ALLEGATO ALLA MEMORIA

Profili di incostituzionalità della legge n. 165/2017

Il “Testo di legge costituzionale approvato in seconda votazione a maggioranza assoluta, ma inferiore ai due terzi dei membri di ciascuna Camera, recante: «Modifiche agli articoli 56, 57 e 59 della Costituzione in materia di riduzione del numero dei parlamentari». (19A06354) pubblicato sulla G.U.R.I. S.G. 160° – Numero 240 del 12.X.2019, data dalla quale decorre il termine per proporre il referendum ex art. 138 Cost. e pertanto la promulgazione ed entrata in vigore sono sospesi fino al decorso del detto termine e se del caso della pubblicazione dell’esito del referendum. Con la modifica approvata i membri della Camera dei Deputati sono ridotti da 630 a 400 e quelli elettivi del Senato della Repubblica da 315 a 200, una riduzione del 36,50% con conseguente effetto sulla composizione/consistenza dell’assemblea prevista dall’art.83 Cost. costituita dal “Parlamento in seduta comune dei suoi membri”(c.1) alla quale “partecipano tre delegati per ogni Regione eletti dal Consiglio regionale in modo che sia assicurata la rappresentanza delle minoranze. La Valle d’Aosta ha un solo delegato”(c. 2). L’assemblea dell’art. 83 Cost., che elegge il Presidente della Repubblica, cioè colui che “è il capo dello Stato e rappresenta l’unità nazionale”(art. 87.1 Cost.) passa da 1.003 membri[1] rappresentativi di assemblee elettive (630 Camera+315 Senato+58 Delegati regionali) a 658 (cfr. nota 1), il Parlamento in seduta comune passa da essere il 94,21% dell’assemblea “presidenziale” al 91,18% e la maggioranza assoluta dopo il terzo scrutinio (art. 83.3 Cost.) dagli attuali 505 su 1009 (cfr. nota 1) a 333 su 664.

Altro riflesso permanente, non ogni sette anni, ordinariamente, come assemblea “presidenziale”, ed in materia più delicata, la riforma costituzionale lo esplica sul Parlamento in seduta Comune per la messa in stato d’accusa del Presidente della Repubblica, nei casi previsti dall’art. 90 Cost., circostanza oggetto di considerazione nelle discussioni che hanno preceduto la votazione del 4.XII.2016. Con quella modifica il Parlamento in seduta comune sarebbe stato composto da 730 membri elettivi più senatori a vita e di diritto, che con la legge elettorale allora in vigore, la legge n. 52/2015, assicurava al Presidente del Consiglio, capo politico della lista assegnataria del premio di maggioranza pari al 55% dei seggi della Camera e alla natura del Senato composto da sindaci e consiglieri regionali, il controllo del Parlamento in seduta comune, sminuendo la figura del Presidente della Repubblica, quale garante supremo della Costituzione e dell’equilibrio e cooperazione fra gli organi costituzionali. Non solo, assegnava al Presidente del Consiglio, espressione di una maggioranza parlamentare non necessariamente corrispondente ad una maggioranza assoluta del corpo elettorale, la parola decisiva in ordine all’elezione dei 5 giudici costituzionali di competenza del Parlamento (art. 135.1 Cost.) e del terzo dei componenti elettivi del CSM (art. 104.4 Cost.). Quella revisione costituzionale non entrò mai in vigore in seguito alla consultazione referendaria e al suo esito non confermativo e la legge elettorale accompagnatoria non fu mai applicata grazie alla sentenza della Corte Costituzionale n. 35/2017 in seguito a n. 5 ordinanze di remissione dei Tribunali di Messina, Torino, Perugia, Trieste e Genova, parte di 22 ricorsi promossi in altrettanti distretti di Corte d’Appello.

La legge elettorale, la cui costituzionalità, in via incidentale, si intende mettere in discussione in questo giudizio di ammissibilità di quesiti referendari ex art.75 Cost., in caso di autoremissione, è la n. 165/2017 sia nel merito, che per la procedura di approvazione con il ricorso a ben 8 voti di fiducia, 3 alla Camera dei Deputati e 5 al Senato della Repubblica, secondo i ricorrenti in violazione dell’art. 72 c. 4 Cost., così come interpretato dalla Presidente della Camera, on. Nilde Iotti, con il suo lodo del 23.01.1980 poi confermato nella seduta del 25.09.1980 in quanto procedura speciale, poiché regolata nella Parte terza del Regolamento Camera e non nella Parte seconda, con l’approvazione della mozione di fiducia a iniziativa del Governo, non prevista in Costituzione, decadono tutti gli emendamenti dei parlamentari, con deroga quindi al regolamento della Camera in violazione al combinato disposto dei commi 1 e 4 dell’art. 72 Cost. La violazione delle prerogative dei singoli parlamentari non aveva allora la tutela del ricorso per conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato, ammesso soltanto in via teorica con l’ordinanza della Consulta 10 gennaio-8 febbraio 2019 n. 17, che potrebbe essere attivato in caso di ricorso alla fiducia su leggi elettorali attuative della riduzione del numero dei parlamentari, per esempio per ridisegnare i collegi della legge n. 165/2017 ai sensi della legge n. 51/2019.

Per un inquadramento generale della legge n. 165/2017, cosiddetto Rosatellum bis, e di suoi aspetti problematici si consiglia lo scritto della Prof.ssa ordinaria di Diritto Costituzionale dell’Università degli Studi di Genova, Lara TRUCCO, Rosatellum-bis e la forma di governo “leadercratica” sul far del nascere della XVIII Legislatura, in Fascicolo 3/2018-ROTTURE E CONTINUITA’ NELL’AVVIO DELLA XVIII della Rivista Costituzionalismo.it (http://www.costituzionalismo.it/download/Costituzionalismo_201803_691.pdf), cui farò riferimento in seguito a proposito del premio di maggioranza “nascosto” o “sotterraneo” della legge n. 165/2017. Per i rapporti  a legge n. 165/2017 e la legge n. 51/2019 si rinvia, invece, allo scritto della stessa Lara TRUCCO, AUDIZIONE SENATORIALE IN MERITO AI D.D.L N. 881 SU “LEGGE ELETTORALE: PER UNA DETERMINAZIONE DEI COLLEGI INDIPENDENTE DAL NUMERO DEI PARLAMENTARI“, in  2019 FASC. l del 10 gennaio 2019 della rivista CONSULTAONLINE (http://www.giurcost.org/studi/trucco_audizioneSenato_LeggeElettorale.pdf).

La tesi di fondo della prof.ssa Trucco è sintetizzata nell’abstract, che recita: “Il saggio esamina l’incidenza del sistema elettorale per le politiche (cd. Rosatellum-bis) sulla forma di governo italiana. L’attenzione viene portata prima sul sistema di voto ed in seguito su quello di assegnazione dei seggi, rilevando l’attitudine variamente incline dei meccanismi di elezione alle forze uscite vincenti dalle elezioni e dei relativi leader. In particolare, dall’analisi emerge l’apporto del sistema all’esaltazione del ruolo dei due leader di maggioranza, sia nel rapporto fiduciario con le Camere, sia nella determinazione della politica generale del Governo, prospettandosi la vigenza di una “leadercrazia.”, una prospettazione che ha trovato conferma almeno nella persona del leader della formazione, che uscita terza alle elezioni, ma prima nella sua coalizione, e che appare essere la più popolare nei sondaggi e sulla base  dei risultati delle elezioni europee 2019.

Probabilmente nelle cronache costituzionali europee sarà ricordato il caso dell’Italia e preso come segno della sua crisi istituzionale, il fatto che un Parlamento sia stato capace di adottare, dopo una legge elettorale nel dicembre 2005 (collegata ad una revisione costituzionale abortita) dichiarata incostituzionale nel gennaio 2014 con la sentenza n. 1/2014, una nuova legge elettorale nell’aprile 2015 (parimenti collegata ad una revisione costituzionale respinta a grande maggioranza dal corpo elettorale il 4.XII.2016) ma, talmente incostituzionale da essere parzialmente annullata in punti qualificanti prima della sua applicazione nel febbraio 2017 con la sentenza n. 35/2017. Ne avrebbe tenuto conto il legislatore, pressato dal Presidente della Repubblica con i suoi ripetuti moniti[2] e dalla fine della legislatura nell’ormai incombente anno 2018?

Con la legge n. 270/2005 (Porcellum) si sono bloccate le liste e dato un premio di maggioranza pari al 55% dei seggi alla Camera e nelle singole circoscrizioni regionali per il Senato. Dopo la sentenza n. 1/2014 la legge n. 52/2015, valida solo per la Camera, poiché del DDL Cost. Renzi Boschi il Senato non era più eletto direttamene, prevedeva un premio di maggioranza in seguito a ballottaggio tra le prime due liste (le coalizioni erano abolite) e le liste parzialmente sbloccate salvo il capolista pluricandidabile e con elezione garantita. Dopo la seconda bocciatura della Consulta, con la sentenza n. 35/2017, la legge n. 165/2015, pensando che avere premio di maggioranza e liste bloccate esponesse a ricorsi, fecero la scelta delle liste bloccate corte (minimo 3 massimo 8 seggi per collegio plurinominale) per tenere conto della sent. n. 1/2014. Per garantire l’elezione dei candidati (nominati) optarono per le pluri-candidature fino a 5 con un collegio uninominale e limitarono i candidati da 2 a 4 anche nei collegi ne eleggevano da 5 a 8 (nel vituperato proporzionale con preferenza i candidati dovevano essere in numero superiore ai posti da eleggere) creando quel problema di esaurire i candidati rispetto ai posti in modo certo quando una lista prendeva il 50% o più dei voti.

Nel Rosatellum-bis il premio di maggioranza c’è ma è occulto/dissimulato/nascosto, cioè funziona grazie all’obbligatorietà del voto congiunto, se è distribuito in modo omogeneo/non squilibrato sull’intero territorio nazionale. Il seggio uninominale maggioritario si conquista con la maggioranza relativa di collegio ed è comunque un vantaggio, cioè la conquista di un seggio maggioritario lascia inalterata la percentuale nazionale per la distribuzione dei seggi plurinominali proporzionali ma aumenta la percentuale dei seggi con lo stesso numero di voti, TANTO MAGGIRE E’ IL NUMERO DEGLI UNINOMINALI IN MEDIA 3/8 dei plurinominali. Questo vantaggio c’è, comunque, stato come si desume dalla Tabella n.3 – La “disproporzionalità84” dei seggi assegnati (tra coalizioni e tra liste) a p. 89 dell’opera della prof.ssa Trucco citata a p. 2 della presente Memoria in fasc. 3/2018 della rivista Costituzionalismo.it.

Il funzionamento del premio di maggioranza occulto non si è verificato perché due formazioni hanno superato il 30% Coalizione di CDX e M5S e con notevole squilibrio territoriale tra Nord appannaggio del CDX e il Sud ed Isole al M5S. Una situazione rovesciata applicando il Rosatellum ai risultati europei vedi Tabella citata. Già questa disproporzione è un problema alla luce della sentenza n. 1/2014 della Corte Cost. e precisamente del passo: “…., qualora il legislatore adotti il sistema proporzionale, anche solo in modo parziale[3], esso genera nell’elettore la legittima aspettativa che non si determini uno squilibrio sugli effetti del voto, e cioè una diseguale valutazione del “peso” del voto “in uscita”, ai fini dell’attribuzione dei seggi, che non sia necessaria ad evitare un pregiudizio per la funzionalità dell’organo parlamentare (BVerfGE, sentenza 3/11 del 25 luglio 2012“ (Sent. 1/2014 cap.3.1  La questione è fondata par. XI).

L’effetto sarebbe ancora amplificato dopo la drastica riduzione dei parlamentari da 630 a 400 Camera e da 315 elettivi a 200 al Senato, non ancora in vigore, pendendo il termine previsto dall’art. 138 Cost. per la richiesta di referendum confermativo e in caso positivo per il suo svolgimento, la legge elettorale non fosse una legge integralmente proporzionale, al limite con soglie d’accesso intorno al 2% (la soglia minima obbligatoria prevista per gli stati più grandi della UE dalla Decisione 2018/994/UE per il Parlamento europeo).

Con sistemi maggioritari come quello del referendum abrogativo promosso da 8 Consigli Regionali[4], depositato presso la Corte di Cassazione, nel caso fosse dichiarato ammissibile e fosse approvato o con premi di maggioranza palesi come Italikum o nascosti come il rosatellum bis (al. 3) come da allegato. Questo significa che, quando c’è un’unica lista o coalizione che superi il 30% dei voti e distribuita omogeneamente sul territorio nazionale, questa può avere la maggioranza assoluta della Camera dei deputati.  Se poi si toglie la base regionale per il Senato, come si è incominciato a fare con la n. 165/2017 introducendo anche in Senato una soglia nazionale del 3%, una lista di maggioranza relativa tra gli elettori, che è una minoranza assoluta nel paese, può controllare il Parlamento in seduta comune per la messa in stato d’accusa del Presidente della Repubblica ex 90 Cost. e l’assemblea presidenziale ex 83 Cost. praticamente del tutto se in analogia alla riduzione dei Parlamentari i delegati regionali da 58 si riducessero a 20. Di questo non si parla, ma è la questione che più squilibrerebbe la nostra Costituzione e il ruolo del   capo dello Stato, che rappresenta l’unità nazionale, nonché è garante della Costituzione  e dell’equilibrio e cooperazione degli organi costituzionali e dei poteri che li esprimono. Il Parlamento in seduta comune elegge anche 5 Giudici Costituzionali ed un terzo dei membri elettivi del CSM.

I risultati elettorali sono sempre una sorpresa massimamente, per chi la pensa e redige nel suo interesse. Così è stato per il Mattarellum, il PP non fu il primo partito, ma il terzo. La legge n.270/2005 pensata dal CDX in funzione della coeva revisione costituzionale alla prima applicazione vide la vittoria del CSX. L’Italikum, n.52/2015, pensata per un sistema politico bipolare (ballottaggio tra i primi due) è stato fulminato dalla Consulta e le elezioni del 2018, rinforzando l’esito del 2013, hanno mostrato che il sistema era ormai tripolare (CDX, M5S e CSX), fatto confermato dalle due maggioranze in meno di 18 mesi.

Con la riduzione dei parlamentari[5] i seggi uninominali aumenteranno malgrado il rapporto di 3 ottavi già perché in Val d Aosta è 1, in Trentino sono 6 su 11 e diventeranno 4 su 7, in Calabria da 8 su 20 a 5 su 13, cioè il 38,46% e questo incremento sarà generalizzato in quanto alla Camera nello stabilire la percentuale di uninominali si arrotonda all’unità superiore(art.3 c. 1 lett. b) l. n. 165-72017). Sulle riduzioni nel loro complesso si rinvia alle tabelle pubblicate nell’opera del prof. TRUCCO, cit. in Consultaonline,[6]pp.16 e 17.

Le eccezioni di costituzionalità   

Per i ricorrenti ed il loro collegio si segnalano sinteticamente i rilievi di costituzionalità, suddivisi per articolo della Costituzione di cui si segnala la violazione.

L’art. 48 Cost. è violato sotto vari profili:

della libertà di voto (legge n. 165/2017, art. 1, comma 4, art. 1, comma 21, capoverso a), nonché art. 1, comma 18, capoverso «Art. 31», comma 5: voto unico congiunto per candidato uninominale e liste collegate); l’art. 1, comma 21 della citata legge ha in particolare modificato l’art. 59-bis c.3 dpr n. 361/1957, stabilendo la nullità del voto per un candidato uninominale e per una lista proporzionale non collegata

dell’uguaglianza del voto (comma 19, lettera c), dell’art. 1 della legge n. 165/2017: il voto dato ad una lista coalizzata vale di più di quello per una lista singola). Inoltre la violazione discende anche dalla previsione secondo cui i voti per liste sopra l’1% ma sotto il 3% vadano comunque alle coalizioni, cioè alle liste maggiori di esse (lettere c) e g) del capoverso «Art. 83», del comma 26 dell’art. 1della citata legge);

– e infine della personalità del voto, perché le liste plurinominali sono bloccate. Ciò avviene per l’effetto dell’art. 1, comma 1, capoverso «Art. 1», comma 3), della citata legge n. 165, congiunto ad un meccanismo che produce slittamenti veramente consistenti di voti e seggi da un collegio all’altro, in un sistema che assegna i seggi a livello nazionale (art. 1, comma 26) ma prevede che la presentazione delle candidature (art. 1, comma 10) e l’espressione del voto (art. 1, comma 4) si svolgano a livello di collegio plurinominale. Nella ricerca di candidati da proclamare in caso d esaurimento dei candidati nel collegio plurinominale si ricercano candidati in collegi plurinominali nella stessa circoscrizione, se non sufficienti in collegi di altra circoscrizione, a candidati in collegi uninominali e di liste coalizzate, non c’è nessun rapporto tra elettori e candidati, quindi del voto personale ed addirittura tra elettore e lista, secondo il testo dell’art. 84 dpr n. 361/1957 nel testo novellato dall’art. 1 c. 28 legge n.165/2017, che quindi viola gli artt. 3, 48 e 51 Cost., che si allega integrale, che si allega (sub.1), perché in base ad esso in particolari circostanze può essere eletto grazie ai voti dati ad una lista in un collegio plurinominale con carenza di candidati eleggibili un appartenente ad un’altra lista solamente coalizzata con quella destinataria del voto degli elettori o un candidato in collegio uninominale, che in caso di coalizioni non sono riferibili ad una lista specifica e che comunque dovrebbero essere la massima espressione di un voto personale ed individuale.

Si viola anche l’art. 51 Cost. perché i candidati non sono in condizioni di eguaglianza: nelle liste bloccate i capilista e le teste di lista sono favoriti e i candidati di coalizioni hanno più possibilità di beneficiare del premio di maggioranza occulto, che consiste nel caso di una sola lista o coalizione superiore a 30% (la Lega alle europee) con voti omogeneamente distribuiti sul territorio nazionale di conquistare la maggioranza assoluta della Camera dei deputati.

Il trattamento di favore delle coalizioni rispetto alle liste singole viola l’art. 3 Cost. in quanto non più giustificato dopo le modifiche dell’art. 14-bis dpr 361/1957 modificato con l’art. 1 c. 5 della legge n.270/2005, che prevedeva al c.3, secondo periodo un capo politico unico della coalizione e un unico programma, non più previsti nel testo vigente al tempo delle elezioni del 4 marzo 2018, per il testo dell’art.14-bis introdotto dall’art. 1 c. 7 della legge n. 165/2017, dopo che le coalizioni non erano più previste dall’art. 2 c. 8 della legge n. 52/2015

Specificamente con riguardo al Senato, l’art. 57 Cost. stabilisce poi che esso è eletto su “base regionale” ma il testo di legge introduce un livello di calcolo su base nazionale. È il caso della previsione della soglia di sbarramento nazionale del 3% per l’accesso alla distribuzione dei seggi (art. 2, comma 8, capoverso «Art. 17», lettera a)). Una forza politica di radicamento locale (da una costola dell’allora Lega Nord è sorto in Valtellina nel 2008 il partito Popolare Retico, fondato dal Senatore Eugenio Tabarini e che ha avuto esponenti eletti Presidente della Provincia di Sondrio o Sindaco di Comuni compreso il capoluogo o che voglia rappresentare minoranze linguistiche riconosciute dalla legge n. 482/1989, ma escluse dalle norme speciali elettorali previste solo per le liste rappresentative di minoranze linguistiche, ricomprese in regioni autonome ex art. 116.1 Cost. con tutela prevista da norme statutarie  o di attuazione dello Statuto speciale) potrebbe avere un consenso popolare per eleggere un deputato od un senatore nella circoscrizione regionale, ma mai raggiungere la soglia di accesso nazionale (dalla quale sono esentate le liste di minoranze linguistiche protette dagli artt. 83 c.1 lett. l) TU Camera e 17 c.1 lett. a) TU Senato, così come rispettivamente modificati dall’art. 1 c. 26 e dall’art. 2 c. 8 della legge n. 165/2017 ). Queste norme speciali violano l’art.3 Cost. e l’art. 6 Cost. per non essere state irragionevolmente estese a tutte le minoranze linguistiche tutela o con riferimento alla loro consistenza[7], ma unicamente all’insediamento in una regione a statuto speciale o a statuto ordinario. Non essendo estese a tutte le minoranze linguistiche e nazionali tutelate Legge 28 agosto 1997, n. 302 “Ratifica ed esecuzione della Convenzione-quadro per la protezione delle minoranze nazionali, fatta a Strasburgo il 1º febbraio 1995, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 215 del 15 settembre 1997 – Supplemento Ordinario n. 184” viola l’art.3.1 Cost. in quanto discrimina in base alla lingua, ma non in attuazione di diritto internazionale convenzionale nell’ambito del Consiglio d’ Europa, organizzazione internazionale ex art. 11 Cost., tanto che l’Italia ha accettato di sottostare al giudizio della Corte europea dei Diritti dell’Uomo e la Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali è pacificamente considerata normativa interposta nei giudizi di costituzionalità.

Il diritto di voto non è uguale, quindi vi è violazione degli art. 3 e 48 Cost., in tutta Italia alla Camera dei deputati e senza la giustificazione di un trattato internazionale come l’Accordo Degàsperi-Gruber per l’Alto Adige, che riguardava soltanto il Senato[8] per l’attuazione della misura 111. In generale il rapporto tra seggi assegnati in collegi uninominali maggioritari e plurinominali proporzionali è di 3/8, rapporto definito espressamente nella legge n. 51/2019 (art.1 c.1), ma il rapporto è derogato, anzi rovesciato, per il Trentino- Alto Adige/ Südtirol, poiché il c. 2 dell’art. 1 dpr 361/1957 (TU Camera), come modificato dall’art. 1 c. 1 legge n. 51/2019, prevede che “la  circoscrizione Trentino-Alto Adige/Südtirol è ripartita in un numero di collegi uninominali  pari alla metà dei seggi  assegnati  alla  circoscrizione  medesima,  con arrotondamento all’unità pari superiore”, quindi 6 uninominali su 11, pari al 54,54% di maggioritario, invece che il 37,50%, cioè i tre ottavi di 11. Applicando la regola per il Senato di arrotondamento all’unità inferiore si avrebbe avuto un rapporto di 4 uninominali su 11 (36,36%) e si potevano comunque assegnare un eguale numero di seggi uninominali alle due Province autonome di Trento e Bolzano, quest’ultima a maggioranza linguistica tedesca, tradizionalmente rinforzata da quella dei ladins . L’altra eccezione alla normativa è rappresentata dal Molise, cui si applica il medesimo c. 2 dell’art. 1 dpr 361/1957 come modificato dalla legge n.51/2019, nella parte in cui recita “Le circoscrizioni cui sono assegnati tre deputati sono ripartite in due collegi uninominali”. Quest’ultima previsione è la più irragionevole come disparità di trattamento in quanto con 3 seggi un rapporto di un uninominale con plurinominale di due seggi avrebbe costituito un rapporto di 1/3 (33,33%) più vicino a 3/8 (37,50% ) di quello approvato. La maggioranza di seggi uninominali svantaggia le formazioni minori, che possono aspirare unicamente a ottenere seggi con resti nella parte proporzionale, a prescindere dalla “singolarità” (parola sicuramente appropriata) di un collegio plurinominale, con un solo candidato per lista e un solo eletto. Oltre che violazione degli artt. 3 e 48 Cost. è anche violazione dell’art. 51 Cost. perché con l’inversione del rapporto tra collegi uninominali maggioritari e plurinominali proporzionali, i candidati in questi ultimi sono svantaggiati.

Un’altra anomalia: in caso di collegi senza candidati, causa le liste corte (max. 4 candidati) e le pluri-candidature (in 5 collegi) si può essere eletti grazie ai voti di elettori, di altra regione diversa da quella di candidatura e in deroga al rapporto tra parlamentari e popolazione residente nel collegio. L’ultimo caso una senatrice candidata in Umbria è stata nominata grazie a voti siciliani, che hanno un senatore in meno. In assenza di norma espressa facendo mala applicazione della norma di chiusura art. 27 del T.U.  per l’elezione del Senato D. Lgs. 20 dicembre 1993, n. 533 e successive modificazioni. Nel caso d’elezione in altro collegio, come abbiamo visto, per mancanza di candidati, cosiddetto effetto flipper si ha violazione del principio, desumibile dall’art. 48 Cost.  e dagli artt. 56.1 e 58.1 Cost. per Camera e Senato (voto personale e diretto) e per la quale nessun candidato può essere danneggiato o favorito dal comportamento elettorale di elettori di altre circoscrizioni nelle quali non sia candidato. Per un ordinamento omogeneo al nostro e che sul voto hanno un art. 38 GG (LEGGE FONDAMENTALE) perfettamente sovrapponibile al nostro art. 48 Cost. un precedente specifico (“Überhangmandate” Mandati aggiuntivi-Decisione del Secondo Senato del 3 luglio 2008, BVerfGE 121,266, cause 2BvC 1/07, 2BvC 7/07). Lo stesso principio si desume dalla sentenza BVerfG, Urteil des Zweiten Senats vom 25. Juli 2012 – 2 BvF 3/11 -, Rn. (1-164),  https://www.bundesverfassungsgericht.de/SharedDocs/Entscheidungen/DE/2012/07/fs20120725_2bvf000311.html, citata per altri fini dalla sentenza n. 1/2014 ( quella di annullamento parziale della legge n. 270/2005.

Si insiste per l’accoglimento dell’istanza di autoremissione .

Roma, 9 gennaio 2020

Avv. Felice  Besostri


[1] Si tratta dei membri elettivi, in relazione al collegamento con la legge elettorale per il Parlamento e le leggi elettorali, cui si devono aggiungere 5 senatori a vita e, attualmente, 1 senatore di diritto (ex Presidente Napolitano).

[2] Cfr TRUCCO, Rosatellum-bis e la forma di governo “leadercratica, op.cit p.78 e nota 6

[3] Come la legge n. 165/2017 oggetto del presente giudizio.

[4] Prevede che tutti i membri del Parlamento siano eletti con sistema maggioritario in collegi uninominali a turno unico.

[5] -Al Senato da 116 a 74 seggi attribuiti con metodo maggioritario (incluso 1 seggio della Valle d’Aosta)- da 193 a 122 seggi attribuiti con metodo proporzionale-             da 6 a 4 seggi esteri; alla Camera –  da 232 a 146 seggi attribuiti con metodo maggioritario-da 386 a 245 seggi attribuiti con metodo proporzionale-da 12 a 8 seggi esteri-1 seggio Valle d’Aosta

[6] TRUCCO , AUDIZIONE SENATORIALE IN MERITO AI D.D.L N. 881 SU “LEGGE ELETTORALE: PER UNA DETERMINAZIONE DEI COLLEGI INDIPENDENTE DAL NUMERO DEI PARLAMENTARI“, in  2019 FASC. l del 10 gennaio 2019 della rivista CONSULTAONLINE (http://www.giurcost.org/studi/trucco_audizioneSenato_LeggeElettorale.pdf).

[7] La minoranza albanofona calabrese ha pacificamente una consistenza numerica superiore, basta considerare il totale della popolazione dei comuni arbëreshë di tre province di questa regione , agli sloveni della Regione Friuli-Venezia Giulia o ai franco-provenzali della Val d’Aosta, ma nessuna tutela legislativa elettorale.

[8] In materia elettorale per il Parlamento nazionale l’attuazione è costituita unicamente dalla misura 111, recepita con la L. 30 dicembre 1991, n. 422 -Elezioni del Senato della Repubblica per l’attuazione della misura 111 a favore della popolazione alto-atesina.  La misura 111 prevede testualmente «Modifica delle circoscrizioni elettorali allo scopo di favorire la partecipazione al Parlamento dei rappresentanti dei gruppi linguistici italiano e tedesco della Provincia di Bolzano in proporzione alla consistenza dei gruppi stessi ( modifica della legge 27 febbraio 1958 n.64)»