Riscoprire il pensiero e l’opera di Giacomo Matteotti può servire alla rinascita della sinistra. E l’esperienza del quinquennio 1919-1924 dovrebbe insegnare qualcosa a chi oggi insegue il mito della governabilità, mortificando la democrazia

di Felice Besostri su LEFT del 3 gennaio 2020 |

Quest’anno ricorreva il 95° anniversario dell’assassinio di Giacomo Matteotti, dopo essere stato sequestrato il 10 giugno 1924 sul lungotevere Arnaldo da Brescia, moriva così a 39 anni, era nato a Fratta Polesine il 22 maggio il 22 maggio 1885, il parlamentare socialista, segretario del Partito Socialista Unitario. Il PSU fu fondato dopo che il XIX° Congresso di Roma aveva espulso ii riformisti il 3 ottobre 1922, 25 giorni prima della Marcia su Roma, che segnò l’avvio della conquista fascista del potere con l’incarico a Benito Mussolini, conferito dal re Vittorio Emanuele III il 30 ottobre dello stesso anno.

Nel giro di 3 anni in Italia si era passati dalla prima Camera eletta con metodo proporzionale nel 1919 con il PSI primo partito con 32,28 % e 156 seggi su 508, alle elezioni dell’11 giugno 1921 dopo la scissione di Livorno con la sinistra socialista e comunista al 29,87% e 139 deputati, i popolari al 20,39% e 108 seggi, ma con i Blocchi Nazionali di liberali, nazionalisti e fascisti con 19,07% e 105 seggi. Ancora 2 anni e in rapida successione Marcia su Roma, il governo Mussolini, le elezioni del 24 maggio1924 le prime con una legge con premio di maggioranza, la famigerata legge Acerbo, l’abrogazione delle riforme, fortemente volute dai socialisti Modigliani e Matteotti, dei regolamenti parlamentari nella seduta del 29 maggio 1924 il giorno prima del discorso di Matteotti su brogli e violenze fasciste, la sua condanna a morte e testamento politico, come detto a 39 anni, la stessa  età di Matteo Renzi, Presidente del Consiglio dei Ministri nel 2014, 90 anni dopo.

Una storia esemplare, la sua, che è stata capace di unire l’organizzatore dei braccianti polesani, con l’intellettuale politico, il segretario di una Camera del lavoro con il giurista, coerentemente neutralista ed antimilitarista durante la prima guerra mondiale, una posizione pagata con il confino in una remota contrada messinese e infine parlamentare conosciuto per il suo scrupolo di approfondire e documentarsi prima dei suo interventi in aula. A sinistra fu uno dei primi a capire e combattere la natura autoritaria del fascismo, la vocazione totalitaria, che escludeva la natura transitoria: Mussolini era stato un suo avversario ben conosciuto, quando era ancora uno degli esponenti dell’ala massimalista.

Nella XXV e XXVI legislatura riuscì ai socialisti di valorizzare il ruolo del Parlamento rispetto al Re e al governo, vanificare l’opposizione parlamentare, aprendo e chiudendo i lavori parlamentari o con la prorogatio delle sessioni parlamentari, il trucco cui era ricorso Boris Johnson, per piegare un Parlamento riottoso alla Brexit. La centralità del Parlamento e la sua rappresentatività sono il miglior antidoto alla degenerazione autoritaria, questa era la linea dei socialisti riformisti, forti nel gruppo parlamentare, anche quando minoritari nel partito e, quindi l’intransigenza sul sistema elettorale proporzionale. Proprio l’esperienza di quel quinquennio, 1919-1924, dovrebbe insegnare qualcosa a chi ha ritenuto di salvare la democrazia sacrificando la rappresentatività alla governabilità, come se fosse un valore in sé la stabilità dei governi, a prescindere dalle loro politiche e dai loro esiti, cioè la capacità effettiva di affrontare i problemi irrisolti del paese, aumentando e non diminuendo la sua coesione sociale.

Su questa linea l’attualità dell’esempio di Matteotti è indiscutibile. Nei suoi scritti spesso si ritrovano intuizioni profetiche come per la sua coerente scelta pacifista nel conflitto mondiale o nel caso dell’invasione del bacino della Ruhr che impoverì ed umiliò il popolo tedesco già stremato dalla sconfitta. Alcuni appaiono più che mai attuali: quelli sull’equità e sulla progressività reale del prelievo tributario, sugli sprechi del pubblico denaro a favore di un’imprenditoria parassitaria, sulle conseguenze profondamente negative del protezionismo, sul sistema elettorale o sulla necessità dell’indipendenza dai partiti delle organizzazioni sindacali.

Per questo ne abbiamo fatto uno dei protagonisti, insieme con Gramsci, di una possibile ricostruzione della sinistra nello spirito dell’attuazione della Costituzione: è una sfida, che deve essere capace di superare le incomprensioni del loro tempo, del tipo “il cavaliere del nulla,un segno di una sinistra incapace di un dialogo unitario neppure di fronte alla democrazia in pericolo e del restringimento della libertà. Il nostro Parlamento è stato eletto nel 2006, 2008 e 2013 con una legge incostituzionale, e della cui incostituzionalità era stato autorevolmente avvertito dalla Corte Costituzionale con le sentenze n. 15 e n. 16 del 2008.

C’è da sperare, che di fronte ad un referendum abrogativo in materia elettorale si ricordi, che prima dell’ammissibilità del quesito, deve controllare la costituzionalità della legge n. 165/2017, il Rosatellum, una legge che teoricamente consente ad una coalizione del 30%, omogeneamente distribuito sul territorio nazionale, di controllare la maggioranza assoluta della Camera dei Deputati e, se viene meno la base regionale dell’art. 57 Cost. per il Senato il Parlamento in seduta comune, quindi la messa in stato d’accusa del Presidente della Repubblica (art. 90. Cost.). Senza una chiara presa di coscienza della drammaticità della situazione politica ed istituzionale e del loro progressivo degrado, pari a quella di Matteotti di fronte al fascismo, non ci sarà rinascita della sinistra.