«Ringrazio il Presidente della Commissione, che mi dato questa opportunità,  e il Gruppo di SEL, che mi ha indicato. Spero ardentemente che attraverso queste audizioni la Commissione Affari Costituzionali e l’aula siano in grado di licenziare un testo di legge elettorale, che non costringa i cittadini elettori ad impugnarlo per contrasto con la Costituzione, che affida la sovranità al popolo (art. 1 Cost.) con l’unico limite del rispetto della Costituzione: in una democrazia parlamentare rappresentativa la partecipazione alle elezioni è la massima espressione della volontà popolare. E’ nell’interesse di tutti evitare il ripetersi di un’Odissea giudiziaria, che in alcuni momenti è stata un vero e proprio Calvario, come quella che ha condotto la Corte Costituzionale ad annullare in parte qua disposizioni significative  dei TT.UU. per l’elezione della Camera dei Deputati e del Senato della Repubblica introdotte con la legge n. 270 del 2005. Da avvocato e ricorrente ho discusso il 21 marzo  2013 il ricorso in Cassazione, nell’ambito del quale è stata emessa l’Ordinanza n. 12060 depositata il 17 maggio dello scorso anno, che ha dato avvio al giudizio di costituzionalità. Insieme con gli avvocati Aldo Bozzi e Claudio Tani ho illustrato le ragioni di incostituzionalità nella seduta del 3 dicembre 2013 davanti alla Corte Costituzionale: avrei avuto piacere di conoscere o di potere leggere con calma e attenzione, prima di questa audizione, le motivazioni di una sentenza, che a parte noi e il prof. Augusto Cerri, ha sorpreso tanti illustri costituzionalisti di diversa formazione e orientamento.
 Nei corso delle audizioni ritengo, o per lo meno io mi atterrò a questa linea, che i costituzionalisti e i politologi non debbano illustrare i meriti del loro sistema elettorale preferito. Per me non ha alcun senso, perché secondo l’insegnamento del mio indimenticato e indimenticabile Maestro, il prof. Paolo Biscaretti di Ruffìa non sono le norme giuridiche in astratto e definire il funzionamento delle istituzioni e delle leggi elettorali,  ma il loro concreto esercizio da parte dei soggetti politici,  sia che si tratti dei partititi politici ex art. 49 Cost o delle formazioni sociali menzionate dall’art. 2 Cost., ovvero dei singoli cittadini nell’esercizio del loro diritto di voto( art.48 Cost.) e di candidatura(art. 51 Cost.).
Un sistema elettorale che funziona benissimo in un determinato Paese con una determinata cultura politica, può essere disastroso  se importato in un altro contesto: un esempio per tutti la forma di governo presidenziale degli Stati Uniti imitata in molti paesi latino americani. Per avere la sicurezza che un sistema istituzionale o elettorale straniero funzioni da noi bisognerebbe contestualmente importare i soggetti politici e gli elettori di quel paese o per lo meno la loro mentalità: cosa assolutamente impossibile. Lo stesso succede per i trapianti di organi: è più importante accertare l’esistenza di eventuali reazioni di rigetto, che l’assoluta idoneità dell’organo da trapiantare. Un sistema elettorale maggioritario a collegi uninominali senza ballottaggio funziona in un sistema bipartitico, in assenza di partiti a forte impianto regionale: non è un caso che in Gran Bretagna ci sia un governo di coalizione, il successo dello SNP, il partito nazionalista scozzese, ha privato il Labour Party di una delle sue roccaforti. Un sistema elettorale maggioritario con collegi uninominali e ballottaggio eventuale produce chiari maggioranze, se le triangolari sono un’eccezione, come nelle elezioni del 2012 dell’Assemblea Nazionale francese, qundo sono state appena 46 su 577 collegi , quindi poco meno dell’8%. In base alle elezioni italiane del 2013 le triangolare potrebbero essere la regola e in alcune province pedemontane dell’Italia Settentrionale non si possono escludere competizioni quadrangolari. In un tale contesto è da escludere che alla sera dello scrutinio si possa sapere chi governerà il Paese( una pretesa che non garantiscono né i sistemi elettorali fortemente maggioritari come il britannico o le forme di governo presidenziali o semi-presidenziali), ma nemmeno chi abbia vinto le elezioni.
La mia opinione è, piuttosto, che da queste audizioni debbano essere evidenziati quali siano i requisiti minimi di costituzionalità di una legge elettorale e quali sono gli istituti necessari, quali che siano i sistemi elettorali prescelti. La discrezionalità del legislatore, il cui unico limite e la Costituzione e non, come hanno scritto improvvisati costituzionalisti la prassi, che avrebbe escluso dal controllo di costituzionalità proprio le leggi elettorali , deve essere rispettata.
Il più grande politologo di tutti i tempi, anche se misconosciuto sotto questo aspetto, è Monsieur de la Palisse, che avrebbe affermato, se mai si fosse occupato della questione: "Chi non è candidato, non può essere eletto quale che sia il sistema elettorale!". Finora si è prestata troppo poca attenzione sulle operazioni elettorali preparatorie, ma ci si è concentrati sulla traduzioni di voti in seggi. Ma le operazioni elettorali preparatorie, la prima delle quali è la procedura di scelta dei candidati, sono altrettanto importanti. Se non si dà attuazione all’art. 49 della Costituzione con una legge sui partiti politici, qualunque scelta verrà fatta, sarà una scelta di poca trasparenza e di concentrazione del potere di scelta nelle mani di una ristretta oligarchia. Tale concentrazione ha raggiunto il suo vertice con le liste bloccate in circoscrizioni molto estese, coincidenti  di norma con la Regione, sempre nel Senato, e alla Camera con eccezione di quattro regioni con 2 circoscrizioni (Piemonte, Veneto, Lazio, Campania e Sicilia) ed una sola con 3, la mia Lombardia. Nella mia Regione le liste bloccate dei Senatori comprendevano 49 candidati e nella circoscrizioni Lombardia  1 e 2, una quarantina per ciascuna. In tale contesto non è nemmeno garantita la conoscibilità dei candidati e quindi il rispetto di un voto personale, oltre che libero per gli elettori e il rispetto dell’art. 51 Cost. per i candidati, specialmente se donne, in assenza di una previsione di alternanza obbligatoria di genere. I fautori delle liste bloccate, perché ostili al voto di preferenza individuale, sperano che le obiezioni della Corte Costituzionale possano cadere a fronte di liste bloccate “corte” e citano gli esempi di Spagna e Germania. Sono convinto che liste bloccate corte superino il problema della conoscenza dei candidati, ma non quello della loro scelta, come presuppone una lettura dell’art. 48 Cost., secondo la giurisprudenza della Bundesverfassungsgericht tedesca dell’espressione “voto diretto” dell’art. 33 della GG, la loro Carta costituzionale . Sulla lunghezza della “lista corta” non si pronuncerà la Corte Costituzionale, per quanto mi riguarda mi limito a notare che ha annullato in generale la previsione di liste bloccate comprese, quindi, delle Regioni con il numero minimo di sette previsto dall’art. 57, c. 3 Cost., Il Molise con due e la Val d’Aosta con uno non fanno testo. Un problema di coerenza del legislatore si pone con la riesumazione delle Province, come circoscrizione elettorale, se si vuol importare, sia pure con modifiche, il modello spagnolo senza dover ricorrere a contorsioni proprie di un torero nelle figure più complicate, dove la muleta è rappresentata dall’abolizione/accorpamento delle Province.
In presenza di una legge di attuazione dell’art. 49 Cost. la lunghezza della “lista bloccata corta” perde, a mio avviso di importanza. Per essere più netti: l’attuazione di una legge sui partiti politici è un presupposto per ogni riforma elettorale. Dove ci sono leggi sui partiti politici la scelta è pubblica e trasparente e viene compiuta con largo anticipo rispetto alla data di svolgimento delle elezioni e dell’inizio della stessa campagna elettorale. si consente così sia un controllo dell’opinione pubblica sulle candidature, che il tempo per proporre impugnazioni davanti a un giudice e da ultimo ad un candidato non noto al grande pubblico e con limitate risorse di farsi conoscere, un effetto non secondario di estensione dell’uguaglianza dei cittadini alle cariche elettive. Da noi le liste si completano all’ultimo momento o addirittura (ultime regionali del Lazio) vengono cambiate nel tragitto dalla sede di partito all’ufficio elettorale. Se si fanno delle primarie devono essere regolate per legge e cioè con una platea di elettori predefinita e con una regolamentazione dei costi e dei mezzi di propaganda: è contraddittorio che ci si opponga al voto di preferenza per le possibili distorsioni e si lascino le cosiddette primarie in una zona d’ombra. Teoricamente, e non solo nelle elezioni politiche nazionali, le spese dei candidati hanno un tetto di spesa, del tutte assenti nelle primarie fai da te.  Queste nostre primarie non rispettano i canoni di quei Paesi, come gli Usa, che le primarie hanno inventato.
Altra questione importante è il riequilibrio di genere ai sensi dell’art. 51 della Costituzione, notando di passaggio che per le prossime europee non abbiamo nessuna norma, nemmeno quella minima di una percentuale minima e massima sulla presenza dei due generi. Da quel ricorso, che depositerò in allegato, sono tratti i seguenti passi, per la cui redazione è stato essenziale l’apporto di due colleghe avvocati, Anna Falcone e Francesca la Forgia, che ringrazio:
La giurisprudenza amministrativa ha già evidenziato in molte pronunce che la “previsione costituzionale di cui al novellato art. 51, comma 1 Cost.” ha “valenza precettiva (e quindi sia di immediata applicabilità) e non meramente programmatica” (cfr. TAR Puglia – Bari – 18.12.2012 n. 2200; TAR Puglia, Lecce, Sez. I, 24 febbraio 2010, n. 622; TAR Campania, Napoli, Sez. I, 7 giugno 2010, n. 12668; TAR Sicilia, Palermo, Sez. I, 15 dicembre 2010, n. 14310; TAR Campania, Napoli, Sez. I, 10 marzo 2011, n. 1427; TAR Sardegna, Cagliari, Sez. II, 2 agosto 2011, n. 864; TAR Calabria, Reggio Calabria, 26 ottobre 2011, n. 750; TAR Puglia, Bari, Sez. I, 11 gennaio 2012, n. 79; TAR Puglia, Bari, Sez. I, 17 gennaio 2012, n. 191). Fra queste menzioniamo: “attesa la trasversalità del principio, ciascun soggetto che compone la Repubblica, dovrà darvi attuazione in considerazione degli strumenti normativi di cui dispone ed entro i limiti di competenza per materia ad esso riconosciuti.” (TAR Campania, Napoli, Sez. I, 7 giugno 2010 n. 12668).
In dispregio della vincolatività del principio in oggetto, si riscontra nella disciplina elettorale europea in Italia, l’assenza di ogni meccanismo permanente di riequilibrio di genere, sia per quanto riguarda la composizione delle liste che nell’espressione delle preferenze.
Quanto al primo profilo, La legge n. 90/2004 aveva previsto all’art. 3 (Pari opportunità) una misura di riequilibrio di genere fra le candidature avente, però, carattere provvisorio. Si legge al 1°comma: “Nell’insieme delle liste circoscrizionali aventi un medesimo contrassegno, nelle prime due elezioni dei membri del Parlamento europeo spettanti all’Italia, successive alla data di entrata in vigore della presente legge, nessuno dei due sessi può essere rappresentato in misura superiore ai due terzi dei candidati; ai fini del computo sono escluse le candidature plurime; in caso di quoziente frazionario si procede all’arrotondamento all’unità prossima”. La vincolatività temporale della norma (prime due elezioni dei membri del Parlamento europeo successive alla sua entrata in vigore) è, ad oggi, esaurita, pertanto alcuna misura vincolante garantirà, per le prossime elezioni l’equilibrata formazione delle liste. Perdurando, e gravemente, la discriminazione fra i generi nell’accesso alle cariche elettive pubbliche e lo squilibrio di rappresentanza fra uomini e donne eletti nelle istituzioni pubbliche, nazionali ed europee, non può prescindersi dalla previsione di una misura di garanzia che attui il principio di cui all’art. 51 Cost. (così come modificato dalla L. Cost. n. 1/2003) – principio costituzionale specificamente vincolante e a carattere permanente – che assicuri parità di accesso fra i generi anche alle candidature per il Parlamento europeo. La conferma, anche nella Carta dei Diritti fondamentali dell’Unione europea (art. 23), di un principio di parità tra uomini e donne che “deve essere assicurata in tutti i campi” anche tramite mantenimento o l’adozione “di misure che prevedano vantaggi specifici a favore del sesso sottorappresentato”, rafforza la legittimità anche di azioni positive a sostegno del riequilibrio di genere, almeno fino all’effettiva eliminazione delle condizioni discriminanti e di squilibrio.
La lacuna normativa in materia, circa l’attuazione concreta di un principio centrale e di tale portata, costituisce un ulteriore motivo di illegittimità costituzionale della normativa interna per l’elezione del Parlamento europeo.
Quanto al secondo profilo, il Giudice delle Leggi, con sentenza n. 4/2010, ha già affrontato il problema della legittimità della “preferenza di genere” e lo ha risolto positivamente, a proposito della legge elettorale campana, Legge n. 4/2009, dichiarando la summenzionate disposizioni, “in quanto volte a ottenere un riequilibrio della rappresentanza politica dei due sessi all’interno del Consiglio regionale, in linea con l’art. 51, primo comma, Cost., nel testo novellato dalla legge costituzionale 30 maggio 2003, n. 1 (Modifica dell’articolo 51 della Costituzione), e con l’art. 117, 7° comma, Cost., nel testo modificato dalla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 (Modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione)”.
A giudizio della Corte la “nuova regola elettorale”, non attribuendo ad alcuna candidatura maggiori opportunità di successo rispetto ad altre, “ma solo una eguaglianza di opportunità particolarmente rafforzata da una norma che promuove il riequilibrio di genere nella rappresentanza consiliare”, si pone in sintonia con i princìpi dell’ordinamento “complessivamente ispirato al principio fondamentale dell’effettiva parità tra i due sessi nella rappresentanza politica, nazionale e regionale, nello spirito dell’art. 3, secondo comma, Cost., che impone alla Repubblica la rimozione di tutti gli ostacoli che di fatto impediscono una piena partecipazione di tutti i cittadini all’organizzazione politica del Paese”. Né “la condizione di genere cui l’elettore viene assoggettato, nell’ipotesi che decida di avvalersi della facoltà di esprimere una seconda preferenza” – sempre a giudizio della Corte – potrebbe essere considerata lesiva della libertà di voto, tutelata dall’art. 48 Cost., trattandosi di “una misura promozionale, ma non coattiva”. “Si tratta di una facoltà aggiuntiva, che allarga lo spettro delle possibili scelte elettorali – limitato ad una preferenza in quasi tutte le leggi elettorali regionali – “e quindi tutt’al più idonea ad ampliare la sfera della libertà individuale, ad arricchire il contenuto del diritto politico per eccellenza.
La c.d. “doppia preferenza di genere”, invero, è stata anche adottata anche dalla legge n. 215/2012 per le elezioni comunali e provinciali. La stessa legge prevede un rapporto fra i sessi di un terzo due terzi nella composizione delle liste”. Quale che sia il sistema elettorale scelto il nodo dell’art. 51 va risolto. In caso di liste bloccate, “corte o lunghe” che siano non vedo altra soluzione che l’alternanza obbligatoria di genere, nel caso di liste con voto di preferenza la doppia preferenza. L’aspetto più problematico è nel caso di collegio uninominale, perché il binomio di genere obbligatorio ne altera la natura( da uninominale e binominale) e, in caso di vincolatività di coppia, con l’elezione di due candidati per collegio si altererebbe l’uguaglianza di voto accentuando il carattere maggioritario. Si ricorda, infine la pessima esperienza dei collegi binominali del Senato Cileno nel caso che l’accoppiata uomo-donna della stessa lista non sia vincolante.
Altro punto fondamentale, quale che sia il sistema elettorale prescelto, sono gli istituti dei ricorsi amministrativi e delle impugnazioni giurisdizionali. L’attuale sistema dei ricorsi alle Commissioni o Uffici elettorali va riformato.  Seguendo le indicazioni della Commissione di Venezia occorre  introdurre un controllo giurisdizionale in ultima istanza  sulla stessa proclamazione degli eletti alla Camera dei Deputati e al Senato del Repubblica, se resta, come auspico, un organo rappresentativo elettivo. In ogni caso ci deve essere un controllo giurisdizionale sulle operazioni elettorali preparatorie, in particolare sull’ammissibilità delle liste e dei candidati. Deve cessare lo scandalo che sulle operazioni elettorali preparatorie la competenza sia delle Giunte delle Elezioni dopo lo svolgimento delle stesse: i commissari delle Giunte delle Elezioni sono in evidente conflitto di interesse, come è stato rese evidente nelle loro decisioni sui ricorsi del signor Franco Ragusa, relativi alla legge elettorale vigente prima della decisione della Consulta. Non si tratta di inventare nulla, ma di dare attuazione direttamente alla norma di delegazione contenuta nell’art. 44 comma 2 lettera d della legge 69/2009, con cui si è riformato il processo amministrativo, sottoponendo al controllo giurisdizionale del Tar Lazio le operazioni elettorali preparatorie di Camera e Senato., come previsto nel testo licenziato dal Consiglio di Stato, ma non recepito, in violazione dell’art. 76 Cost., nel decreto legislativo2 luglio 2010 n. 104 di approvazione del codice del processo amministrativo.
Infine a conclusione di questa audizione chiedo che ci sia una particolare attenzione alle implicazioni di trasposizioni di leggi elettorali come quella per i Sindaci o i Presidenti di Regione, nelle quali il premio di maggioranza e attribuito alla liste coalizzate in relazione ai voti del candidato al vertice del potere esecutivo: si potrebbe configurare una violazione dei principio del voto diretto in caso di voto disgiunto e in ogni caso del principio della divisione dei poteri. Non bisogna dimenticare la dichiarazione dei diritti dell’uomo e del Cittadino del 1793 che all’articolo 16 statuisce che “Ogni società in cui la garanzia dei diritti non è assicurata, né la separazione dei poteri determinata, non ha costituzione.”. Sull’entità della soglia minima in voti o seggi per attribuire un premio alla maggioranza relativa, per trasformarla in più che assoluta, non mi pronuncio, ma spero che oltre che una soglia minima, se ne fissi una massima e che la minima sia in misura consistente superiore al 25% della legge  18 novembre 1923 m. 2444.
Richiamo l’attenzione della Commissione sul fatto che , mentre è incerta la data delle prossime elezioni legislative, è sicuro che il 25 maggio si voti per il rinnovo del parlamento europeo e la legge elettorale vigente del 1979 e modificata presenta profili problematici di costituzionalità e di conformità alla normativa UE, oltre che per i motivi sopra evidenziato sula parità di genere, perché non tiene conto dell’entrata in vigore del Trattato di Lisbona e della Carta dei Diritti Fondamentali della UE il 1 dicembre 2009 e della legge n. 482/1999 sulle minoranze linguistiche storiche, cui sono particolarmente affezionato per esserne stato il relatore in occasione delle sua definitiva approvazione nel Senato della Repubblica.  Altri motivi si possono rilevare dal testo allegato del ricorso.
Ringrazio ancora una volta per l’attenzione che mi avete dedicato

 

Senato della Repubblica-Servizio Studi, Dossier n.52, settembre 2013

Purtroppo confortati da una giurisprudenza ordinaria e amministrativa di abnorme estensione della portata dell’autodichia ex art. 66 Cost, che dovrebbe essere modificata alla luce della sentenza della Corte Costituzionale e si spera dalle norme sui ricorsi ed impugnazioni della futura legge elettorale.

La Corte Costituzionale Federale (BverG) ha una giurisprudenza molto più ricca della nostra in quanto è giudice d’appello delle decisioni del Bundestag in materia di convalida dei suoi membri.

Giunta delle Elezioni Camera, resoconto del 17/6/2009; Giunta delle Elezioni Senato, resoconto n.44 del 3/11/2009