L’assegno dimezzato di Ursula Soerger, moglie di un deputato del Pci morto nel 1974, e quello aumentato di Antonello Falomi.
Carlo Olmini era un deputato comunista brianzolo, è morto giovane nel 1974. Un migliorista milanese, che era stato in Parlamento per due legislature: dal 1963 al 1972. Un’altra Repubblica. La vedova, Ursula Soergel, 81 anni, ex traduttrice dal tedesco per case editrici importanti, da Mondadori a Feltrinelli, percepisce da allora il vitalizio del marito: 1970 euro netti a cui si aggiungono 380 euro di pensione Inps. Nei giorni scorsi ha scoperto come cambierà il suo assegno mensile dal prossimo 27 gennaio, quando entrerà in vigore la riforma dei vitalizi, calcolati d’ora in poi retroattivamente su base contributiva. Prenderà 1660 euro lordi, grosso modo 1000 euro netti. La signora Soergel non è più autosufficiente da tre anni.
È assistita da una badante, giorno e notte. La colf le costa, tra stipendio fisso, contributi previdenziali, vitto e alloggio, poco più di 2000 euro al mese. «Le darò una mano io, come posso», dice il suo attuale compagno, Carlo Brambilla, architetto in pensione, che aggiunge: «Hanno tolto un privilegio e creato una povera». «Io invece ci guadagnerei», calcolava l’altro giorno alla Camera Antonello Falomi, il presidente dell’Associazione ex parlamentari, in prima linea contro la riforma voluta dal Movimento Cinquestelle. Falomi ha 75 anni. È stato parlamentare dei Ds per quattro legislature, dal 1994 al 2008. La sua rendita è il frutto dei contributi effettivamente versati, come imponeva la legge nel frattempo cambiata, mentre ai tempi di Olmini si calcolava soprattutto con il metodo retributivo. E quindi il ricalcolo per Falomi risulta addirittura favorevole. «Ma non percepirò la parte in più che mi spetterebbe, perché è stato stabilito un tetto rispetto all’ultimo trattamento ricevuto», dice. Sono le due facce della riforma, che farà risparmiare alla Camera 40 milioni annui.
A quattro mesi dal suo varo ora i 2600 ex parlamentari sanno quali saranno i tagli: per conoscerli bisogna accedere a una piattaforma online riservata. Circa la metà di loro ha impugnato la delibera. Nei panni di Ursula Soergel ce ne sono tanti, vedove di politici che furono in Parlamento a cavallo tra gli anni Sessanta e Settanta, o parlamentari per un solo mandato che, ormai vecchi e senza altre possibilità di reddito, si ritrovano con un dimezzamento dell’assegno.
Nella situazione di Falomi figurano invece altri ex di lungo corso, alcuni noti come Gianfranco Fini, eletti nella Seconda Repubblica per quattro o cinque legislature di fila, e che godono di vitalizi in proporzione al versato. Per loro la riforma è indolore, per “i vecchi” è una stangata. Carlo Brambilla e Ursula Soergel stanno insieme da quarant’anni, ma non si sono mai sposati. «Adesso si fa complicata. Anche andare in una Rsa costerebbe duemila euro. Quel che era un diritto è diventato un privilegio, e all’improvviso te lo tolgono. Io conosco tipografi che sono andati in pensione a 48 anni, cosa facciamo, togliamo l’assegno anche a loro?
Il punto è che i diritti acquisiti non si dovrebbero toccare», dice Brambilla. Il loro ricorso, presentato dall’avvocato Felice Besostri, sarà esaminato l’11 dicembre davanti al consiglio di giurisdizione di Montecitorio, composto da tre deputati: Alberto Losacco (Pd), Silvia Covolo (Lega) e Stefania Ascari (M5S). Nelle ultime settimane il collegio ha già iniziato ad esaminare le richieste di sospensiva in via cautelare: chiedono che l’efficacia della riforma venga sospesa. Besostri ha firmato 60 impugnazioni, l’avvocato Maurizio Paniz seicento. Il primo atto di una causa che rischia di durare mesi e che approderà in Cassazione, per l’ultima parola, quando gli effetti saranno ormai dispiegati.