Felice Besostri*, 19 aprile 2011

Come salvare l’Europa, tenendo conto dei sentimenti popolari, è la sfida alla sinistra in tute le sue versioni. La sinistra, anche i grandi partiti socialdemocratici, ha perso i contatti diretti con gli strati popolari e quindi non ne percepisce in tempo gli umori per poterli trasformare in positivo ovvero per contrastarli culturalmente. Quando è troppo tardi si mette, a volte, all’inseguimento della destra, con risultati ancora peggiori ovvero contrapponendo buoni sentimenti e richiami a valori generici, quanto inefficaci per dare consistenza a una proposta politica alternativa a quella della destra

In Finlandia il sistema elettorale è proporzionale e le elezioni del 17 aprile mostrano un panorama molto variegato. L’attenzione si è fermata sui 4 maggiori partiti, ma in Parlamento ce ne sono altri 5. I maggiori partiti, in ordine decrescente di seggi, secondo le proiezioni, sono il KOK (National Coalition Party/Kokoomus, con 42 (-6), lo SDP (Social Democrats/SDP), con 42 (-3), il PS (Veri Finlandesi/ Finnen/Perussuomalaiset) con 40 (+35) e il KESK (Zentrumspartei/Keskusta) con 35 (-16), il partito della ex Primo Ministro, il vero sconfitto di queste elezioni, già il primo partito nella legislatura uscente.

I sondaggi di opinione davano per sicura una sconfitta della coalizione di governo Coalizione Nazionale, Centristi e Verdi (114 seggi su 200), ma un incremento dei socialdemocratici e della sinistra in generale. I Verdi (Green/Vihreät), passano da 15 a 10 seggi e il VAS (Union of the Left/Vasemmistoliito) da 17 a 15. In altri paesi nordici la coalizione rosso-rosso-verde si è presentata unita vincendo in Norvegia e perdendo di misura in Svezia, in Finlandia i Verdi sono un partito conservatore di destra.

Nel terremoto politico con la vittoria della destra populista anti-europea la sinistra si può consolare di aver contenuto le perdite, ma ha anch’essa ceduto voti ai Veri Finlandesi, un fenomeno che la sinistra italiana ha sperimentato da tempo nelle regioni settentrionali a favore della Lega Nord. La crisi economica e il timore per il futuro non hanno beneficiato la sinistra (di qualsivoglia genere) in nessun paese europeo, esclusa la piccolissima Islanda e di recente nei Land tedeschi.

Il tema dominante della campagna elettorale è stato il problema del salvataggio dei paesi del Sud Europa e dell’Irlanda, tanto che si attira l’attenzione sul fatto che i partiti antisalvataggio sono la maggioranza con 101 seggi a 99, una coalizione eterogenea di partiti di destra e sinistra e quindi nell’impossibilità di formare una maggioranza di governo.

Nell’opinione pubblica finlandese, come ho potuto costatare personalmente, vi era la preoccupazione per il costo del salvataggio, ma anche un giudizio etnico sulla scarsa affidabilità dei meridionali d’Europa, in cui includono l’Italia di Berlusconi, e dei paesi cattolici: i papisti non sono molto apprezzati in quel paese rigidamente protestante.

La coalizione uscente è fuori gioco con 87 seggi a meno di riuscire ad aggregare 2 piccoli partiti quali i cristianodemocratici del KD con 6 seggi (-1) e il partito della minoranza svedese con 9 seggi. Pur avendo una percentuale di immigrazione relativamente modesta, 3,5%, anche tale pericolo è  stato enfatizzato dai Veri Finlandesi, che soprattutto lamentano l’estensione agli stranieri del welfare, particolarmente generoso con i rifugiati. I socialdemocratici finlandesi, come i socialisti di sinistra olandesi, sono molto rigidi sull’apertura agli immigrati economici, poiché  vi vedono un attacco alle condizioni retributive dei dipendenti, in particolare della mano d’opera, e una manovra per indebolire il sindacato, cui gli stranieri non si iscrivono.

Come salvare l’Europa, tenendo conto dei sentimenti popolari, è la sfida alla sinistra in tute le sue versioni. La sinistra, anche i grandi partiti socialdemocratici, ha perso i contatti diretti con gli strati popolari e quindi non ne percepisce in tempo gli umori per poterli trasformare in positivo ovvero per contrastarli culturalmente. Quando è troppo tardi si mette, a volte, all’inseguimento della destra, con risultati ancora peggiori ovvero contrapponendo buoni sentimenti e richiami a valori generici, quanto inefficaci per dare consistenza a una proposta politica alternativa a quella della destra.

Le critiche ai salvataggi sono in parte fondate perché fanno pagare il costo ai lavoratori e ai risparmiatori e non ai responsabili della crisi. In Grecia nessuno ha chiamato a rispondere i governi di destra che hanno alterato i bilanci e le agenzie di rating che lo hanno coperto. Inoltre i salvataggi dei debiti pubblici dei paesi hanno come principali beneficiarie le banche dei paesi “ricchi”, che hanno in portafoglio titoli degli Stati sull’orlo della bancarotta.

Per questa ragione gli islandesi hanno votato contro il piano di salvataggio in un referendum e hanno premiato la sinistra alle elezioni politiche dandole la maggioranza assoluta in quel paese per la prima volta nella sua storia.

*portavoce del Gruppo di Volpedo- Network per il Socialismo Europeo