Davanti alla consulta si ricomporrà il pool di legali che affossò il Porcellum. Strategia di attacco in sei punti

Mancano 50 giorni al 4 ottobre, il «D Day» della nuova legge elettorale che verrà esaminata dalla Corte costituzionale investita in via incidentale dai tribunali di Messina e di Torino. I giudici hanno ritenuto non manifestamente infondati 6 dei 13 motivi di ricorso sollevati dai comitati civici contrari all’Italicum (premio di maggioranza ed eventuale ballottaggio, capilista bloccati, 100 collegi plurinominali) approvato nel 2015 e pienamente efficace da luglio 2016. All’udienza pubblica del 4 ottobre della Consulta, presieduta dal giudice Paolo Grossi, con gli avvocati dello Stato (che difendono la legge per la presidenza del Consiglio) si confronteranno con gli stessi legali che nel 2013 ottennero la vittoria, sempre davanti alla Corte, con la bocciatura della vecchia legge elettorale (il vecchio Porcellum).

Si ricostituirà il «terzetto» di avvocati (Aldo Bozzi, Claudio Tani e Felice Besostri) con l’innesto del collega Emilio Zecca che si è costituito nel procedimento di Torino. Insieme a loro ci sarà Vincenzo Palumbo (Messina). La Corte tornerà a riunirsi il 12 settembre ed è probabile che nelle tre settimane successive ci sarà un serrato confronto al suo interno sulla causa in arrivo da Messina (affidata al relatore Nicolò e su quella di Torino. I due fascicoli non sono ancora unificati ma la Corte ha fatto in modo che anche gli ultimi arrivati (Torino) si potessero costituire in giudizio (i termini scadono domani) per l’udienza del 4 ottobre: «È una circostanza molto positiva», ha detto Besostri.

La sera del 4 ottobre, o nei giorni successivi, la Corte comunicherà la sua decisione. Quasi scontata l’ammissibilità, rimane da vedere cosa succederà nel merito dei ricorsi: respinti o accettati (parzialmente o totalmente)? I punti su cui si dibatterà sono sei: «vulnus» ai principi della rappresentanza territoriale e di quella democratica; mancanza di soglia minima per accedere al ballottaggio; impossibilità di scegliere direttamente e liberamente i deputati, irragionevoli soglie di accesso al Senato; irragionevole applicazione della nuova normativa per la Camera a Costituzione vigente per il Senato, non ancora trasformato in Camera non elettiva. Quando il presidente Grossi comunicò che l’udienza si sarebbe tenuta i14 ottobre, il governo fece filtrare che il referendum (che abolisce il Senato elettivo) sarebbe stato fissato il 2 di ottobre.

Fonte: Corriere della Sera