi razziali, la persecuzione italiana dei cittadini ebrei, gli italiani che hanno subìto la deportazione, la prigionia, la morte”. Nell’art. 2 compaiono messi sullo stesso piano il “popolo ebraico” e i “deportati militari e politici italiani nei campi nazisti”.
In quel tempo non ero ancora impegnato con l’Opera Nomadi altrimenti avrei reagito con vivacità alla immotivata esclusione degli zingari o ”Roma” nel loro complesso , che lasciarono nei campi di sterminio 500.000 uomini e donne; in quella tragedia che nella loro lingua chiamano Porrajmos “il divoramento/devastazione” e i cittadini italiani in particolare Sinti che seguirono la loro sorte.
Una dimenticanza noncasuale ed ingiusta, perché sono gli unici che, come gli ebrei, sono stati perseguitati per la loro origine etnica. Vittime come i minorati psichici, gli omosessuali e gli oppositori politici. Non si tratta di stabilire una graduatoria o di contrapporre i 6 milioni di ebrei ai 500.000 Roma e Sinti, ma di sottolineare la specificità di quell’annientamento, troppo a lungo ignorato.
L’antisemitismo è in crescita. In esso si saldano estrema destra e fondamentalismo islamico. Ma all’antisemitismo la coscienza civile reagisce, mentre per i Roma c’è indifferenza. Significativo è quanto è avvenuto nei paesi che si sono liberati dalla dittatura comunista, ma non dai pregiudizi, che anche nella nostra società provocano emarginazione, che a sua volta produce devianza e criminalità, che a sua volta alimenta l’esclusione.
Felice Besostri – Opera Nomadi