Intervento on.Scotto sulla Mozione Italicum
Di questa mozione molto si è discusso nei mesi e nelle settimane scorse, molto si discuterà nei prossimi giorni. I media ci hanno ricamato su le più improbabili strategie, in qualche caso vere e proprie sceneggiature, per spiegarne le presunte finalità, le furbizie, le trovate tattiche, i conigli cacciati dal cilindro. Devo confessare che questo agitarsi ha già ottenuto uno scopo. Le marce indietro, i disconoscimenti di paternità, del povero, orfano Italicum da quel giorno non si contano più. Quasi a farne venire pietà, povero Italicum, lasciato solo dopo tutte le fanfare che ne hanno accolto la nascita. Sic transit gloria mundi, caro Italicum. Dovevi essere modello per l’Europa e per il mondo, ora non ti copierebbe più neanche la quarta municipalità di Napoli. Un secondo scopo questa mozione l’ha ottenuto, quella di farmi sorridere, pensando alle reazioni successive e allo spirito con il quale è stata pensata e scritta. Le ragioni sono se volete anche piuttosto banali, tanto che a leggerne le reazioni ho immaginavo che si parlasse d’altro. Le ragioni risiedono nella constatazione che il parlamento potesse riparare agli errori fatti dal governo e da una maggioranza piegata ai desideri dell’esecutivo quando l’italicum fu scritto e approvato. Errori che saranno a breve oggetto di una decisione della Consulta sulla sua legittimità, e più in particolare sugli aspetti dell’Italicum che lo rendono del tutto simile al Porcellum, e in qualche caso lo peggiorano. È una novità, o una trovata tattica, che riteniamo quella legge lesiva dell’uguaglianza del voto e nella violazione del voto diretto – in contrasto con gli articoli 1, 3, 48 e 67 della Costituzione – date dall’enorme premio di maggioranza assegnato, pur in assenza di una soglia minima di suffragi, alla lista che avesse raggiunto la maggioranza relativa?
È una novità, o una trovata tattica, che riteniamo quella legge del tutto insufficiente a garantire meccanismi idonei a consentire ai cittadini di incidere sull’elezione dei rappresentanti? Nessuna novità. Il Presidente Napolitano qualche giorno fa ha detto che il bipolarismo non esiste piu’ e che le riforme elettorali vanno adattate al nuovo contesto. Noi lo pensiamo da tempo e lo confermano se ce ne fosse bisogno le elezioni del 2013. Lo dimostrano anche le recenti elezioni amministrative in Germania: tutte le recenti descrivono una frantumazione che e’ figlia di profondi mutamenti del quadro politico e sociali, stanno dentro la crisi generali delle classi medie europee, quella “rivolta delle classi ansiose” che finiscono per premioare quelle forze cosiddette antiestablishement. L’Italicum da’ una risposta banale ed insufficiente a queste condizioni immutate, coltivando l’illusione che il 40 per cento delle europee fosse un dato eterno, producendo una distorsione ipermaggioritaria che offre diritto di tribuna a opposizioni differenziate – per cultura, storia, opzioni – tra di loro e mette tutto il potere, compreso quello di nomina di 100 deputati. “Ca va sans dire” che per il resto del Parlamento che non usufruiira’ del premio la quasi totalita’ dei parlamentari saranno nominati con il blocco dei capilista lasciando ancora una volta nelle mani di una ristretta oligarchia la facolta’ di designare la futura camera dei deputati. Un progetto asbagliato, un porcellum 2.0 che produrra’ disastri sul piano della partecipazione democratica allargando ulteriormente la faglia tra cittadini e istituzioni. Se lo si vuole cambiare occorre un’iniziativa. Questa spetta anche a chi ha combinato questo enorme pasticcio e che oggi lancia la palla in avanti dicendo: le opposizioni facciano una proposta. Ma basta andare a vedere gli atti parlamentari, i progetti di legge depositati per capire che le opposizioni non sono un problema. E nemmeno la minoranza del suo partito: ieri Gianni Cuperlo ha usato parole forti sulla necessita’ di una iniziativa per cambiare l’Italicum gia’ a partire da questo dibattito. In ogni caso, per noi i punti sono chiari: 1) ripristinare il rapporto tra eletto ed elettore attraverso l’eliminazione delle liste bloccate; 2) riequilibrare il principio di rappresentanza schiacciato dal dogma della governabilita’.
Nessun regime democratico prevede un’alterazione cosi’ eccessiva il responso degli elettori conferendo a un partito del 20% il 54% dei seggi; 3) la legge elettorale non puo’ essere un randello usato contro le minoranze. Le regole del gioco si scrivono sempre insieme perche’ devono durare nel tempo, oltre i governi in carica; 4) si dice che il combinato disposto tra Italicum e riforma costituzionale non cambia la natura del Governo, dell’Esecutivo. Inviterei a leggere quello che scrive l’avvocato Besostri: il cuore dell’Italicum è il principio che muta la forma di Governo ce lo dice anche la facoltà prevista nell’Italicum di indicare il capo all’atto della presentazione delle liste. A proposito, consiglierei ai colleghi del PD, qualora decidessero di cambiare la legge elettorale, di assumerlo come consulente, perché ha già vinto un ricorso sul Porcellum e potrebbe vincerlo anche sull’Italicum, per evitare di sbagliare di nuovo. Insomma, la nostra posizione e’ molto chiara ed da quando per approvare quella legge furono sostituiti deputati che rompevano le scatole in commissione Affari Costituzionali, da quando fu posto il voto di fiducia sulla legge elettorale, da quando fu spaccato il parlamento come una mela tra gufi rosiconi e riformatori, per poi accorgersi che i riformatori sbagliavano le riforme. E se c’è un punto politico che il governo e il pd fatica ad affrontare di fronte al paese con serenità è appunto questo, anche in vista del referendum. Che questa breve stagione di cosiddette riforme, sta già mostrando il fiato corto, cortissimo. Lavoro, scuola, legge elettorale, nessuna di queste riforme sta apportando benefici al paese, dopo averlo lacerato, diviso. E ora è il turno della riforma delle riforme, quella costituzionale. La sentenza stavolta non sarà nelle mani della vostra narrazione, di dati taroccati, di slides buone per le conferenze stampa, ma nelle mani degli italiani, da qui a breve. A proposito fateci sapere in fretta quando si vota, perche’ queste continue meline sono il segno di una scarsa cultura istituzionale del vostro Governo. Insomma tanto sforzo di deduzione di strategie e tattiche, per nulla. Il parlamento ha la possibilità di cambiare la legge elettorale partendo dai rilievi fatti dalla Consulta alla precedente legge elettorale, a cui questa nuova non dà risposte sufficienti, a nostro avviso.
Prima che la Consulta, nella sua intangibile autonomia si esprima. Sarebbe una bella e giusta prova di autonomia del Parlamento, dopo tante prove insufficienti. Se è questa la ragione per cui anche il parlamento, la maggioranza e le opposizioni intendo superare l’Italicum, noi ci siamo, siamo pronti e offriamo al Parlamento questa ulteriore prova. Se qualcuno intende cucirsi un nuovo vestito addosso per le mutate condizioni politiche ed elettorali del paese, non è prova a cui siete in grado di sottoporvi, non ne avete la legittimità, non ne avete l’autorevolezza. Perche’ la nostra mozione e’ indirizzata al parlamento che puo’ riappropriarsi di una funzione nopn negoziabile: le leggi elettorali sono materia parlamentare. Se sprecherete questa occasione – bocciando la nostra mozione – sara’ sempre piu’ evidente agli italiani – se ancora fosse necessario – che l’unico strumento per cambiare l’Italicum e’ un No secco al Referendum.
Lunedì, 19 settembre 2016
Mozione 1-01314
La Camera, premesso che la ratio della dichiarazione d’incostituzionalità della legge n. 270 del 2005 (il cosiddetto
«Porcellum») era stata individuata, dalla Corte costituzionale, nella «eccessiva divaricazione tra la composizione dell’organo della rappresentanza politica (…) e la volontà dei cittadini espressa attraverso il voto»;
la legge 6 maggio 2015, n. 52, recante «Disposizioni in materia di elezione della Camera dei deputati», il cosiddetto «Italicum», di certo non rappresenta un intervento normativo volto a risolvere le criticità già insite nel «Porcellum», poi riconosciute incostituzionali dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 1 del 2014;
i vizi sollevati nella sentenza citata erano essenzialmente due: il primo consisteva nella lesione dell’uguaglianza del voto e nella violazione del voto diretto – in contrasto con gli articoli 1,
3, 48 e 67 della Costituzione – date dall’enorme premio di maggioranza assegnato, pur in assenza di una soglia minima di suffragi, alla lista che avesse raggiunto la maggioranza relativa; il secondo profilo di illegittimità del cosiddetto «Porcellum» consisteva nella mancata previsione di meccanismi idonei a consentire ai cittadini di incidere sull’elezione dei rappresentanti; quanto al primo aspetto, il vizio è secondo i firmatari del presente atto di indirizzo macroscopicamente presente nell’«Italicum», soprattutto in relazione al caso in cui nessuna lista ottenga almeno il 40 per cento dei voti al primo turno: in questo caso per l’ottenimento del premio di maggioranza, la legge n. 52 del 2015 prevede un ballottaggio fra le prime due liste, e a quella che ottiene più voti è attribuita la maggioranza dei seggi, con evidente indebolimento della legittimazione democratica del vincitore, peraltro, poiché l’elettore non esercita, di fatto, un diritto di voto pieno, così come sancito dall’articolo 48 della Costituzione, ma una semplice opzione vincolata alle due liste più votate al primo turno;
l’eccesso di «sproporzionalità» tra voti e seggi, censurato in riferimento al «Porcellum», ben può ripetersi con riguardo all’«Italicum»; anche in relazione al secondo aspetto la proposta, ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo, ricalca i vizi del cosiddetto «Porcellum»: seppur essendo ammesse le preferenze, si prevedono tuttavia capilista «bloccati», ove il voto di preferenza è relegato ad un ruolo subordinato rispetto ai capilista, riguardando esclusivamente la lista che conseguirà il premio. Se a tali aspetti si
aggiungono, poi, gli effetti casuali che l’attribuzione del premio di maggioranza su scala nazionale produrrebbe nei singoli collegi, ne consegue un’evidente distorsione della rappresentanza ben lontana dalla ricostituzione del rapporto elettore/eletto, come anche con riferimento agli effetti delle candidature plurime dei capilista; in pieno contrasto con la citata sentenza, dunque, molte norme del «Porcellum» sono state sostanzialmente riprodotte nella legge n. 52 del 2015, con ciò avallando il vulnus ai principi della rappresentanza democratica e, in primis, all’esercizio della sovranità popolare, come garantita dalla Costituzione; primo in Italia, il tribunale di Messina, con ordinanza del 17 febbraio 2016 – stante la presentazione di ricorsi proposti dinanzi a ben 19 tribunali del Paese – ha dichiarato rilevanti e
non manifestamente infondate le questioni di costituzionalità sollevate nel giudizio e, in particolare, attinenti al vulnus ai principi della rappresentanza democratica, nonché della rappresentanza territoriale; alla mancanza di soglia minima per accedere al ballottaggio; all’impossibilità di scegliere direttamente e liberamente i deputati; all’irragionevolezza delle soglie di accesso al Senato della Repubblica, residuate nella legge n. 270 del 2005, nonché dell’applicazione della nuova disciplina elettorale per la Camera dei deputati a Costituzione vigente per il Senato della Repubblica, non ancora trasformato in Camera non elettiva, come vorrebbe la riforma costituzionale; sono stati dunque trasmessi gli atti alla Corte costituzionale, chiamata a pronunciarsi – ancor prima che la legge elettorale «Italicum» venga applicata, al fine di non vanificare i diritti elettorali dei cittadini – sulla legittimità costituzionale della stessa;
in particolare, con decreto del Presidente della Corte costituzionale, è stata fissata per il 4 ottobre 2016 l’udienza pubblica per la discussione del ricorso sulle questioni di legittimità costituzionale inerenti all’«Italicum»;
è di tutta evidenza che il Parlamento, ben prima del pronunciamento della Corte costituzionale, può ancora intervenire sulla riforma approvata, eliminando quei palesi vizi di incostituzionalità che rendono la legge n. 52 del 2015 una vera e propria «controriforma» elettorale, destinata, a giudizio dei firmatari del presente atto di indirizzo, a provocare una nuova pronuncia di illegittimità da parte della Corte costituzionale, impegna sé stessa ed i propri organi
ciascuno per le proprie competenze, ad esaminare e deliberare in tempi rapidissimi in merito a una riforma della legge 6 maggio 2015, n. 52, al fine di eliminare dalla nuova disciplina elettorale tutti gli evidenti profili di incostituzionalità illustrati in premessa, che con ogni probabilità ad avviso dei firmatari del presente atto porteranno ad una nuova pronuncia di illegittimità costituzionale da parte della Corte costituzionale.
(1-01314) «Scotto, Quaranta, Costantino, D’Attorre, Airaudo, Franco Bordo, Duranti, Daniele Farina, Fassina, Fava, Ferrara, Folino, Fratoianni, Carlo Galli, Giancarlo Giordano, Gregori, Kronbichler, Marcon, Martelli, Melilla, Nicchi, Paglia, Palazzotto, Pannarale, Pellegrino, Piras, Placido, Ricciatti, Sannicandro, Zaccagnini, Zaratti».