di Felice Besostri
Penso che per nostra stessa composizione siamo persuasi che esiste una sinistra italiana larga e plurale con confini più ampi di quella che sia iscritta a tutti i partiti di sinistra e centrosinistra. E’ una folta schiera che in parte già abbandonò l’Ulivo nel 2001 e che si conta in milioni di elettori. Una parte ritornò in modo effimero nel 2006 per riallontanarsi progressivamente nel 2008 e tra il 2009 (europee) e il 2010 (regionali). Con le amministrative 2011 in parte è ritornata, ma un’analisi dei flussi elettorali appena meno superficiale mostra, che le vittorie son anche dovute allo stesso fenomeno di disaffezione nel campo avverso, che in casi di candidato “nuovo”, cioè senza una stimmate di partito, come Pisapia a Milano, si è tradotto addirittura in voto favorevole. In questa situazione SEL ha rappresentato un elemento di novità e dinamico, legato essenzialmente alla personalità di Nichi, anzi Vendola, che rappresenta al contempo la grande risorsa e il limite di SEL.
Tolto Vendola quale è stato il contributo di SEL ad un nuovo profilo della sinistra ialiana in settori decisivi quali quelli dell’economia, delle istituzioni e della visione internazionale. Anzi c’è stata assenza o sui referendum elettorali una scelta tattica e strumentale, come un’assenza/paralisi di iniziativa sui rapporti europei con le famiglie politiche continentali. Noi del Network abbiamo individuato il nostro riferimento nel socialismo europeo, mondo che è più vasto dello stesso PSE, che ne rappresenta comunque la facciata e con il quale un confronto è necessario. Nessuno chiede come atto primo, che si faccia domanda di adesione, ma almeno porsi pubblicamente il problema e dare l’avvio ad un confronto interno. Tra l’altro c’è la possibilità di dare un apporto originale tenendo conto del rafforzarsi delle proposte rosso-rosso-verdi (Svezia, Norvegia, Danimarca), che sono il frutto della rinuncia ad un solitario egemonismo socialdemocratico da un lato e dall’altro dall’opzione anti-socialdemocratica, nella convinzione che la fortuna a sinistra derivasse unicamente dalla sconfitta dei socialdemocratici: anche a costo di una vittoria della destra. Nei paesi dove il partito membro del PSE è chiaramente il primo partito ad esso è riconosciuta la leadership della nuova alleanza.
Se il PD ritornasse nell’alveo della sinistra e in tale ambito nel socialismo europeo potrebbe proporsi come guida del fronte progressista, altrimenti dovrebbe contare solo sull’eredità organizzativa del passato, delle rendite di posizione di potere nelle istituzioni, destinate ad esaurirsi di fronte al variegato vuoto ideologico-programmatico che rappresenta. Ultimo esempio l’adesione entusiasta di Letta ai “contenuti” della lettera della BCE o le elucubrazioni di D’Alema sulla distinzione tra socialdemocrazia e socialismo, con quest’ultimo confluente in un generico progressismo. Il Network non ha truppe da mettere in campo, al più manipoli di elaboratori di idee, ma che sono espressione di fermenti politici più vasti, sorti un po’ dovunque nella sinistra, ma in particolare nell’area socialista, proprio perché priva di una rappresentanza indiscussa in forma di partito. Tali riflessioni sono fatte dentro ad un partito, come Ruffolo nel PD, o fuori come nel Gruppo di Volpedo o dentro e fuori come la Lega dei Socialisti, di cui sono espressione sia i pezzi nel PS (LdS nazionale) , che quelli in SEL (LdS Livorno). E’ un’area che ha strumenti preziosi di discussione e informazione come la mailing list del Rosselli, come l’elaborazione di politica economica del Network o di confronto originale come i Convegni del Gruppo di Volpedo. Parlo solo di quelle realtà che conosco direttamente, come anche della continuità di pensiero ed azione socialista rappresentate dall’Avvenire dei Lavoratori di Zurigo. Dobbiamo tenere il capo e non cercare scorciatoie. Dobbiamo insistere nel confronto con tutti PD, SEL, PSI e FdS, anzi moltiplicare gl sforzi dove è più difficile. Faccio un esempio il PSI di Nencini ha lanciato una Assemblea Congressuale programmatica preceduta da un Seminario e da assemblee provinciali e regionali aperte al mondo socialista non iscritto al PSI.
Prendiamo sul serio l’invito e chiediamo di poter portare il nostro contributo come Network, sarà facile costatare se la proposta è vera o in realtà si tratta solo di avere una ratifica ad una scelta Laica, Liberale Socialista, la cui natura è già disegnata dalla sua collocazione politica tra PD e Terzo Polo, con una netta preferenza per l’UDC. Nell’ambito della FdS ci sono i fermenti del Partito del Lavoro. Nella società si muovono i movimenti referendari, varie incarnazioni di indignati nostrani, popoli di vari colori dai Viola agli Arancioni di Pisapia e soprattutto vi è la base sociale di una nuova sinistra, creata dalla situazione economica della crisi, precari, disoccupati, ceto medio impoverito, compreso quello delle professioni, partite IVA, artigiani e piccoli imprenditori, pensionati, in poche parole chi vive del proprio lavoro e non di rendite e profitti e che non ha rappresentanza politica e solo parzialmente sindacale*.
Chi sarà in grado di interpretarli e di offrire una via d’uscita ha in mano le chiavi del destino politico del nostro paese.
Milano, 1 ottobre 2011
*NOTA DI AGGIORNAMENTO 2 giugno 2018
La base sociale che nell’ottobre 2011, quindi prima dell’esplosione dei 5 stelle alle elezioni 2013, avrebbe dovuto costituire l’insediamento elettorale, politico e sociale di una nuova sinistra, è quella che il 4 marzo 2018 ha votato massicciamente per M5S prevalentemente al Sud e per la Lega, prevalentemente al Nord.
Interrogarsi perché è il primo compito per una pulizia mentale. L’appello alla difesa della Costituzione sotto la guida del PD significa dimenticare che il più grave attentato alla democrazia costituzionale è stato portato dal ddl costituzionale Renzi-Boschi e il tentativo di sottoporre il Presidente della Repubblica al Presidente del Consiglio dei Ministri è stato fatto con il combinato disposto dell’entrata in vigore dell’Italikum (23/05/2015) con un premio di maggioranza di 340 seggi, dell’approvazione del ddl cost.( GU n. 88 del 15 aprile 2016) con la riduzione del Senato a 100 membri e quindi la riduzione della maggioranza assoluta, prevista dall’art. 90 Cost. per la messa in stato d’accusa del Presidente della Repubblica da 476 a 366.
Il tentativo eversivo è stato sconfitto temporaneamente il 4 dicembre 2016 dal referendum costituzionale. Se c’è, con linguaggio datato, la necessità di costituire un Fronte Popolare Democratico Sociale è per ridare maggiori poteri ai Palamenti nazionali e al Parlamento Europeo, contro lo strapotere degli esecutivi nazionali e degli altri organi della UE (Commissione europea, Consiglio Europeo, Consiglio dei Ministri) e delle organizzazioni internazionali in cui gli Stati sono rappresentati dai loro governi e senza dimensione parlamentare (ONU, FMI, OMC) o con poteri ridotti o figurativi (Consiglio d’Europa, OSCE e NATO). Un Comitato di Liberazione Nazionale contro il governo giallo verde è allo stato politicamente sbagliato e controproducente perché significa rinuncia a riconquistare il voto popolare, che ha abbandonato la sinistra, per responsabilità della stessa. Se gli operai, i giovani, i precari, partite IVA, artigiani e piccoli imprenditori, dipendenti pubblici e privati non votano più sinistra, non è colpa loro.
Felice Besostri