Geografia elettorale”.
Due Comuni della Val Polcevera, provincia di Genova finiscono nella circoscrizione orientale, a 100 chilometri di distanza”
“I parlamentari spezzini eletti con i voti dei residenti genovesi”. È scritto così nel ricorso dell’avvocato Felice Besostri. Ecco il frutto bizzarro della geografia elettorale, dove due comuni del Ponente genovese si ritrovano a votare per le circoscrizioni elettorali di La Spezia (dall’altra parte della regione). Città molto amata dai pezzi grossi della politica, che così potrà avere cinque parlamentari. Alla faccia di Genova che conta sempre meno e infatti perde un eletto.
La nuova mappa era stata ridisegnata dal Governo nel 2015, ma nessuno o quasi sembrava avervi fatto troppo caso. Tranne, appunto, Besostri che sta combattendo una battaglia a suon di ricorsi contro l’Italicum: “E’ incredibile – sorride amaro l’avvocato milanese – hanno tolto delle fette dell’area metropolitana di Genova e le hanno trasferite a La Spezia. Ci sono Rapallo e Chiavari, che sono da sempre genovesi, ma almeno, verrebbe da dire, sono a Levante. Ma il caso di Campomorone e Ceranesi è grottesco”. Già, parliamo di due comuni alle spalle di Genova, nel Ponente cittadino. “Al limite – commenta Besostri – più vicine a Savona che non a La Spezia”.

Ma quale può essere la ragione di questa acrobazia geografico-elettorale? Il ricorso non ha dubbi: “Nei lavori preparatori non si è rinvenuta una giustificazione per queste assurdità, che rispondono solo alla logica di dare alla provincia di La Spezia un parlamentare in più eletto dagli spezzini, ma grazie ai residenti genovesi”.
Così, sostengono i critici, i candidati spezzini non dovrebbero più scannarsi e il capolista con il nuovo sistema elettorale non rischierebbe di lasciare a bocca asciutta gli altri pezzi grossi in lista.
Ma se a La Spezia sono tutti felici, in Val Polcevera non l’hanno presa troppo bene. I comuni di Campomorone e Ceranesi si troverebbero a votare candidati spezzini che magari nemmeno conoscono i problemi della valle. Così il Consiglio Comunale ha deliberato “di esprimere la più ferma contrarietà al previsto inserimento dei Comuni di Campomorone e Ceranesi nel collegio di Liguria – 03 (Provincia di La Spezia, collegi uninominali di Chiavari e Rapallo e Comuni di Campomorone e Ceranesi)”. Si dà anche mandato “al Sindaco e alla Giunta di portare avanti ogni utile azione per riportare i Comuni di Campomorone e Ceranesi nel loro corretto ambito politico/amministrativo ed essere quindi inseriti nel loro collegio naturale”. Una copia della deliberazione è stata inviata al presidente del Consiglio, Matteo Renzi, nonché ai presidenti delle due camere.

Finora con risultati non proprio esaltanti. Pare infatti che Campomorone e Ceranesi non siano in testa alle preoccupazioni della politica romana. Ma nemmeno Genova pare esserci, a dire la verità.
Di questi tempi conta molto più La Spezia. A cominciare dai vertici del Pd. Genova dimenticata. Quasi colonizzata. Basti pensare che alle ultime elezioni regionali il centrosinistra ha candidato Raffaella Paita, appunto spezzina. Luigi Merlo, suo marito, è pure lui originario di La Spezia, ma fino a pochi mesi fa era presidente dell’Autorità Portuale di Genova. E il centrodestra? Il governatore è Giovanni Toti che come unico legame con la regione che amministra ha le vacanze passate sotto un ombrellone al confine tra la Toscana e la provincia di La Spezia.
Così una città con centomila abitanti si trova ad avere quasi gli stessi parlamentari del capoluogo di Regione che di cittadini ne conta 600mila. “Ma in politica, evidentemente, gli elettori si pesano, non si contano”, allargano le braccia a Campomorone e Ceranesi. Divisi da una barriera invisibile dai vicini comuni di Mignanego, Sant’Olcese e Serra Riccò. Fanno parte invece della stessa città metropolitana di Genova. Se devi fare la spesa o comprare le sigarette vai nel paese accanto. Ma per le elezioni politiche rischi di essere “deportato” a cento chilometri di distanza. In Europa è caduto il muro di Berlino, in Italia ecco nascere quello di Campomorone.

Ferruccio Sansa

Il Fatto Quotidiano