«UN RICORSO contro la Regione Toscana, che nel settembre 2014 ha dato vita alle nuove regole elettorali. A firmarlo, oltre a Monica Sgherri di Rifondazione e Mauro Romanelli di Sel, figurano Sandra Bonsanti di ‘Libertà e giustizia’, Luigi Marino Remaschi vicepresidente dell’Anpi di Firenze, Beatrice Bardelli del Comitato difesa della Costituzione di Pisa, lo storico Paolo Bagnoli e Tommaso Fattori direttore di Transform Italia. In pratica, uno spaccato di quella sinistra che alle regionali del prossimo maggio darà vita, assieme alle liste civiche ‘Buongiorno Toscana’ di Andrea Raspanti e alla lista Tsipras, ad un raggruppamento di tutto il mondo no-dem. Oltretutto, attraverso una lista unica, se le soglie di sbarramento del Toscanellum non verranno abbassate. Proprio ieri la direzione regionale di Sel si è riunita per dichiarare la fine dell’alleanza con il Pd e per rivolgersi «all’elettorato deluso dal Pd e alle esperienze che si richiamano a Tsipras, alle liste civiche di sinistra della nostra regione».

Obiettivo dichiarato, la creazione di un’alternativa di governo di sinistra. «I connotati di sinistra dell’alleanza sono venuti meno per l’atteggiamento del Pd e dello stesso Enrico Rossi, che ha scelto di abbandonare ogni tentativo di rappresentare un modello originale e diverso da quello del governo nazionale», si legge nel documento ufficiale di Sel. «Mi dispiace per loro, Sel poteva scegliere di comportarsi da sinistra di governo e invece ha scelto di tornare nelle braccia di Rifondazione, di essere una forza esclusivamente di protesta, che pensa solo a bloccare tutto e a dire no a tutto», saluta l’ex alleato il segretario del Pd Dario Parrini. Che adesso si troverà però sulla testa la spada di Damocle del ricorso. «Stiamo aspettando il giorno dell’udienza», spiega l’avvocato Paolo Solimeno, che ha collaborato con l’affossatore del ‘Porcellum’ Besostri. Arriverà forse entro aprile. E se allora il giudice riterrà che la nuova legge possa ledere i diritti soggettivi degli elettori, il ricorso verrà trasmesso alla Corte costituzionale. Che non potrà pronunciarsi prima del voto di maggio: «A quel punto però andremo al voto con un sistema elettorale sub-judice», dicono i ricorrenti. Cosa c’è scritto nelle 37 pagine presentate?
Secondo l’avvocato Besostri, nel Toscanellum «è stato usato un trucco».
Quale?
«Quello di far credere che con questa legge i consiglieri saranno eletti con le preferenze: fumo negli occhi perché gli eletti con la preferenza saranno solo il 10-15% del totale dei 40 consiglieri». Cioè al massimo sei-sette, secondo Besostri.
Possibile?
In teoria sì. Perché la nuova legge prevede le preferenze ma prevede anche un listino bloccato di tre nomi. Oltretutto facoltativo. Così che gli elettori di un partito che avrà il listino bloccato voteranno con un sistema diverso rispetto a quelli di un altro partito che non intende avvalersene (finora solo il Pd ha detto di non voler utilizzare).
È legittimo trattare diversamente gli elettori?
«In più è bene notare che, sei nomi dei candidati sottoposti a preferenze sono scritti sulla scheda, quelli del listino bloccato no», rileva l’avvocato. Non solo: «Il bello è che non saranno neppure solo tre perché ognuno dei tre potrà candidarsi anche in due collegi». Il ricorso punta il dito anche sul premio di maggioranza, previsto dal Toscanellum: «La presenza contestuale di una soglia di accesso con un premio di maggioranza è irrazionale», si legge nel ricorso. Perché il premio di maggioranza è molto alto e assegnato al candidato presidente: «L’effetto finale è che il partito più grande si appropria di fatto delle liste più piccole», si spiega.

«Non siamo disposti ad accettare una legge scritta da analfabeti della democrazia», dice Tommaso Fattori a nome della rete Transform Italia. «Con questa legge oggi in vigore una lista che sfiora il 10% dei consensi è fuori dal consiglio regionale, mentre una lista col 25% può al contrario prendere anche la maggioranza assoluta», aggiunge Fattori. Mauro Romanelli di Sel rileva che «i rilievi contenuti nel ricorso sono gli stessi che aveva sollevato al tempo l’ufficio legislativo del consiglio regionale, restati poi inascoltati per un atto d’arroganza del Pd». Monica Sgherri di Rifondazione comunista giudica complessivamente il Toscanellum una «controriforma autoritaria».
(m.v.)

Fonte: Repubblica di Firenze