«Né il PD né la sinistra, dai socialisti ai comunisti, passando da verdi
e vendoliani, sono credibili agli occhi dei loro potenziali, molto potenziali,
elettori. In questa situazione di attesa, che gli elettori siano finalmente
illuminati, si dovrebbe avere meno presupponenza e maggiore umiltà, perché il
percorso di costruire una sinistra con respiro europeo sarà lungo, difficile,
contraddittorio e senza garanzie di successo. C’è, pertanto da rimanere
quantomeno perplessi quando il compagno D’Alema appena eletto alla
presidenza della FEPS ha dichiarato che “bisogna andare oltre la
socialdemocrazia”

L’Italia rappresenta il ventre molle della sinistra in Europa, né la situazione migliora
di molto comprendendo i consensi del PD, che ufficialmente è un partito di centrosinistra.
La sinistra, in tutte le sue varianti da quelle riformiste a quelle antagoniste è
fuori dal Parlamento italiano e da quello europeo. Nelle stesse assemblee regionali è
presente a macchia di leopardo e nelle regioni più ricche ha una presenza di testimonianza: senza listini del presidente e liste bloccate la presenza sarebbe ancora
più ridotta. Se Sparta piange, Atene non ride: il PD in 2 anni ha perso quasi 5 milioni di elettori senza guadagnarne dal centro destra, che pure ha perso voti in assoluto. In conclusione il PD non si espande, come maggior partito di opposizione, grazie ai delusi dal governo e la sinistra non beneficia dei voti persi dal PD. Un vantaggio
marginale è tratto da liste di protesta del tipo “grillini”, ma è soprattutto l’astensione che guadagna, inesorabilmente elezione dopo elezione, frazioni crescenti dell’elettorato.La spiegazione è facile, anche se potrebbe essere ingiusta, né il PD né la sinistra, dai socialisti ai comunisti, passando da verdi e vendoliani, sono credibili agli occhi dei loro potenziali, molto potenziali, elettori. Sono degli incompresi, malgrado gli sforzi per mostrarsi innovativi: nel giro di 3 anni Costituente Socialista, Sinistra Arcobaleno, Sinistra e Libertà, Federazione della Sinistra, Sinistra Ecologia Libertà e soprattutto l’invenzione di portata mondiale, la seconda dopo l’Ulivo, il Partito Democratico. In questa situazione di attesa, che gli elettori siano finalmente illuminati, si dovrebbe avere meno presupponenza e maggiore umiltà, perché il percorso di costruire una sinistra con respiro europeo sarà lungo, difficile, contraddittorio e senza garanzie di successo. C’è, pertanto da rimanere quantomeno perplessi ( l’età media dei militanti di sinistra non consente loro, parafrasando Claire Bretécher, di essere totalmente indignati per più di un minuto) quando il compagno D’Alema appena eletto alla presidenza della FEPS ha dichiarato che bisogna andare oltre la socialdemocrazia. La motivazione è che i partiti socialdemocratici si erano convertiti alle suggestioni del mercato e all’ideologia del capitalismo nell’epoca della sua espansione planetaria: in altre parole avevano abbandonato la socialdemocrazia per la Third Way giddens-blariana e il Neue Mitte di Schröder. Guarda caso! si erano fatti affascinare dagli stessi modelli che avevano affascinato parte dei DS, la maggioranza, la stessa che si è sciolta nel PD. Dunque si dovrebbe semmai tornare alle origini delle socialdemocrazie e non andare” oltre”, verso dove?.
Privatizzazioni e liberalizzazioni, facendo finta che fossero la stessa cosa sono stati una bandiera della XIII legislatura: basta citarne una per tutte, quella della Telecom,
che doveva creare una nuova classe capitalista. Il 1999 è stato l’apice di quella stagione: una tranquilla Unione Europea a 15, con 12 primi ministri socialdemocratici
e Prodi, un’egemonia conquistata democraticamente il libere elezioni. Peccato che non si sia tradotta in una Nuova Idea d’Europa, più politica e più sociale, cioè più
vicina alla gente, quella che nei referendum vota no alla Costituzione europea e non va a votare per il Parlamento Europeo. Non hanno fatto nulla di diverso di quello che hanno fatto tutti i governi, mettere l’interesse nazionale al primo posto, prima di quello dell’Europa e della maggioranza dei suoi abitanti: non è una contraddizione, le
scelte governative dipendono sempre più da gruppi di pressione e di interessi organizzati, lobbies, cricche e furbetti del quartierino, capitani coraggiosi, che dalla
necessità di soddisfare le aspettative di ampi strati della popolazione, che i mezzi di informazione di massa raramente pongono in primo piano.Nelle critiche alla socialdemocrazia, che in Italia hanno sempre avuto successo in epoche diverse, si fa confusione tra critiche alle politiche concrete dei partiti socialdemocratici al potere con l’ideologia socialista democratica: le politiche possono essere radicalmente rovesciate senza bisogno di mettere in discussione i fondamenti del socialismo democratico, anzi nella SPD e nel PSE la critica alla deriva liberista avviene all’insegna del ritorno ai fondamentali della socialdemocrazia:piena e buona occupazione, cioè centralità del lavoro. I rapporti tra partito socialdemocratico e sindacato sono sempre stati stretti, senza peraltro una chiara preminenza del partito a differenza del modello comunista, anzi con il problema opposto di una tutela sindacale sul partito, fortissima nel Labour Party fino alla riforma del 1993. Rimproverare alla socialdemocrazia lo statalismo, facendo un unico calderone con lo statalismo burocratico del comunismo sovietico, costituisce un segno in più dell’ignoranza delle differenti tradizioni socialdemocratiche, da quella belga a quella austriaca per esempio di associazionismo di base, ed il ogni caso equiparare uno Stato
democratico ad uno burocratico-autoritario non consente di cogliere la loro radicale ontrapposizione. La divisione tra socialismo democratico e comunismo nel XX° secolo si è fondata essenzialmente sulle opposte concezioni per la conquista e la gestione del potere. Più che l’idolatria dello Stato ha nuociuto alla socialdemocrazia
la visione nazionale in un’epoca il cui il peso dello Stato è diminuito, poiché materialmente non in grado di affrontare e risolvere i problemi, vere e proprie sfide,
posti dalla globalizzazione e dalla finanziarizzazione dell’economia. Contrapporre Stato e Mercato nel pensiero socialista democratico è un non senso, poiché è chiaro il rifiuto di un modello economico basato sulla collettivizzazione dei principali mezzi di produzione e sulla pianificazione centralizzata e autoritaria. Centrale è, invece la questione di quale Stato e di quale Mercato: uno Stato burocratico, clientelare e corrotto è altrettanto nefasto di un mercato totalmente sregolato e/o dominato da oligopoli. Stato e mercato sono istituzioni, che non sono in quanto tali ontologicamente contrapposte, semmai al centro va posta la questione
Pubblico- Privato e la dimensione pubblica si può coniugare in una pluralità di modi, non necessariamente come statalismo. Cooperative, imprese no-profit, società di
mutuo soccorso, in senso generale il cosiddetto Terzo Settore. Imprese pubbliche o società di capitali controllate da enti pubblici sono altre forme, di cui discutere in
concreto e non in astratto: imprese pubbliche che servono al sottogoverno ed al finanziamento diretto o indiretto della politica non sono la stessa cosa di imprese
pubbliche orientate a soddisfare interessi generali e/o quelli degli utenti di un servizio pubblico..L’articolo 41 della nostra Costituzione è una buona base dalla quale partire per delineare nelle situazione concrete i rapporti tra attività economica privata e libera e i fini sociali. I discorsi sull’andare “oltre” sono astratti ed ideologici se non si precisa non solo i quale direzione e con quali mezzi. Storicamente la sinistra è stata costituita da diversi filoni, spesso in contrapposizione tra loro, quella tra comunisti da un lato e socialisti o anarchici dall’altro anche violenta. Ora si tratta di trovare un loro superamento come sintesi armonica, più che come egemonia di una componente sulle altre. La nuova sinistra, come predica Edgar Morin deve essere socialista, comunista, libertaria e ambientalista. Se la contrapposizione principale nella sinistra del XX° secolo si è conclusa con la sconfitta del comunismo di tipo sovietico, il socialismo democratico non ha vinto, anzi ha conosciuto sconfitte elettorali, malgrado le quali resta comunque la principale , e in alcuni paesi l’unica, forza di progresso.
Pensare che per rinnovarsi debba ispirarsi al PD italiano o a quello giapponese o al programma di Obama, come già a suo tempo avrebbe dovuto ispirarsi all’Ulivo e a
Clinton, è ridicolo. Pare il frutto di una mentalità ben espressa dal provocatorio Monumento alla Vittoria di Bolzano con le colonne in forma di fasci littori e la scritta
in latino che recita “da questi confini civilizzammo le genti”. Per più volte i filoni di provenienza PCI con l’ ideologia dell’oltrismo hanno perso l’occasione di ricongiungersi, anche in modo fortemente critico, con il socialismo democratico europeo dalla fondazione del PDS con Occhetto, alla formazione dei DS con D’Alema e Veltroni, con la stessa scissione di Sinistra Democratica per il Socialismo Europeo. L’oltrismo è una specie di ancoraggio psicologico per evitare la deriva: Noi abbiamo perso, ma loro i socialdemocratici non hanno vinto! Piuttosto che socialisti democratici è meglio passare al liberismo, direttamente senza una pausa
socialdemocratica. Una battuta a mo’ di epitaffio: l’oltrismo come malattia senile del comunismo.

Felice Besostri è portavoce del Gruppo di Volpedo, associazione di circoli socialisti e libertari del Nord Ovest