di Felice Besostri |

Cosa sarà l’Europa nei prossimi anni post pandemia e quale sarà il suo ruolo nel mondo multipolare e la sua capacità di affrontare le sfide planetarie, dal riscaldamento globale con le ricadute ambientali, i flussi migratori, gli scenari di guerra e la digitalizzazione non dipenderà, purtroppo per i veri federalisti (non per gli europeisti d’accatto), dalle elezioni del Parlamento europeo del 2024, ma dalle elezioni federali tedesche appena svolte in questo 2021, dalle presidenziali e legislative francesi del 2022 e da quelle italiane del 2023, la scadenza naturale se non saranno anticipate nel 2022, come spera la destra per sfruttare a suo vantaggio l’ennesima legge elettorale incostituzionale, i cui effetti distorsivi sono aggravati dalla demenziale, perché eccessiva, riduzione del numero dei parlamentari della legge costituzionale n. 1/2020.

Con la Brexit i grandi paesi UE sono ridotti a tre, Germania, Francia e Italia, che non sono nelle loro migliori condizioni, ma nemmeno stanno meglio i paesi medio grandi a cominciare dalla Spagna, per finire con Romania e Polonia: le elezioni federali tedesche sono state quindi le prime elezioni europee della serie, che si conclude con le elezioni del Parlamento europeo del 2024. Per combinazione fortuita il prossimo anno è decisivo per i tre capi di Stato dei grandi Paesi UE, si dovranno eleggere i tredicesimi presidenti di Italia e Germania , da parte di assemblee speciali composte da parlamentari e rappresentanti delle articolazioni territoriali costitutive delle rispettive repubbliche. Il nono Presidente della Quinta Repubblica francese sarà eletto, invece direttamente dal popolo, mentre il nono Cancelliere federale sarà quello scelto dalla maggioranza di governo, che succederà alla Grosse Koalition della Merkel, che ha ancora una maggioranza assoluta di 406 seggi, il 54,93% dei seggi e il 49,8% dei voti validi.

L’attenzione è tutta su questo aspetto nazionale, perché le maggioranze numeriche teoriche, sono almeno quattro , perché alla sera delle elezioni non sanno chi sarà il futuro Cancelliere, che corrisponde al nostro Presidente del Consiglio dei ministri. Noi che lo sappiamo dal Porcellum in poi non stiamo meglio peraltro, perché dal 2006 ne abbiamo avuti 8 in quattro legislature, mentre nello stesso periodo con una legge sostanzialmente proporzionale con soglia di accesso o, in alternativa tre mandati diretti e con un premio di maggioranza ridottissimo assegnato alla lista che abbia la maggioranza assoluta dei voti validi, ma non dei seggi, ha avuto nello stesso periodo una sola Cancelliera, la “Mutti” appunto e nessun scioglimento anticipato, ma 4 legislature quadriennali.

L’ottica europea e internazionale deve farci riflettere su altre questioni, siamo in una fase paragonabile alla seconda metà del XIX° secolo dello sviluppo della produzione industriale e dell’espansione imperialista coloniale, cui la sinistra diede una risposta in termini di analisi politica ed economica e di organizzazione con la creazione dei primi partiti socialisti nazionali e del loro coordinamento internazionale. All’orizzonte non c’è nulla di simile con un europeismo di facciata, surrogato di un internazionalismo perduto e non più ricercato dopo i fallimenti della Seconda Internazionale con la Prima Guerra Mondiale e dell’Internazionale Comunista dopo la Seconda. Non esiste una risposta nazionale ai problemi planetari e il ruolo dell’Europa non può essere a rimorchio di una leadership come quella americana, che decide in solitario con Biden come con Trump: basta la cronaca della fuga dell’Afghanistan o del contrasto al pericolo cinese  con i sottomarini nucleari per rendersene conto. Per non parlare di come regolare la finanza internazionale o ridurre il consumo ma anche la produzione di energia  d’origine fossile, che richiede di indennizzare i paesi produttori, così come se vogliamo salvare le grandi  foreste, occorre tassare le imprese multinazionali e i profitti finanziari.

La Germania giocherà un ruolo importate,  se contribuirà a cambiare le politiche europee.

La SPD ha vinto chiaramente, seppure di stretta misura, ma la sinistra nel suo complesso ha perso  specialmente nella ex DDR, con l’accezione del Meclemburgo Pomerania Anteriore, la SPD ha guadagnato un 1% rispetta al 2017 e non ha recuperato i voti del 2013, il 29,44%, ma ora non c’è più come nel 2013 una maggioranza numerica teorica  di sinistra SPD 193+LINKE 64+ VERDI 63, 320 su 631, già venuta meno nel 2017 con 289 seggi su 709, a causa dei 40 seggi persi dalla SPD, non compensati dai 5 seggi conquistati dalla Linke e dei 4 dei Verdi. Nel 2021  SPD 206+LINKE 39+ VERDI 118 arrivano a 363 su 735, a 5 seggi dalla maggioranza assoluta perché la Linke ha perso 30 seggi e il 3,65%. Di contro malgrado la perdita secca dell’UNIONE, soprattutto della CDU, – 7,8% in media e della AfD in percentuale e seggi, grazie al successo del FDP la destra ha vinto a livello federale. Per la seconda volta, come nel 2017, è possibile un governo UNION+FDP+AfD con 371 seggi (196+92+83) su 735, pari al 50,47%.   

Nel 2017 la virtuale maggioranza di destra era di 374 seggi su 709 seggi, quindi il 52,7%. La maggioranza nel 2021 è di un solo seggio, ma non è per questa ragione, che è improbabile un tale esito, ma per l’assoluto antieuropeismo della AfD, intollerabile per un partito, che esprime la Presidente, Ursula von der Leyen, della Commissione Europea. Nella Repubblica Federale Tedesca non esiste il fenomeno della migrazione da gruppo parlamentare ad altro nel Bundestag (nei Landtag è diverso) e pertanto è sempre valida la decisa risposta di Adenauer quando gli chiesero come avrebbe potuto governare in solitario con appena 2 voti di maggioranza: “Ce ne è uno di troppo!”.

A differenza della Sinistra, dove il riporto di voti tra Linke e SPD non è automatico, a destra il riporto di voti tra  CDU e FDP è pieno, come fossero vasi comunicanti e la particolarità del sistema elettorale tedesco e sfruttata in pieno con il voto di testa al maggioritario e quello di cuore al proporzionale.

A sinistra, invece, non è possibile perché con la Linke  al 4,9% i voti dei collegi maggioritari sono essenziali per la sopravvivenza del Partito.  Tuttavia, l’elettorato generico di sinistra fa uso del voto disgiunto, come dimostra il caso di Gregor Gysi nel collegio uninominale di Berlin-Treptow – Köpenick, dove nel 2017 si verificò

la più grande differenza tra Primo voto maggioritario e Secondo voto proporzionale. Gysi fu eletto con il 39,9%, mentre nello stesso collegio la Linke ottenne il 25,2%.

Nei collegi corrispondenti al territorio della ex DDR la debolezza della sinistra è la più evidente.

Nel 2013 la LINKE con il 22,7%  era il 2° partito  e la SPD con il 17,9% il 3°.   Nel   2017  la Linke con il 17,8% 3° partito e  la SPD  con   13,4%  il 4°. Nel giro di appena 4 anni la sinistra è passata dal 40,6% al  31,2%. 

Nello stesso periodo alle elezioni federali la destra è passata dal 44,1%, composto da UNION 38,5% e AfD 5,6% al 49,5% con l’Unione al 27,6%, 1° partito e l’AfD al 21,9% al secondo posto.

In queste elezioni la AfD è scesa dal 11,46% al 10,3%, ma è diventato il primo partito in Sassonia e in Turingia.

In controtendenza nel Meclemburgo Pomerania Anteriore SPD  34  seggi 39,6%   +9% ,   LINKE 9   9,9% -3,3%   VERDI 5  6% ,  FDP 5    5,8%  tolti alla  CDU 12  13,3%   -5,7%    AfD 14 – 4,1%, per i socialdemocratici una percentuale ma avuta.    

Inoltre, per la prima volta Berlino avrà una sindaca: è Franziska Giffey della SPD, ex ministra della Famiglia del governo di Angela Merkel che si dimise a maggio dopo lo scandalo legato alle accuse di plagio della tesi sua tesi di dottorato.  Giffey, 43 anni, subentra a Michael Müller che ha scelto di non ricandidarsi. “Berlino è una delle città più attraenti e importanti del mondo – ha commentato la neosindaca – Abbiamo tutte le potenzialità affinché gli anni 20 la portino ad essere città di riferimento per il business, la tecnologia, la cultura e la creatività in Europa. Possiamo fare tutto questo tutto socialmente e democraticamente».

La SPD, che ha totalizzato il 21,4% – mentre i Verdi il 18,9% e la Linke il 14% – sembra destinata a continuare la sua attuale coalizione in municipio con i Verdi e la Linke, pur con qualche acciacco (SPD -0,2%, Linke -1,6%) , ma Berlino è un laboratorio per una nuova sinistra tedesca.

Nella congiuntura attuale la SPD non può che tentare di fare un governo, Semaforo, cioè rosso SPD, giallo FDP e verde Grünen, una formula a guida socialdemocratica come nella Renania Palatinato, per scongiurare una coalizione Jamaica, con Liberali e Verdi a guida CDU come nello Schleswig-Holstein.

Quello che è certo è che ci sarà un inedito governo tripartito, prima di Natale e che durerà quattro anni. La struttura federale, con la sua varietà di formule di governo e il sistema elettorale formalmente misto, ma sostanzialmente proporzionale, sono la forza del sistema politico costituzionale e della sua stabilità. Sul futuro degli altri due grandi paesi UE, Italia e Francia, è massima l’incertezza per il fatto, che la sinistra non si è indebolita, come in Germania, ma in Italia è scomparsa con le elezioni 2008, da allora vegeta in stato comatoso e in Francia  potrebbe sopravvivere come pura testimonianza con le legislative del 2022.

Cartogrammi: mappa dei Seggi nei collegi  (i colori corrispondono al partito vincitore)  Seggi nelle liste.

CIVICA: ELEZIONI FEDERALI TEDESCHE

di Felice Carlo BesostriVicepresidente Istituto Studi Politici Giorgio Galli – ISPG

Domenica scorsa si è votato in Germania per le elezioni federali, domani si voterà in Italia per le comunali e la Calabria. Vediamo che cosa hanno deciso i tedeschi. Il Bundestag è composto da 598 membri, appena 2 in meno dei 600 totali del nostro Parlamento bicamerale, 299 eletti direttamente in collegi uninominali (Erste Stimme-Primo voto) maggioritari e 299 su liste bloccate di Land proporzionali (Zweite Stimme-Secondo voto), che è quello decisivo perché la composizione finale deve rispettare la proporzione delle liste. Se un partito ottiene un numero di seggi superiore alla sua percentuale si aggiungono seggi, cosiddetti mandati aggiuntivi, per rispecchiare esattamente la proporzione risultante dal Secondo voto. Nel 2013, con Afd e FDP fuori dal Parlamento erano 631, ma nel 2017 con 6 partiti i membri erano 709. Quest’anno si è giunti al record di 735 seggi. Per rispettare la volontà degli elettori in Germania si aumentano i seggi, mentre in Italia sono stati ridotti, per premiare tre/quattro partiti, quelli maggiori.

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EDITORIALE PUBBLICATO SU L’AVVENIRE DEI LAVORATORI

DOPO LE ELEZIONI IN GERMANIA

Cosa sarà l’Europa? Come riemergeremo nei prossimi anni di post pandemia? Quale ruolo giocheremo come europei nel mondo multipolare? Quale sarà la nostra capacità di affrontare le sfide planetarie, dal surriscaldamento globale ai flussi migratori, dagli scenari di guerra alla digitalizzazione? Ciò non dipenderà, purtroppo, dalle elezioni del Parlamento europeo del 2024, ma da questi tre fattori…

di Felice Besostri

Le elezioni federali tedesche, appena svoltesi in questo 2021, rappresentano una determinante rispetto al futuro dell’UE. A ciò si aggiungono le presidenziali e legislative francesi in calendario per il 2022. E poi ci sono le elezioni politiche italiane del 2023, sempreché non vengano anticipate al 2022, come spera la destra per sfruttare a proprio vantaggio l’ennesima legge elettorale incostituzionale, i cui effetti distorsivi sono aggravati da un’eccessiva riduzione del numero di parlamentari sancita con la legge costituzionale n. 1/2020.

Dopo la Brexit i grandi paesi UE sono ridotti a tre, Germania, Francia e Italia, che non sono nelle loro migliori condizioni, ma nemmeno stanno meglio i paesi medio grandi a cominciare dalla Spagna, per finire con Romania e Polonia.

NEI PAESI SENZA “PORCELLUM”

Le elezioni federali tedesche sono state le prime elezioni europee della serie, che si conclude con le elezioni del Parlamento europeo del 2024. Per combinazione fortuita il prossimo anno è decisivo per i tre capi di Stato dei grandi Paesi UE. Si dovranno eleggere i tredicesimi presidenti di Italia e Germania, da parte di assemblee speciali composte da parlamentari e rappresentanti delle articolazioni territoriali costitutive delle rispettive repubbliche.

Il nono Presidente della Quinta Repubblica francese sarà eletto, invece, direttamente dal popolo, mentre il nono Cancelliere federale sarà quello scelto dalla maggioranza di governo, che succederà alla Grosse Koalition di Angela Merkel, tuttora dotata di una maggioranza assoluta di 406 seggi, il 54,93% dei seggi e il 49,8% dei voti validi. Ma le maggioranze numeriche teoriche sono almeno quattro.

Quanto al Bundestag, esso ha una “base” di 598 membri, dei quali 299 vengono eletti in collegi uninominali maggioritari (“Primo voto”) e altri 299 su liste bloccate proporzionali nei Laender (“Secondo voto”). E però la composizione finale del Bundetag deve rispettare la proporzione delle liste. Perciò, se un partito ottiene un numero di seggi superiore alla sua percentuale, si devono aggiungere seggi in Parlamento, i cosiddetti “mandati aggiuntivi” che servono appunto a rispecchiare esattamente la proporzione risultante dal Secondo voto.

Nel 2013, con Afd e FDP fuori dal Bundetag i seggi parlamentari erano 631. Nel 2017 con sei partiti rappresentati i seggi salirono a 709. Quest’anno si è giunti al record di 735 seggi.

Morale: per rispettare la volontà degli elettori in Germania si aumentano i seggi, in Italia sono stati ridotti allo scopo di premiare i tre/quattro partiti “maggiori”.

I cittadini tedeschi la sera delle elezioni non sanno chi sarà il futuro Cancelliere, che corrisponde al nostro Presidente del Consiglio dei ministri. Noi – che invece (dal Porcellum in poi) dovremmo sapere subito chi vince e governa – non stiamo per nulla meglio di loro. Dal 2006 abbiamo avuti otto premier in quattro legislature. Loro, grazie a una legge sostanzialmente proporzionale con soglia di accesso e ridottissimo premio di maggioranza, nello stesso periodo hanno avuto una sola Cancelliera, la “Mutti” Merkel.

E nessuno scioglimento anticipato.

OTTICA EUROPEA E INTERNAZIONALE

L’ottica europea e internazionale deve farci riflettere. Viviamo in una fase storica paragonabile alla seconda metà del XIX secolo, quello caratterizzato da un prepotente sviluppo industriale e dell’espansione degli imperi coloniali.

Allora la sinistra europea non diede soltanto una risposta in termini di analisi politica ed economica, ma si impegnò anche in un forte slancio organizzativo con la creazione, nei singoli paesi, di grandi partiti socialisti che avviarono il loro coordinamento nella Prima Internazionale.

Oggi all’orizzonte non si vede nulla di simile.

Appare come un fenomeno di facciata il nostro odierno europeismo, surrogato di un internazionalismo rovinatosi nella Prima Guerra Mondiale e morto assiderato dopo la Seconda con il fallimento dell’Internazionale Comunista.

Ma non esiste alcuna possibilità di dare risposte nazionali ai problemi planetari. Come regolare la finanza internazionale o ridurre il consumo di energia d’origine fossile? Per ridurre efficacemente il consumo bisognerebbe ridurre anche la produzione. Ma allora occorrerebbe indennizzare i paesi produttori, e lo stesso valga se intendiamo salvare le grandi foreste.

Quindi, sarebbe necessario tassare le imprese multinazionali e i profitti finanziari…

Quindi, il ruolo dell’Europa non può essere a rimorchio di una leadership come quella americana, che decide in solitario; e basta leggere la cronaca della fuga dell’Afghanistan o del contrasto al pericolo cinese con i sottomarini nucleari per rendersene conto.

DESTRA E SINISTRA TEDESCHE OGGI

La Germania giocherà un ruolo importante, se contribuirà a cambiare le politiche europee.

Com’è andata nelle elezioni federali tedesche, appena svoltesi?

La SPD ha vinto chiaramente, seppure di stretta misura, ma la sinistra nel suo complesso ha perso. E ciò vale specialmente nella ex DDR, con l’eccezione del Meclemburgo Pomerania Anteriore, dove i socialdemocratici hanno guadagnato un 1% rispetto al 2017. E però i voti del 2013, il 29,44%, ora non ci sono più. Né esiste una maggioranza numerica teorica di sinistra SPD+LINKE+VERDI.

Nel 2021 SPD (206 seggi) + LINKE (39 seggi) + VERDI (118 seggi) arrivano a 363 seggi su 735: si attestano cioè 5 seggi sotto la maggioranza assoluta, e questo perché la LINKE ha perso 30 seggi.

Di contro, malgrado la perdita secca dell’UNION e soprattutto della CDU, ma anche dell’AfD, la destra ha vinto a livello federale grazie al successo del FDP. Per la seconda volta, come nel 2017, sarebbe teoricamente possibile un governo UNION+FDP+AfD con 371 seggi (196+92+83).

Nel 2017 questa virtuale maggioranza di destra aveva traguardato i 374 seggi su 709 con il 52,7%. Oggi, nel 2021 è di un solo seggio, ma non per questa ragione è improbabile un tale assetto. L’assoluto antieuropeismo della AfD sarebbe intollerabile per la UNION che esprime Ursula von der Leyen, Presidente della Commissione Europea.

Nella Repubblica Federale Tedesca non esiste il fenomeno della migrazione da un gruppo parlamentare all’altro, non nel Bundestag (a livello regionale è diverso). Pertanto, resta valida la risposta di Adenauer quando gli chiesero come avrebbe potuto governare in solitaria con appena due voti di maggioranza: «Ce ne è uno di troppo!», esclamò.

Nella congiuntura attuale la SPD non può che tentare la costruzione di un governo “Semaforo”, cioè rosso SPD, giallo FDP e verde GRÜNEN. Si tratterebbe di una formula a guida socialdemocratica, come nella Renania Palatinato. Essa scongiurerebbe una coalizione “Jamaica, cioè gialla FDP, verde GRÜNEN a nera UNION, come nello Schleswig-Holstein. Questo Land, per inciso, ha mandato al Bundestag un deputato rappresentativo della minoranza danese. È la prima volta dal 1949.

Insomma, l’incertezza domina sul futuro cancellierato, perché loro la sera del voto non sanno chi li governerà…

Ma a Berlino è abbastanza certo che ci sarà un governo prima di Natale e che durerà quattro anni.

CENNI DI ANALISI DEL VOTO TEDESCO

Entrando nel merito del voto tedesco si può dire che a destra il riporto dei voti tra CDU e FDP avviene in modo pieno, come fossero vasi comunicanti e anche le particolarità del sistema appaiono sfruttate in pieno con il voto “di testa” al maggioritario e quello “di cuore” al proporzionale.

A sinistra, invece, ciò non è stato possibile perché con la LINKE al 4,9%, i voti “di testa” nei collegi maggioritari risultavano essenziali alla sopravvivenza di quel partito.

L’elettorato generico di sinistra ha fatto uso del voto disgiunto, come dimostra il caso di Gregor Gysi nel collegio uninominale di Berlin-Treptow-Köpenick, dove nel 2017 si verificò la più grande differenza tra Primo voto maggioritario e Secondo voto proporzionale. Tant’è che Gysi fu eletto con il 39,9%, mentre nello stesso collegio la LINKE ottenne il 25,2%.

Nei collegi corrispondenti al territorio della ex DDR la debolezza della sinistra è stata ancor più evidente.

Nel 2013 la LINKE con il 22,7% era il 2° partito e la SPD con il 17,9% il 3°. Nel 2017 la Linke con il 17,8% 3° partito e la SPD con 13,4% il 4°. Nel giro di appena 4 anni la sinistra è passata dal 40,6% al 31,2%.

Nello stesso periodo alle elezioni federali la destra è passata dal 44,1%, composto da UNION 38,5% e AfD 5,6% al 49,5% con l’Unione al 27,6%, 1° partito e l’AfD al 21,9% al secondo posto.

In queste elezioni la AfD è scesa dal 11,46% al 10,3%, ma è diventato il primo partito in Sassonia e in Turingia.

In controtendenza nel Meclemburgo Pomerania Anteriore SPD 34 seggi 39,6% +9% , LINKE 9 9,9% -3,3% VERDI 5 6% , FDP 5 5,8% tolti alla CDU 12 13,3% -5,7% AfD 14 – 4,1%, per i socialdemocratici una percentuale mai avuta.

Inoltre, per la prima volta Berlino avrà una sindaca: è Franziska Giffey della SPD, ex ministra della Famiglia del governo di Angela Merkel che si dimise a maggio dopo lo scandalo legato alle accuse di plagio della tesi sua tesi di dottorato. Giffey, 43 anni, subentra a Michael Müller che ha scelto di non ricandidarsi. «Berlino è una delle città più attraenti e importanti del mondo – ha commentato la neo sindaca: «Abbiamo tutte le potenzialità affinché questi anni Venti portino Berlino a essere città di riferimento per il business, la tecnologia, la cultura e la creatività in Europa. E possiamo fare tutto questo socialmente e democraticamente».

A Berlino la SPD ha totalizzato il 21,4%, i GRÜNE mietono il 18,9% e la LINKE porta a casa il 14%. Il municipio della capitale tedesca sembra destinato a continuare l’attuale coalizione Rosso-Rosso-Verde, pur con qualche acciacco per la SPD (-0,2%) e la LINKE (-1,6%). Forse è questo il laboratorio di una nuova sinistra in terra tedesca.