E’ un pezzo della nostra storia contemporanea che non interessa ai nostri storici paludati, e quindi mi ci provo da dilettante.

Ricordate quando il governo Prodi doveva a ogni costo ridurre il debito pubblico perchè così ordinavano FMI e UE, e quindi si è fatto di tutto , svendendo i gioielli di famiglia? Poi è arrivato Berlusconi che toglieva imposte e faceva regali a tutti, ma FMI e UE non protestavano, e alla fine il debito era più alto di prima. Chi pensa di essere stato preso per il didietro ha ragione, ma non è politicamente corretto ammetterlo.

Tra i gioielli da vendere c’era una delle più estese reti autostradali d’Europa, in ottime condizioni ma con basso valore di mercato perché l’adeguamento delle tariffe all’inflazione richiedeva tempi biblici da parte di una burocrazia avida di mance, e ancora peggio era ottenere il rinnovo delle concessioni alla scadenza: da parte dello stato a aziende statali, quindi mance poco o niente, e i politici non volevano aumentare i canoni. In sostanza, nessuno si sentiva di avanzare delle offerte, perchè la situazione era troppo incerta e arbitraria. Ci provarono i fratelli Benetton, offrendo 500 miliardi di lire dell’epoca, a patto che lo stato ancorasse le tariffe all’inflazione e rinnovasse le concessioni scadute e in scadenza. A queste condizioni anche altri, italiani e stranieri, avrebbero avanzato delle offerte, ma il governo decise che era troppo urgente dimostrare che si stava vendendo qualcosa, e chiuse l’asta sulla sola offerta dei Benetton.

I quali si fecero prestare i 500 miliardi dalle banche, misero il tutto in borsa e nel giro di un anno restituirono i 500 miliardi alle banche vendendo la sola catena degli autogrill, che faceva parte del pacco dono.
Della vicenda si occupò un governo Prodi, persona al di sopra di ogni sospetto, ma con un braccio destro, tale Ponzellini, che invece era al di sotto, come si vide più tardi. La firma però la mise il governo D’Alema.

I Benetton divennero ricchissimi collocando parte del bottino in borsa, si comprarono intere province dell’Argentina, e provarono a ripetere il colpo in Spagna, anch’essa sotto stress da riduzione del debito. Lì però i governi governavano e i fratelli furono informati che se mettevano il naso in Spagna, si sarebbe occupato di loro il giudice Garzon, uno al cui confronto Di Pietro era un ragazzo dell’oratorio. La nostra libera stampa di tutti i colori ignorò la vicenda.

Ma non basta: come sanno anche gli studenti di ragioneria, le tariffe di una pubblica concessione sono costituite da due parti, una per coprire le spese di esercizio e manutenzione, un’altra più importante per consentire al concessionario, nell’arco della durata della concessione, di ammortizzare con generosi interessi l’investimento iniziale. Così succede in tutto il mondo che alla fine della concessione le autostrade diventano gratuite o quasi, e vengono gestite direttamente dallo stato. Ma in Italia no: alla fine della concessione, la tariffa viene confermata in toto, perchè ci sono sempre dei lavori da fare, aggiungere una corsia, fare una circonvallazione o una bretella: il tutto, naturalmente a spese del concessionario, che chiede il rinnovo con le stesse tariffe complete, con nessuno che controlla i costi effettivi dei nuovi lavori, perchè il concessionario usa le sue imprese e estrae il materiale dalle sue cave: quando si arriva a questo punto della spiegazione, in tutte le università del mondo esplodono irrefrenabili risate…

Adesso si scopre che per guadagnare di più si ricorre al sistema sperimentato all’Aquila, di mettere la sabbia del mare nel cemento armato, che così assume la consistenza e la durata di una torta alla panna. Ma ovviamente tutta la catena burocratica di controllo non controlla niente, se non i regali di Natale, e il sistema politico è pregato di indicare suoi amici nei ben retribuiti consigli d’amministrazione delle cento autostrade d’Italia, dove ci sono sempre lavori, bretelle ecc. da fare, nastri da tagliare e tariffe da confermare in toto, per cui gli spedizionieri cercano di evitare i porti italiani per via delle autostrade più care del mondo.

In questi giorni al Lingotto si sta facendo il festival della retorica che meglio del PD non c’è nessuno. A me non era piaciuto il Lingotto 1, che celebrò il complesso di inferiorità degli ulivisti nei confronti del capitalismo italiano, in gran parte costituito da immobiliaristi straccioni e profittatori: e così alcuni rampolli furono cooptati a rappresentare il PD in parlamento e nelle residue aziende dello Stato. Ho idea che il Lingotto 2 possa essere anche peggio! Mi limito a ricordare che il comportamento del PD prima, durante e dopo il referendum sull’acqua ha fornito militanti e quadri a profusione al movimento 5 stelle. E temo che il futuro comportamento sulla vicenda delle autostrade, su cui si prepara-orrore!-un altro referendum, completerà l’opera dando ai 5 stelle la maggioranza assoluta, e distruggendo l’Europa.
Claudio Bellavita

Prima o poi i nodi vengono al pettine. Dopo la guerra si inventarono imposte straordinarie sui profitti di guerra. Penso che sia il caso di promuovere qualcosa di analogo sui extraprofitti da privatizzazioni. Non ci si può approfittare dello stato di bisogno della controparte. Basterebbe aumentare i tempi per far valere le ragioni di annullamento di contratti e concessioni e consentire in materia class action, ovvero trovare nelle urne nuove maggioranze che facciano pagare la crisi a chi ne ha tratto profitto. Ma è molto più facile fare demagogia sui costi delle istituzioni rappresentative e per rafforzare gli esecutivi. Il tentativo per una serie di fortunate coincidenze è stato sconfitto il 4 dicembre e la Corte Costituzionale su iniziativa di un centinaio di avvocati ha spazzato lo strumento elettorale funzionale a stabilizzare i governi affinché per cinque anni possano derubare indisturbati gli italiani e in particolare i risparmiatori con i salvataggi dei banchieri e ciò malgrado un preciso articolo della Costituzione: Articolo 47

La Repubblica incoraggia e tutela il risparmio in tutte le sue forme; disciplina, coordina e controlla l’esercizio del credito. Favorisce l’accesso del risparmio popolare alla proprietà dell’abitazione, alla proprietà diretta coltivatrice e al diretto e indiretto investimento azionario nei grandi complessi produttivi del Paese.

PRIMA DI CAMBIARLA CERCHIAMO DI ATTUARLA LA NOSTRA COSTITUZIONE CHE NON E’ LA PIÙ’ BELLA DEL MONDO MA E’ LA NOSTRA: UNICA AL MONDO IN CUI LA SOVRANITÀ’ APPARTIENE AL POPOLO E NON SEMPLICEMENTE PROMANA O DERIVA DAL POPOLO.

Felice C. Besostri